La critica dei musulmani
Subito dopo gli attacchi, nessuno degli esponenti musulmani del paese - questa religione rappresenta circa il 35% della popolazione - è uscito pubblicamente allo scoperto per condannare, ma, neanche per commentare l'accaduto. Viceversa, alcuni capi e membri delle comunità islamiche si sono confidati più tardi facendo conoscere il proprio punto di vista nel corso di interviste concesse ad Africanews.
Un religioso islamico di Dar es Salaam, lo Sheikh Ali Muhidin, ha detto ad Africanews: " Sembra che i terroristi siano consapevoli del vuoto d'indirizzo di cui soffre l'islamismo. Chi è Bin Laden ? E chi gli ha dato l'autorità di ordinare una fatwa nel nome dell'islam contro chiunque e soprattutto contro gli Stati Uniti? " Lo sceicco ha sottolineato che la fatwa non è un editto, bensì una mera opinione. La fatwa, nei paesi musulmani, è sempre stata tradizionalmente dichiarata da un certo funzionario di corte, il Mufti, perché servisse da guida a un Qazi, ovverosia ad un giudice. Il Mufti infatti è considerato un eminente esponente e conoscitore della legge coranica. Sheikh Muhidin, citando il professor Ziauddin Sardan, un importante studioso islamico che ha criticato i versetti satanici di Salaman Rushdie ed ora insegna in Inghilterra, ha poi osservato: "Per quale motivo abbiamo ripetutamente chiuso un occhio per evitare di vedere il male nelle nostre società musulmane? Perché mai abbiamo permesso che parole sante dell'islam, come fatwa e jihad, venissero usate a sproposito da fanatici estremisti oscurantisti?"
Un insegnante musulmano di Dar es Salaam, tale Selemani Samula, ha fatto eco alla preoccupazione del religioso, dicendo: " Dobbiamo tenere ben presente, e non esistono dubbi in proposito, che i musulmani del mondo vivono per lo più in una condizione di disperazione e sofferenza, in uno stato di povertà e grande bisogno. Ragion per cui questa gente, tutti i buoni e devoti musulmani, insomma, sono esposti ad un facile coinvolgimento da parte di agenti che possono facilmente essere prodotti da uno sviluppo incontrollato di fanatismo all'interno delle società islamiche".
" Abbiamo lasciato mano libera alla crescita di manifestazioni fasciste al nostro interno - ha proseguito Samula - e non siamo stati capaci di denunciare i fanatici che distorcono i principi più sacri della nostra fede. Non abbiamo reagito e siamo stati zitti quando costoro si sono autoproclamati martiri facendo scempio, al di la di ogni comprensione, dei significati più sacri dell'essenza dell'islamismo,".
Addolorato nel vedere alcuni musulmani applaudire le gesta di Bin Laden, Samula ha denunciato il terrorismo in tutte le sue forme, dichiarando: "La peggior forma di pregiudizio di classe consiste nel sostenere la propria comunità a tutti i costi, perfino con la tirannia. Il profeta ha anche detto che la più alta forma di jihad consiste nel dire sempre la verità, se occorre anche in faccia ad un governante dispotico. Perché jihad significa fare uso di tutta la propria forza. La forza della ragione, l'ijtihad ( il ragionamento ), una delle fonti più importanti della legge islamica."
L'insegnate ha anche deprecato i talebani :" Per aver usato il Corano con scopi politici e tribali. L'islam ed il Corano non devono essere usati come strumenti per diffondere violenza, terrore e distruzione. Oggi più che mai l'umanità e soprattutto i musulmani hanno bisogno del genuino messaggio di pace che scaturisce dall'insegnamento dell'islam."
Juma Rashid, segretario del distretto di Kisarawe del Consiglio Musulmano della Tanzania (BAKWATA), ha fatto notare che è giunto il momento che i musulmani affrontino il giudizio di una logica laica e, pazientemente, si aprano al sofferto processo di modernizzazione. Perché è necessario essere nello stesso tempo leali verso i comandamenti religiosi e la tradizione islamica, ma anche contemporaneamente capaci di rispondere alle spinte critiche e razionali dei tempi moderni. Non ci sono dubbi che Allah non cambierà mai la condizione umana dei suoi discepoli, finché questi non cambieranno se stessi.
