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Editoriale

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Parliamo ancora di scuola. Come nel numero precedente, anche questo, il 50° di Africanews in lingua italiana, affronta l'immenso problema, purtroppo incalcolabile nelle sue dimensioni, della educazione scolastica in Africa. Ripetiamo che si tratta di un fenomeno riguardante almeno 400 milioni di giovanissimi fra i 5 e i 20 anni, le nuove generazioni africane che si affacceranno alla ribalta del mondo fra poco. È un quadro generale dai colori contrastanti: quando si registrano timidi segnali positivi in qualche parte del continente ecco arrivare da altre zone dati sconfortanti.
Nel numero precedente avevamo parlato di classi con oltre 100 alunni, con lo spiazzo sotto a un albero come aula scolastica. Avevamo ricordato come un solo libro di testo venga usato sovente da 10 o 15 allievi. "Studiare insieme è più proficuo che studiare da soli" commenterà qualche cinico lettore per placare i suoi sensi di colpa; ma l'immoralità della situazione resta intatta e clamorosa. Avevamo parlato anche della carenza di personale che in molte nazioni non arriva al 50% dell'esigenza di organico.

Era insomma uno spaccato impietoso ma autentico della situazione africana che viene confermato e avallato in questo numero dagli articoli che provengono dal Kenya, Tanzania, Sud Sudan, Malawi e Zimbabwe. In Kenya, l'ex perla dell'Africa orientale, secondo il Ministero dell'Istruzione oltre il 30%, cioè 3 milioni di bambini non vanno a scuola perché mancano i soldi per le rette e per quelle stupide e inutili divise introdotte dai colonialisti europei e mai abolite. Non ci si stupisce quindi, pur rabbrividendo, che in Kenya ci siano oltre 4 milioni di analfabeti su una popolazione di 29 milioni di persone.

Buone notizie invece dalla piccolissima Zanzibar, che fa parte della Tanzania ed ha un milione di abitanti. Si ritorna però alle allucinazioni e agli incubi con il Sud Sudan dove i ragazzi con un orecchio ascoltano il maestro e con l'altro cercano di captare in anticipo il rombo degli Antonov del governo islamico che bombardano villaggi e comunità. In Malawi incontriamo un fenomeno tristemente noto anche da noi: i disoccupati con laurea. Dal disastrato Zimbabwe scaturisce una realtà già conosciuta ma demoralizzante; se le cose vanno avanti così solo i figli dei ricchi potranno studiare e quindi poi accedere alle leve del potere. La democrazia e la libertà dei popoli nasce soprattutto dai banchi di scuola.

"Occorrono milioni di maestri per i paesi in corso di sviluppo" diceva tanti anni fa Vittorio Chizzolini, un bresciano pioniere del missionariato laico in Italia e del volontariato internazionale. Aveva previsto troppo bene. "Occorre anche un'educazione di base, per ragazzi e per adulti" dice ora in Africa chi vuol reagire a questa situazione scolastica deprimente e senza sbocchi. Un'educazione di base, ne esistono già esempi in diverse nazioni, fatta di semplici corsi realizzati soprattutto nei villaggi. Bastano alcune settimane per dare una formazione agricola, sanitaria, tecnologica e civica. È anche un modo per frenare la fuga dalle campagne.

Nuovi maestri, educazione di base, lezioni impartite dalla radio: tutto serve all'Africa per rimettersi in cammino. Il mondo intanto sta correndo, anche troppo. E lascia dietro di se una scia di gravi problemi irrisolti. Il recente vertice della Fao a Roma ha riacceso i fari dei media sull'immane tragedia della fame, della sottoalimentazione che genera sofferenze e tormenti.

Fame ed educazione scolastica. Che nesso c'è? Paolo VI nella sua Populorum Progressio ce lo ha spiegato: "La fame di istruzione non è in realtà meno deprimente della fame di alimenti. Saper leggere e scrivere, acquistare una formazione professionale è riprendere fiducia in se stessi e scoprire che si può progredire insieme con gli altri".