Criminali tra i profughi
Il Ghana provvede rifugio a molti africani provenienti dalla regione occidentale del continente. Da quando ha avuto inizio la crisi ivoriana, oltre 60.000 stranieri provenienti dai paesi vicini sono passati dal Ghana, ma la vera preoccupazione del paese sono i 40.000 rifugiati liberiani del Buduburam Camp, situato a soli 40 kilometri da Accra, la capitale del paese. Il campo, che é stato messo in funzione nel lontano ’90, ospitava originariamente 8.000 liberiani che avevano estremo bisogno di un rifugio, fuggendo alla guerra devastante che si svolgeva a quel tempo nel loro paese. Da allora il campo é cresciuto a dismisura, ospitando un numero sempre maggiore di gruppi famigliari al completo che si sono visti costretti a lasciare la Liberia. Alcuni di questi profughi hanno cercato di ritornare al loro paese, ma hanno, di solito, dovuto ritornare indietro in Ghana per il persistere di condizioni proibitive nel territorio liberiano. Fra nuovi e vecchi ospiti, il campo ha, in ogni modo, continuato a riempirsi senza sosta, fino a raggiungere le odierne spaventose dimensioni.
La crescita incontrollata ha portato con se l’insediamento di un buon numero di personaggi ambigui dediti ad attività illegali, più o meno, pericolose. Dei 40.000 ospiti del campo, ben 4.000 si sospetta siano ex-combattenti che si sono infiltrati fra i veri rifugiati, continuando a disporre liberamente di fucili d’assalto e altre armi letali. Si dice così che Buduburam sia diventato un fertile luogo di reclutamento di mercenari destinati alle varie guerre regionali, dove la loro esperienza militare, le armi di cui dispongono e la smania di combattere per far prede di guerra sono particolarmente apprezzate.
All’apice della crisi ivoriana c’erano pesanti indizi che ambedue le fazioni, sia il presidente Gbagbo, sia i ribelli, utilizzassero combattenti reclutati nel campo ghanese di Budumburam. Ma, come se non bastasse, a sentire la polizia ghanese, la popolazione del campo alimenta altre attività criminali quantomai gravi e pericolose, come la diffusione della droga e la violenza sessuale, fornendo al contempo abbondante manodopera a gangs di rapinatori armati e senza scrupoli.
Nel corso degli ultimi anni le autorità hanno condannato il proliferare della criminalità nel campo: si sono fatti sentire il Ministero dell’Interno e l’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite; l’anno scorso, per esempio, il capo della polizia e il Direttore Generale dei Servizi d’Immigrazione del Ghana si sono rivolti ai rifugiati del campo con un duro ammonimento a non continuare a perseguire attività criminali.
Lo stesso presidente del Ghana, John Kufuor, in un discorso del mese scorso, ha voluto chiarire che, nonostante il paese sia sempre pronto ad accogliere rifugiati provenienti dagli Stati della regione tormentati dalla guerra, non è assolutamente disposto a tollerare la presenza di criminali che mettono a repentaglio la sicurezza del paese.
Le preoccupazioni del Ghana sono sicuramente comprensibili: non vuole essere coinvolto in nessun modo dai tragici eventi che tormentano la regione, che, obiettivamente, costituiscono una grave minaccia, vista la critica centralità geografica di questo paese. Il rischio, infatti, si espande a cascata: gli scontri in Liberia hanno prodotto massicce fughe di rifugiati nella vicina Sierra Leone e Guinea e, più recentemente, in Costa d’Avorio che ospita già migliaia di profughi liberiani da una decina d’anni ed è, a sua volta, preda attualmente della guerra civile.
Alla fine del mese scorso una squadra mista, composta da poliziotti e militari, ha svolto nel campo un’azione mirata a ripulirlo degli elementi infiltrati, sospettati di svolgere attività criminali. Gli esiti dell’intervento hanno suggerito il sospetto che un buon numero d’ex combattenti, provenienti dalle più sanguinose e bestiali guerre civili della regione, in particolare della Liberia e Sierra Leone, si sia infiltrato nel campo, sviluppando la propria attività criminale nel modo più efferato.
Nel corso dell’incursione é stato trovato, fra l’altro, un campo d’addestramento improvvisato e il brigadiere Joseph Danquah, comandante della regione sud dell’esercito del Ghana che ha guidato la squadra, a questo proposito afferma: "Gli stessi rifugiati hanno confermato trattarsi di un luogo d’addestramento e incontro fra ex combattenti e coloro che intendono reclutarli per le guerre regionali nei paesi vicini." Le autorità non sono però riuscite a mettere le mani su questi individui che intendono reclutare mercenari, anche se centinaia di uomini adulti non registrati sono stati arrestati e consegnati al servizio immigrazione per gli interrogatori del caso.