Il segretario ha proseguito dicendo: " Se un musulmano o un gruppo di musulmani indulge alla violenza, costui o costoro ne devono essere ritenuti responsabili. Ciò non di meno le loro azioni non possono essere attribuite all'influenza dell'islam; poiché di coloro che si dichiarano musulmani il Corano dice che non si possono considerare credenti, ma si possono ritenere piuttosto di avere accettato l'islam in quanto la vera fede non è ancora entrata nei loro cuori."
I terroristi che hanno organizzato gli attacchi sembrano invece ricevere qualche simpatia da parte di gente proveniente dalle isole di Pemba, che li ha acclamati. Non appena sono arrivate le prime notizie del crollo delle torri la televisione ha trasmesso immagini di gente di Pemba che ora vive a Dar es Salaam che gioiva di quello che vedeva. Pemba e dintorni sono la roccaforte del principale partito d'opposizione tanzaniano, il Civic United Front. D'altronde, qualcuno fa osservare che sono stati proprio i media a fomentare questo tipo di sentimenti e le reazioni che ne sono seguite. I giornali locali hanno fatto tale e tanta sensazione sulla notizia da confondere la gente, ha affermato Lucy Aloyce, una nota giornalista responsabile dell'informazione del Women Advanced Trust, un'organizzazione non governativa con sede a Dar es Salaam. La giornalista ha aggiunto che certa stampa, senza volerlo o di proposito, ha dipinto gli attacchi negli Stati Uniti come una sorta di guerra tra cristiani e musulmani, elemento questo che ha causato la reazione della gente di Pemba. E' interessante fra l'altro notare come certi giornali si siano lanciati a scrivere di guerra diverse settimane prima che questa iniziasse davvero.
Dopo gli attacchi il Presidente Benjamin Mkapa si è dichiarato disponibile ad incontrare i leader dell'opposizione, per la prima volta dopo che aveva vinto le elezioni nel 1995. Una parte della discussione che ha avuto luogo nei meetings che ne sono seguiti ha riguardato i modi in cui si dovevano tenere sotto controllo le reazioni più esasperate ed evitare che si mischiassero pericolosamente le ragioni politiche con quelle religiose.
Ai musulmani, per la prima volta dall'indipendenza, è stato permesso, dopo l'11 settembre, di organizzare una dimostrazione di piazza. Infatti, un gruppo di islamici liberali ha organizzato una marcia di protesta contro i bombardamenti in Afghanistan. Il loro messaggio era che gli Stati Uniti avrebbero dovuto combattere i terroristi e non i musulmani, le donne ed i bambini, risparmiandoli, senza esporli all'attività militare intrapresa .
Sebbene Bin Laden compaia ormai ogni giorno sui giornali, non si è verificato alcun mutamento apprezzabile nelle relazioni fra musulmami e cristiani. In una recente omelia, durante la messa, Sua Eminenza Polycarp Pengo, cardinale di Dar es Salaam, ha detto, rassicurante, che i cristiani del paese non hanno niente da temere dai musulmani, poiché costoro non hanno niente a che fare con ciò che Bin Laden ed il suo gruppo di criminali ha fatto negli Stati Uniti.
Nel complesso, gli attacchi alle torri hanno condotto ad un riavvicinamento fra Tanzania e Stati Uniti e, secondo James Mwakisyala, responsabile dell'East African a Dar es Salaam, ci sono stati molti segnali in questo breve periodo che indicano legami più stretti con Washington. Il giornalista ha fatto notare come la Tanzania abbia partecipato di buon grado allo sforzo guidato dagli Stati Uniti per tagliare i finanziamenti ai terroristi e come la polizia tanzaniana abbia rapidamente organizzato e perfettamente equipaggiato un nuovo dipartimento anti terrorismo.
Si sa per certo che la Banca Centrale ha pubblicato una direttiva in base alla quale diverse istituzioni finanziarie devono immediatamente congelare i conti di una ventina di società internazionali che si ritiene abbiano collegamenti con Osama Bin Laden ed il suo gruppo di Al Qaeda. Inoltre, il dipartimento anti terrorismo sarà responsabile di tutte le iniziative, ivi compreso il controllo completo dei bagagli in arrivo nel paese.
L'FBI, infine, ha inviato un certo numero di agenti nel paese per investigare riguardo eventuali collegamenti fra i responsabili degli attacchi terroristici ed individui ed organizzazioni che si trovano nel paese. Gli agenti hanno interrogato un certo numero di uomini d'affari, specialmente nel settore petrolifero, a contatto con lo Yemen. Ma, al momento, non risulta comunque sia stato effettuato alcun arresto.