Milioni di analfabeti
L’“Istruzione per Tutti”(EFA), è un’iniziativa nata ad una conferenza internazionale sul tema, tenutasi a Dakar in Senegal nell’aprile del 2000. L’obiettivo principale dell’incontro era quello di incoraggiare i paesi partecipanti a impegnarsi per far sì che l’istruzione divenisse accessibile a tutta la loro popolazione in età scolastica e non, entro il 2015. In fondo, a Dakar, non si faceva altro che riaffermare un proponimento della Dichiarazione Mondiale per l’Istruzione, sancita a Jomtien in Tailandia nel 1990.
La Dichiarazione afferma che: “ Tutti i bambini, i ragazzi, i giovani e gli adulti godono del diritto fondamentale di beneficiare di un’istruzione che soddisfi perlomeno i loro bisogni di apprendimento elementare, nel senso migliore e più completo del termine; un’istruzione che permetta loro di conoscere, fare, vivere e rappresentarsi nel consesso sociale. Un strumento educativo mirato a esaltare il talento personale e a facilitare lo sviluppo del potenziale personale che metta in condizione chiunque di migliorare la propria esistenza e la società in cui vive.”
Ma, a dodici anni dalla Dichiarazione Mondiale e a due dalla conferenza di Dakar, il Kenya deve ancora permettere ai suoi giovani di realizzare il sogno di ricevere un’istruzione adeguata e qualitativa. Gli analisti più attenti sostengono che, nonostante il governo intenda preparare un documento programmatico in cui si assicura l’istruzione elementare per tutti entro il 2005 ed una disponibilità ancora più ampia entro il 2015, si sa benissimo che questi propositi sono vani e senza fondamento. Com’è possibile infatti pensare o, peggio ancora, promettere seriamente che un risultato come l’istruzione universale possa esser conseguito in soli tre anni? Considerando la situazione di oggi e gli sviluppi impressi dal governo in questo ambito, un’affermazione del genere è da considerarsi del tutto priva di senso. E John Ndiege, insegnante senior di una scuola elementare di Homa Bay nel Kenya occidentale conferma queste considerazioni, dicendo: “ Non è possibile conseguire la diffusione dell’istruzione elementare a tutti i ragazzi del paese se il governo non finanzia per intero almeno l’istruzione di base.”
Il programma di cui sopra, intitolato Piano d’Azione per un’Istruzione per Tutti (EFA-AP), è in fase preparatoria e viene realizzato dal Ministero in collaborazione con tutte le entità interessate, sia a livello provinciale che distrettuale. Infatti, ogni distretto e provincia dovrebbe elaborare un piano che dovrebbe entrare nel mosaico di quello nazionale. Ma, finora, le consultazioni hanno avuto luogo solo in due delle otto province keniote, quelle di Nyanza e Central. Comunque, come al solito, le altisonanti parole di circostanza non sono mancate ed il Ministro dell’Istruzione Henry Kosgey si è affrettato a dichiarare: “ Il piano nazionale EFA provvederà chiare linee guida e la tempistica precisa per il raggiungimento dei nostri obiettivi sostanziali, compresa l’istruzione elementare universale.” In conclusione, però, dopo che è stato detto e fatto di tutto, le statistiche sfornate a getto continuo dallo stesso Ministro dell’Istruzione, da agenzie varie e da ogni sorta di pubblicazione, rivelano che il Kenya è ancora ben lontano dal raggiungere l’istruzione elementare universale, per non parlare dell’istruzione per tutti.
Secondo il Ministro dell’Istruzione, il 31.8% dei ragazzi kenioti, tre milioni di loro, non va a scuola! Ciò viene attribuito al fatto che il 60% della popolazione vive sotto il livello di povertà, senza avere la possibilità di pagarsi le rette scolastiche. Inoltre, il rapporto UNICEF sulla Condizione dei Bambini del Mondo 2001, mette in evidenza che solo il 35% dei ragazzini kenioti in età scolare e prescolare è iscritto all’asilo o alla prima classe di una scuola elementare e, a questo proposito, l’ex Ministro dell’Istruzione Kalonzo Musyoka ha affermato in occasione della presentazione del rapporto: “ Distretto per distretto i dati indicano rapporti d’iscrizione sempre più bassi per i bambini dai 3 ai 6 anni residenti nelle aree periferiche urbane e nelle regioni aride e semi aride.”
L’UNICEF indica che l’anno scorso solo un milione di bambini era iscritto in una delle 25,429 scuole elementari ed asili di tutto il paese. E le statistiche ministeriali concordano nell’indicare che, a tutt’oggi, solo il 47% dei bambini iscritti alle elementari completa il ciclo, mentre solo il 27% dei ragazzi che l’hanno completato si iscrive alle medie. Infine, un dato sbalorditivo: 4.2 milioni di adulti è completamente analfabeta su una popolazione di 30 milioni di abitanti.