Un rifugiato liberiano, tale A.S. Kutubu, si dimostra seriamente preoccupato per l’attività svolta da alcuni suoi compatrioti e trova inaccettabile che una minoranza renda la vita impossibile a tutti, al punto da far perdere la pazienza ai ghaniani nei confronti dei liberiani, nel loro complesso. Kutubu critica le azioni criminose perpetrate nel campo da combattenti e simpatizzanti dell’ex National Patriotic Front of Liberia (NPFL) di Charles Taylor, infiltratisi fra i rifugiati, ed afferma che: "Il loro intento dichiarato è quello di creare un caos tale da indurre l’espulsione in massa dei rifugiati liberiani che verrebbero, a un certo punto, rimpatriati con la forza dal governo ghaniano che li ospita."
Sempre secondo Kutubu, da quando sono entrati illegalmente gli ex combattenti del NPFL, nel campo sono stati commessi diversi omicidi politici e rapine mirate a colpire determinati personaggi liberiani rifugiati. Accusa, per esempio, gli ex combattenti dell’omicidio del generale Alfred Glay, aiutante di campo dell’ex presidente Samuel Doe, assassinato nel novembre del 2001. Aggiunge che l’ex leader studentesco Emmanuel Yakpazuo è stato attaccato e ferito da uomini considerati agenti al servizio di Taylor. Nel corso della rapina a mano armata, oltre a Yakpazuo, furono ferite altre 14 persone.
Nel 2001, ad Augustine Samuel, di 33 anni, è stata tagliata la gola, mentre un certo Thomas David di vent’anni è stato colpito e ferito gravemente; un’altra vittima è stata Nyabor Jobor che è stato ferito al collo il giorno dell’ultimo dell’anno, ma è riuscito a sopravvivere. Kutubu sostiene che i colpevoli di tutti questi atti criminosi sono ex combattenti che si nascondono fra di loro. Il brigadiere Danquah, dopo aver condotto il raid nel campo, ha chiesto al governo di spostarlo da dove si trova in una nuova area lontana dalla capitale ed ha diffidato i rifugiati dal rendersi responsabili di qualsivoglia attività criminale o illegale.
L’Alto Commissariato dell’ONU per i Rifugiati (UNHCR), che ha la responsabilità della sorveglianza del campo, afferma di sostenere appieno lo sforzo delle forze dell’ordine per liberare l’insediamento dagli elementi indesiderati e dovrebbe perciò cooperare col governo per assicurare che il campo non venga usato come base di reclutamento e addestramento di combattenti destinati ai teatri di guerra regionali.
Il funzionario dell’UNHCR, responsabile dei movimenti dei rifugiati su scala regionale e preposto al campo, Peter Trotter, dichiara che: "L’UNHCR condivide e riconosce pienamente le preoccupazioni del governo e delle sue istituzioni preposte alla sicurezza ed ha per questo già avviato, in collaborazione con la polizia, svariati interventi destinati a garantire pace e tranquillità all’interno del campo."
Secondo Trotter, è stato proprio per rispondere al bisogno di combattere la criminalità nel campo, che l’UNHCR ha promosso e facilitato la creazione di comitati locali di guardia e controllo. L’Agenzia ha anche donato equipaggiamento radio alla polizia locale per migliorare il mantenimento della legge e dell’ordine all’interno di Buduburam. Da quando sono state promosse queste iniziative, secondo il funzionario, il tasso di criminalità è sceso drasticamente.
Sempre l’UNHCR, in un’altra occasione, ha affermato che l’intera comunità dei rifugiati sostiene gli sforzi e gli interventi delle forze di polizia e, in una dichiarazione, l’Agenzia assicura che: "I rifugiati, come chiunque al mondo, desiderano vivere in pace, anzi, poiché si tratta di persone che si sono viste costrette a fuggire la violenza in passato, apprezzano ancora di più la sicurezza che il Ghana magnanimamente cerca di garantire per loro."
La Convenzione delle Nazioni Unite sui rifugiati, siglata a suo tempo anche dal Ghana, prevede che il rimpatrio di rifugiati e profughi ai loro paesi d’origine possa aver luogo esclusivamente su base volontaria, ma, non solo, in base alla stessa Convenzione, che il paese intende onorare in ogni sua parte, il Ghana deve anche garantire a tutti i rifugiati libero accesso al suo territorio.
Oggi nessuno è in grado di prevedere con cognizione di causa per quanto tempo questi rifugiati rimarranno nel Ghana. Una volta che un individuo ha ottenuto lo status di rifugiato rimane tale fin quando non va a ricadere in una delle clausole di cessazione di quello status stesso. Negli ultimi anni l’UNHCR ha cercato d’incoraggiare i liberiani a rientrare nel loro paese, ma, solo pochissimi hanno risposto positivamente, mentre, intanto, un gran numero di loro nuovi e vecchi compatrioti entrava o rientrava in Ghana con destinazione il solito campo.