Per gli USA il Sudan è ora "meno cattivo"
A metà novembre, fiducioso ormai che i missili americani non gli sarebbero piovuti addosso come conseguenza degli attentati dell'11 settembre, il Sudan ha lanciato la sua offensiva militare. Con l'obiettivo di conquistare più territorio possibile nel Sudan meridionale, Khartoum ha mobilitato il suo esercito lanciandolo in offensive sul fronte nord e occidentale del Bahr el Ghazal. Le agenzie umanitarie affermano che il risultato di queste iniziative è stato l'aprirsi di un'altra crisi umanitaria nelle due regioni oggetto dell'attacco. L'SPLA (l'Esercito di Liberazione del Popolo del Sudan) condivide pienamente il tenore di questa denuncia.
Così, quando John Danforth, incaricato dal Presidente George Bush degli accordi di pace in Sudan, farà, il suo primo viaggio nel paese sconvolto dalla guerra, si è trovato nel bel mezzo di una brutale offensiva militare e di una crisi umanitaria appena aperta. Specialmente nelle zone intorno a Raga e Aweil, rispettivamentenel Bahr el Ghazal occidentale e settentrionale, si vedono le più recenti e dolorose conseguenze di questa guerra civile, vecchia ormai di diciott'anni anni,. Ma non è tanto l'offensiva militare che dovrebbe preoccupare maggiormente Danforth, bensì, piuttosto, il mutato atteggiamento politico del governo di Khartoum.
Una disposizione che non ha più niente a che vedere con quello stato d'animo in un certo qual modo condizionato dal senso di panico che si diffuse all'indomani degli attacchi negli Stati Uniti. I generali islamici hanno ripreso il loro vecchio atteggiamento e si stanno comportando come hanno sempre fatto, se non addirittura più brutalmente di prima. Siamo di nuovo di fronte a richiami alla guerra santa da parte di eminenti figure governative, a minacce di Khartoum di boicottare qualsiasi accordo di pace, mentre è in corso una durissima offensiva militare.
A settembre Khartoum si dimostrava conciliante e si offriva di collaborare con gli Stati Uniti nella lotta al terrorismo internazionale. Il governo aveva buone ragioni per temere, trovandosi fra i dieci paesi che il Dipartimento di Stato americano aveva identificato come sostenitori del terrorismo internazionale. Inoltre, il Sudan era già stato attaccato nel 1998, dopo gli attentati alle ambasciate americane in Tanzania e Kenya condotti da terroristi collegati al paese. Per cui, quando New York e Washington sono state attaccate, il Ministro degli Esteri di Khartoum Mustafa Ismail si è affrettato a denunciare gli attentati, riaffermando la volontà del Sudan di cooperare a tutto campo con il governo degli Stati Uniti e la comunità internazionale per "combattere qualsiasi forma di terrorismo e assicurarne i responsabili alla giustizia." Il Presidente Omar el Bashir ha fatto la stessa cosa condannando gli attacchi, ma esprimendo nel contempo la speranza che la reazione di Washington non fosse "emotiva". Il suo Ministro delle Informazioni e delle Comunicazioni, Mahdi Ibrahim, aveva rafforzato il messaggio affermando che la denuncia sudanese degli attentati non era altro che " il riflesso della sincerità di Khartoum quando si parla di estraneità al terrorismo" e dicendo che "del resto, persino gli Imam più integralisti hanno affermato in diverse moschee di Khartoum che gli attacchi altro non sono stati che crimini, che mai avrebbero dovuto essere commessi."
Dichiarazioni di questa natura e interessante documentazione dei suoi servizi segreti che Khartoum si era affrettata ad inviare a Washington aveva alquanto ammorbidito gli americani. Pochi giorni dopo gli attentati il Segretario di Stato americano Colin Powell aveva chiamato Ismail prendendo buona nota dell'offerta sudanese di cooperazione nella lotta al terrorismo. Si trattava del maggiore livello di comunicazione mai raggiunto fra i due paesi negli ultimi anni ed il portavoce del Dipartimento di Stato Richard Boucher aveva definito la conversazione come un eccellente inizio di una nuova fase dei loro rapporti. Non veniva rivelato di quale tipo di informazione si trattasse, ma gli Stati Uniti si dichiaravano molto soddisfatti e Powell aveva persino detto: " il Sudan è diventato tutto d'un tratto molto più interessato ed attivo nel lavorare con noi su diverse questioni ed aspetti."
