Senza accordi si muore di sete
La scarsità d’acqua è conosciuta tecnicamente come “povertà idrogeologica” nelle quattordici nazioni che fanno parte della SADC (Comunità per lo Sviluppo dell’Africa Meridionale). Gli esperti ritengono che la tale penuria contribuisca al peggioramento di altre forme di povertà e possa produrre carestie e disoccupazione. Tutto dipende dalla disponibilità d’acqua per l’agricoltura, l’industria e il turismo Infatti, come spiega Simeo Matavel, un idrogeologo del Ministero mozambicano delle Risorse Naturali, niente fa arrabbiare un turista di più che trovarsi in una camera d’albergo con il rubinetto asciutto….
La mancanza di acqua potabile minaccia la crescita economica e lo sradicamento della povertà in tutta l’Africa Australe e le nazioni che condividono i fiumi maggiori cercano di adottare trattati ed accordi per evitare possibili conflitti legati al pressante aumento della richiesta di questa primaria risorsa naturale.
L’idrogeologo Samuel Kunene, collaboratore del Ministero delle Risorse Naturali dello Swaziland, afferma che la posta in gioco é lo sviluppo stesso di queste nazioni, se non addirittura il destino di milioni di vite dei loro abitanti. Nonostante la regione consumi meno del 4% delle sue risorse idriche totali rinnovabili, la richiesta di acqua potabile sta aumentando vertiginosamente a causa della crescita demografica e dello sviluppo economico. Clever Mafuta, un esperto ambientale che lavora in Zimbabwe, ritiene che nell’Africa Meridionale nel suo complesso la domanda d’acqua aumenta del 3% all’anno, una percentuale corrispondente pressappoco alla crescita della popolazione nella regione.
A suo parere, l’aumento della domanda, cui si accompagna la scarsità delle risorse idriche, ha già prodotto crescenti preoccupazioni riguardo il futuro accesso all’acqua, specialmente nel caso in cui due o più paesi condividano questa vitale risorsa. A sua volta, Elton Laisi, un idrogeologo malawiano, attribuisce la crescita del fabbisogno idrico in Africa Meridionale all’incremento demografico, all’industrializzazione e all’urbanizzazione, e spiega che alla crescita della popolazione e dell’urbanizzazione nei paesi della regione si accompagna inesorabilmente un aumento della richiesta di acqua e terra coltivabile.
Secondo Kunene, nel solo Swaziland, la mancanza di buone piogge l’anno scorso, ha ridotto le riserve idriche del 25/50%, dimostrando una precarietà ed un problema di fondo che deve servire da monito ai paesi della regione che devono affrontare il problema seriamente, se vogliono ridurre la mortalità della loro gente e migliorarne lo standard di vita. Anche l’epidemia di AIDS, che sta devastando la regione, è aggravata dall’acqua insufficiente e di cattiva qualità, infatti, i sistemi immunitari, già compromessi dal virus, sono ulteriormente indeboliti dall’assunzione di acqua contaminata che può facilmente generare infezioni opportunistiche portando a decessi prematuri. La direttrice dell’Organizzazione a Sostegno dell’AIDS dello Swaziland, Annie Dlamini, non ha dubbi, l’acqua potabile prolunga la vita ed è tanto necessaria quanto le medicine ed una dieta adeguata.
Le critiche condizioni sanitarie, le epidemie, acutizzate dalla totale mancanza d’acqua in molti villaggi e di acqua potabile in tanti altri, producono senza dubbio conseguenze economiche negative dirette, sostiene il dottor John Ndwandwe del KwaZulu–Natal, una provincia sudafricana che dipende fortemente dal turismo. Lo sradicamento della “povertà” idrogeologica è assolutamente necessario in termini di sviluppo, per il benessere di milioni di persone. Naturalmente, non è solo il turismo ad essere minacciato dalla carenza di risorse idriche sufficienti, ma lo sono anche e soprattutto l’agricoltura, i servizi sanitari e la stabilità ecologica, dal momento che la crescita della popolazione umana, quando dispone di risorse troppo limitate, avviene inesorabilmente a danno della natura, della sua fauna e della sua flora.
Quest’anno nell’area la siccità ha colpito su scala regionale, esponendo 13 milioni di persone a rischio di carestia per il fallimento dei raccolti; ciò ha fatto sì che si ponesse finalmente al primo posto delle priorità dei paesi interessati il problema del reperimento di nuove risorse idriche. Ci si sta finalmente rendendo conto che si deve rivolgere l’attenzione soprattutto alle risorse idriche sotterranee che rischiano di andare fuori controllo, dal momento che sempre più agricoltori dipendenti dall’acqua piovana che viene a mancare si mettono a scavare pozzi in quantità sempre maggiore, senza la pianificazione necessaria.
Il secolo scorso ha visto sparire, a causa dello sviluppo demografico e generale, metà delle zone umide e delle paludi di tutto il mondo. Queste zone sono quelle che, per definizione, sono temporaneamente inondate nell’arco dell’anno e la cui profondità d’acqua non supera generalmente i sei metri. In Sud Africa la perdita di queste zone paludose, dovuta alla pressione della popolazione, ha diminuito la capacità di trattenere in superficie la preziosa acqua piovana, filtrandola poi nelle falde profonde.
Mentre a livello globale il 20% della popolazione mondiale non dispone di acqua potabile, ci sono paesi dell’Africa australe in cui la situazione è di gran lunga peggiore. Attualmente il Malawi soffre di una grave carenza idrica ed entro il 2025 si dibatterà in una situazione insostenibile. Il Sud Africa, da parte sua, ammette che, nonostante importi acqua dal Lesotho, già dal 2030 non potrà far fronte alle necessità, mentre il Botswana, un paese arido che sopravvive utilizzando le acque sotterranee, sarà probabilmente costretto ad importare acqua dal 2020.