Le scuole di formazione tecnica professionale per ragazzi ed adulti sono ormai ridotte a uno sfacelo ed anche questo è stato addebitato alla povertà diffusa e all’alto costo dell’istruzione, alle rette. E’ opportuno far notare a questo proposito che il governo ha praticato dall’88, anche in questo ordine di scuole, una politica di condivisione dei costi con gli utenti, pagando gli insegnanti, ma lasciando l’onere dell’equipaggiamento e del materiale sulle spalle degli alunni, che devono anche contribuire al mantenimento degli edifici.
Ma, ci sarebbe una novità importante a questo proposito. La tanto attesa “Legge dei Ragazzi”, che è entrata in vigore il 1° marzo, sancisce l’istruzione obbligatoria e gratuita! Comunque, perfettamente in linea con lo stile keniota, si è sviluppato un ginepraio di polemiche e controversie riguardo le modalità con cui questa libera scuola per tutti dovrà essere resa disponibile. All’inizio di quest’anno i kenioti sono stati testimoni di una specie di scena da circo quando il presidente Moi ha ordinato ai presidi di non chiedere più le rette e questi sono andati avanti per la loro strada, continuando giustamente ad esigerle perché il governo non aveva dato loro un’alternativa per continuare a gestire le scuole. Sta di fatto che ad oggi non si può sicuramente dire che l’istruzione elementare sia gratuita in questo paese. Le scuole, se non le rette, chiedono una serie infinita di contributi che vanno da quello per la manutenzione dell’edificio, alla cosiddetta tassa delle ripetizioni, richiesta per un ipotetico insegnamento di supporto, fuori dall’orario scolastico.
A Nairobi, per esempio, le scuole gestite dal Consiglio Cittadino fanno pagare la bellezza di 129 dollari l’iscrizione alla prima elementare…mentre una divisa ne costa 20 ed i libri e la cancelleria altri 39! Alla fine dei conti i genitori devono sborsare almeno 188 dollari (circa 200 Euro), una cifra che, considerando gli stipendi medi kenioti, è decisamente fuori dalla portata di buona parte delle famiglie. Risultato? Molti, troppi, bambini restano a casa!
Gli effetti della povertà sulla frequenza scolastica sono analizzati in un rapporto della Conferenza dei Capi della Provincia Occidentale, che si è tenuta lo scorso maggio. Intitolato “ Risvegliare il gigante- lo stato di povertà e le strategie d’intervento”, il rapporto afferma che la Provincia Occidentale soffre di un alto coefficiente di abbandono scolastico, che si aggira intorno al 70% e viene attribuito a redditi bassi, tradizioni locali, gravidanze precoci e ad una certa pressione esercitata sulle scuole perché mantengano standards troppo alti, irraggiungibili dagli alunni meno brillanti che si vedono costretti a ripetere gli anni troppe volte fino a vedersi costretti ad abbandonare. Secondo il documento, solo il 7% dei ragazzi che entra in prima elementare, completa il corso ed arriva alla prima media.
In Kenya, oltre che alla povertà cronica e diffusa, l’alto tasso di abbandono viene attribuito anche all’epidemia di AIDS che ha effettivamente esacerbato il problema del lavoro infantile, in quanto molti bambini rimasti orfani si vedono costretti a lasciare la scuola per guadagnarsi il pane al posto dei genitori che hanno perso. I dati ministeriali a questo proposito sono terrificanti: 3.5 milioni di bambini e ragazzi sotto i 14 anni sono da classificabili come lavoratori infantili.
Sostanzialmente, va comunque riconosciuto che il governo è ora perlomeno consapevole del problema e si sta genericamente dando da fare per lo sviluppo di una migliore istruzione elementare. In un documento denominato “Strategie per la Riduzione della Povertà”, per esempio, si delineano alcune linee operative da utilizzare per ottenere qualche importante risultato in questo senso. Si tratta, fra l’altro, di provvedere migliori strumenti di apprendimento ed insegnamento, offrire opportunità di sostegno agli alunni con bisogni speciali ed aumentare la disponibilità di classi nelle scuole medie per ospitare i ragazzi che finiscono le elementari.
Forse, però, la novità più grossa e più concreta viene dalla ripresa delle trasmissioni radio scolastiche per i ragazzi, che erano state sospese sette anni fa per mancanza di fondi. Questi interessanti programmi erano stati elaborati nel ’63 dall’Istituto Keniota dell’Istruzione, un dipartimento del Ministero con la funzione di sviluppare programmi scolastici e strumenti d’apprendimento. L’obiettivo delle trasmissioni era ed è quello d’integrare l’insegnamento in classe fornendo ad alunni e insegnanti informazioni addizionali per migliorare la qualità delle lezioni. Questo genere di programmi sarà di nuovo estremamente utile anche per sopperire, in qualche modo, alla carenza d'insegnanti, che é diventata gravissima. Attualmente, alle elementari mancano infatti qualcosa come 14,000 docenti, mentre alle medie ce n’è bisogno di altri 3,500 se si vuole disporre dei ranghi completi e coprire tutte le cattedre.