Non è passato molto tempo prima che Khartoum cominciasse a vedere i benefici di un tale mutato atteggiamento. Il 29 settembre l'Amministrazione Bush ha tolto di mezzo la legge della "Pace in Sudan", una normativa promulgata in giugno dalla Camera e dal Senato americani per proibire l'accesso alla borsa americana dei titoli delle compagnie petrolifere straniere che lavorano in Sudan. Ciò é avvenuto dopo che il Senato aveva abrogato la legge ritenendola inappropriata e intempestiva. L'abolizione di questa legge aveva in pratica messo in un angolo i sostenitori dei diritti civili occidentali, che avevano fatto di tutto per fare del "problema Sudan" uno degli argomenti di politica estera più rilevanti per gli Stati Uniti. Charles Jacobs, responsabile del Gruppo Americano Contro la Schiavitu', scosso dall'evento, aveva dichiarato: " non solo hanno vanificato i nostri propositi, ma ci hanno pure traditi."
Prima ancora che le forze anti-Khartoum si potessero riprendere dallo shock il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha sospeso con voto unanime le sanzioni imposte al Sudan nel 1996, dopo che il paese si era rifiutato di consegnare militanti islamici implicati in un tentativo fallito nel 1995 di assassinare il Presidente egiziano Hosni Mubarak. Il Ministro degli Esteri Ismail, raggiante, aveva detto: " questa decisione restituisce al Sudan l'onore e la giusta reputazione che erano stati lesi dalle accuse di terrorismo che non avevano nulla a che fare sia con il paese che con il suo popolo." In ottobre, il responsabile delle Nazioni Unite per i diritti umani in Sudan Gerard Baum ha preparato il suo rapporto in cui, sebbene critichi Khartoum, afferma che il Sudan ha fatto alcuni progressi nell'ambito della garanzia dei diritti umani.
Con questa musica nelle orecchie Khartoum ha deciso di avere ottenuto ancor più di quanto volesse e che fosse giunto il momento di tornare a comportarsi come prima. Bashir ha cominciato a parlare di una iniziativa globale centrata sulle Nazioni Unite per combattere il terrorismo, e non più di un supporto unilaterale sudanese che aveva promesso a settembre, affermando che: " ci deve essere una definizione specifica per il terrorismo internazionale che deve scaturire sotto gli auspici delle Nazioni Unite, che deve riguardare tutti ed essere libera da interpretazione arbitrarie." Pochi giorni dopo il suo governo ha negato di aver consegnato qualsiasi responsabile di terrorismo agli Stati Uniti, in quanto i due paesi non sono legati da alcun un trattato di estradizione. Poi, quando sono cominciati i bombardamenti in Afghanistan, Bashir ha reagito con rabbia annunciando all'Associated Press: " noi siamo contro ogni attacco in Afghanistan o in qualsiasi altro paese in cui i civili possano essere vittime di azioni del genere". Ibrahim Ahmed Omar, il segretario generale del partito National Congress al potere, è stato ancora più diretto, dicendo che i sudanesi non sono disposti ad abbandonare l'Islam per sostenere qualsivoglia posizione espressa da qualcuno o qualche altro stato. L'11 novembre, durante una visita in Iraq, il Ministro degli Interni di Khartoum, Generale Abdelrahim Hussein, ha infine promesso il sostegno del suo governo all'abrogazione delle sanzioni delle Nazioni Unite contro quel paese, congratulandosi con Baghdad per la sua " giusta battaglia contro gli Americani".
Contemporaneamente, il vice di Bashir, Ali Osman Taha, un ex protetto di Assan Al Turabi, attualmente in carcere, ha dichiarato solennemente che non abbandonerà mai la Jihad nella sua lotta contro il Sud ribelle. Parlando ad un gruppo di combattenti islamici in partenza per il fronte aveva detto che la guerra santa è la cosa giusta da fare, che non bisogna mai abbandonarla, ma si deve sempre, semmai, mantenerne alta la bandiera. Gli uomini di Taha sono i massimi consiglieri politici e per la sicurezza del Presidente Bashir e sono al contempo fra gli integralisti più impegnati di tutto il paese. I più eminenti di questi sono Ghazi Salah Eddin, incaricato del processo di pace e Gotbi Al Mahid responsabile degli affari politici.
E' con questi rappresentanti che Danforth ha discusso della pace, con politici ufficialmente riconosciuti come sostenitori convinti del piano di pace libico-egiziano che prevede l'autodeterminazione per il Sud. Ma, non va dimenticato che, solo il mese scorso, Salah Eddin ha affermato di non avere più alcuna intenzione di perdere altro tempo con i negoziati di pace dell'IGAD, definendoli inutili. Aggiungendo:" Abbiamo detto al Presidente dell'IGAD e Presidente del Kenya, Daniel Arap Moi, che abbiamo deciso di lasciare all'IGAD un'ultima chance nel suo sforzo di porre fine alla guerra e garantire la pace….. il nostro governo si è stancato di tutti gli insuccessi delle iniziative IGAD mirate a raggiungere qualche risultato negli ultimi 8 anni."