Inoltre, un rapporto sullo Stato dell’Ambiente nel Bacino dello Zambesi dell’anno scorso, prevede che lo Zimbabwe, pur disponendo attualmente di risorse idriche ragionevolmente adeguate, verrà colpito da una carenza nei prossimi venticinque anni, insieme al Mozambico e alla Tanzania. L’acqua costituisce un elemento vitale per tutta l’Africa Meridionale, semplicemente perché questa regione dipende sostanzialmente dall’agricoltura per la sopravvivenza della sua economia, ed é il settore agricolo che assorbe, da solo, l’80% delle risorse idriche disponibili. Ma, nonostante le cose stiano in questi termini, il 40/60% dell’acqua d’irrigazione viene dissipata dalle perdite delle condotte e dall’evaporazione, contribuendo alla creazione di problemi ambientali come l’esagerato aumento della salinità dei suoli e l’ostruzione di tubazioni e canali.
La crescente mancanza d’acqua limita notevolmente l’efficacia degli sforzi che i paesi della regione compiono per raggiungere la sicurezza alimentare e ridurre la povertà; secondo un recente documento dell’Unità di Coordinamento del Settore Idrico del SADC i livelli di povertà nella regione salgono continuamente, senza alcuna indicazione contraria, cioè che la condizione di povertà di tanta gente e il numero di persone colpite possa migliorare nel breve periodo. I poveri dispongono generalmente di un difficile accesso all’acqua potabile e ad una sanità di base adeguata, oltre 60 milioni di persone residenti nella regione del SADC non dispongono di acqua potabile e oltre 65 milioni di loro non godono di assistenza sanitaria di base. Per quanto riguarda la sicurezza alimentare il documento afferma che la stragrande maggioranza dei poveri dell’area SADC vive in zone rurali, dove l’insicurezza alimentare della famiglia si riflette nella insufficiente produzione di cibo e nell’aleatoria disponibilità di questo per via dell’andamento ciclico ed irregolare delle piogge.
Il documento, sostiene, inoltre, che i problemi ambientali della regione costituiscono una grave minaccia, sia per la disponibilità, che per la qualità dell’acqua potabile. Un esempio eloquente è costituito dalle fogne a cielo aperto e dagli scarichi industriali che inquinano i fiumi che passano per le città, con grave pericolo per gli abitanti innocenti che risiedono a valle delle fonti d’inquinamento. Nella maggior parte dei paesi dell’Africa Meridionale, quasi tutti gli impianti industriali scaricano direttamente nei fiumi le loro acque inquinate dai processi di produzione.
A questo proposito gli esperti ritengono che la regione non potrà mai raggiungere uno sviluppo significativo se non riesce a risolvere i gravi problemi legati alla mancanza ed all’inquinamento dell’acqua e, proprio nel tentativo di migliorarne la gestione complessiva, i paesi della regione hanno firmato nel ‘95 il Protocollo sul Sistema dei Corsi d’Acqua Condivisi. Il principale obiettivo di questo Protocollo consiste nel cercare di assicurare una condivisione e conservazione ottimale delle risorse idriche. Ancor prima di ciò, lo Swaziland, privo di sbocchi al mare, ha concluso un accordo con il suo gigantesco vicino, il Sud Africa, che circonda il paese da tre parti, per condividere la portata del poderoso fiume Komati.
L’accordo relativo al bacino del fiume Komati, firmato nel ’92, assicura che il corso d’acqua, che entra nello Swaziland dal Sud Africa a nord ovest, e, passando attraverso la regione montagnosa settentrionale, lascia il paese all’altezza del secco altopiano di nord est, venga gestito come una risorsa idrica controllata, comune ai due paesi. Lungo il corso del fiume sono state costruite cinque dighe, tre delle quali per l’irrigazione; la più recente di queste, quella situata nei pressi del Pigg’s Peak, è stata costruita con un finanziamento congiunto e per lo Swaziland ha costituito il più costoso investimento pubblico della sua storia.
Il fiume viene anche utilizzato, a valle, dal Mozambico ed il mese scorso l’Accordo del Komati è stato rivisto per includere anche la partecipazione di questo paese. L’idea di includere nell’accordo anche il Mozambico è sempre stata presente, ma anni di instabilità legati alla lunga guerra civile hanno impedito finora a questo paese di parteciparvi. In linea con il Protocollo del ‘95 è stato lanciato un anno fa un Fondo di Ricerca per l’Africa Meridionale, del valore di 1,12 milioni di dollari, e destinato a promuovere la ricerca finalizzata al miglioramento della gestione delle risorse idriche dell’area SADC. Il Fondo è finanziato dalla SIDA, l’Agenzia di Sviluppo Internazionale Svedese.
La gestione del Fondo è nelle mani dell’Istituto per lo Sviluppo dell’Igiene dell’Acqua che mette a disposizione dei ricercatori una somma di 50 mila dollari, al massimo, per ogni progetto. L’obiettivo del Fondo è quello di creare una capacità di ricerca adeguata a livello regionale, dentro e fuori dalle istituzioni, coinvolgendo chiunque abbia competenze e sia interessato. Con questa strategia si dovrebbe promuovere l’utilizzo dei risultati delle ricerche nell’ambito della pianificazione e gestione delle risorse idriche, stimolando, al contempo, la cooperazione ed il coordinamento regionale nel settore idrico nel suo complesso.