Il 9 novembre Salah Eddin ha detto che Khartoum ha rivisto la strategia di pace senza però fornire alcun dettaglio. La delegazione diplomatica americana a Khartoum ha affermato che Danforth, un membro della Chiesa Episcopale con nessuna esperienza della guerra sudanese, visiterà poi i campi degli sfollati a Khartoum, le montagne Nuba nel centro del Sudan e Rumbeck nel sud del paese, prima di ripartire per il Kenya.
Nel frattempo era in pieno svolgimento l'offensiva nel Sud, iniziata il 6 ottobre con la battaglia per la conquista della città strategica di Raga nel Bahr El Gazal occidentale. Secondo l'SPLA aerei governativi hanno bombardato la zona uccidendo 20 persone, obbligando il programma alimentare mondiale ( PAM) a sospendere lo sforzo di distribuzione alimentare nell'area.
Con gli americani tutti concentrati sui documenti dei servizi segreti di Khartoum ed il resto del mondo con gli occhi puntati sugli sviluppi in Afghanistan non si è parlato dei bombardamenti, neanche quando Raga, una settimana dopo, è caduta in mano alle forze governative. L'SPLA denuncia il fatto che, dopo aver preso Raga, Khartoum ha scatenato le milizie arabe contro civili sospettati di aver aiutato i ribelli. Il 1° novembre l'SPLA ha avvertito di veder profilarsi la minaccia di una crisi umanitaria di grandi proporzioni nel Bahr El Ghazal occidentale se il governo di Khartoum avesse intensificato o anche solo continuato i bombardamenti dell'area intorno alla città di Raga, dove oltretutto l'esercito e le milizie si stavano accanendo contro i civili. Il portavoce dell'SPLA, Samson Kwaje, ha affermato che la situazione è assolutamente disperata in particolar modo per donne, anziani e bambini. Ma, quando Bashir ha visitato Raga il 31 ottobre, ha affermato che l'esercito e le milizie pro governative avrebbero continuato nello sforzo di sconfiggere e perseguire i ribelli, fin tanto che il suolo sudanese non fosse liberato da traditori ed altri elementi sovversivi nemici. Successive informazioni da quel fronte di attività militare hanno dimostrato e confermato che il Presidente sudanese non stava scherzando.
La situazione nel Bahr El Ghazal settentrionale non è migliore, con il governo che sfrutta l'inizio della stagione secca per muovere le sue truppe, i rifornimenti e l'equipaggiamento verso Sud. Addetti della cooperazione riferiscono che Khartoum sta spostando 5.000 uomini appartenenti all'esercito, ai Muraheliin e alle Forze di Difesa Popolare paramilitare che, riuniti, stanno scortando un treno che porta rifornimenti alle forze governative di stanza a Wau. Fonti umanitarie indipendenti hanno confermato a IRIN che nel nord del Bahr El Ghazal avevano recentemente luogo movimenti di truppe su vasta scala, con tanto di attacchi alla popolazione civile.
Christian Solidarity International, ( C.S.I. ) con sede in Svizzera, ha riferito che queste truppe hanno ucciso 93 persone nella città di Aweil, mentre ne hanno portate via 85. L'incaricato di affari di Khartoum presso l'ambasciata sudanese in Kenya, Ahmed Diedery, ha affermato trattarsi di fandonie, aggiungendo che la CSI è un'organizzazione che ha dimostrato in diverse occasioni di essere prevenuta e parlare per partito preso. Dichiarando che queste ultime accuse rivolte da C.S.I sono più o meno le stesse che il governo si sente da sempre rivolgere da questa stessa organizzazione. C.S.I potrebbe anche avere una controversa reputazione, ma in questo caso aveva ragione. Il giorno dopo che Diedery ha negato i combattimenti, un'operatrice umanitaria kenyota che lavora con l'Azione Ecumenica della Chiesa in Sudan ( C.E.A.S ) è stato catturata dai paramilitari del P.D.F e ad Africanews è stato confermato che la ventisettenne di nome Juliana Muiruri è sotto custodia a Khartoum dopo essere stata detenuta nella città di Aweil per più di una settimana. L'unica reazione di Washington è consistita nell'estensione, il 1° novembre, di un altro anno di sanzioni americane al paese. Una bonaria tiratina d'orecchie che permette a Khartoum di tirare avanti, ora che è iscritta nel libro dei buoni del governo americano.