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Editoriale

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Il numero 42 di Africanews in lingua italiana affronta soprattutto il problema della proprietà terriera in Africa. In Italia solo i più anziani ricordano le lotte dei contadini siciliani, pugliesi e padani nell'immediato dopguerra. Cianquant'anni fa queste masse scendevano in piazza per migliori condizioni di vita, a volte per una diversa distribuzione della terra e molti caddero vittime della polizia e della mafia. Ora da noi le masse contadine non esistono più e in numerose aziende agricole pakistani e indiani sostituiscono gli italiani che di fare il contadino, anche se meccanizzato, non ci pensano nemmeno.
Ben diversa è la situazione in Africa dove decine di milioni di persone si assicurano l'esistenza con i prodotti di orti microscopici. La terra, quella vera, le grandi estensioni coltivate, sono dei bianchi o degli amici di chi governa il paese. In Sud Africa, ad esempio, all'epoca dell'apartheid i bianchi, che rappresentavano il 15% della popolazione, possedevano l'87% della terra; ora tale percentuale è scesa all'85%. Sembra una presa in giro. In Zimbabwe il 70% delle terre fertili (11 milioni di ettari) è in mano a 4500 farmer in maggioranza bianchi, mentre un milione di contadini vive su 16 milioni di ettari di terre spesso esauste e aride.

In Zimbabwe purtroppo la questione terriera è stata stravolta dal presidente Mugabe che per nascondere gli errori che hanno rovinato economicamente il paese ha cavalcato le manipolazioni ideologiche e le strumentalizzazioni politiche invitando i contadini a occupare le terre dei bianchi. "È la sola lezione che capiscono" ha detto. Malgrado la stessa Corte Suprema zimbabewana abbia giudicato incostituzionle la decisione del governo di espropriare le terre senza alcun compenso, centinaia di fattorie sono state occupate e una decina di coloni bianchi uccisi.

Occorre naturalmente precisare che i bianchi assicurano un funzionamento ottimale dell'impresa agricola, tanto è vero che in Zambia e Mozambico hanno invitato i farmer zimbabewani: "Se decidete di abandonare il paese potrete ricostruire le vostre fattorie da noi". Comunque tra un esprorio totale dei bianchi e l'attuale situazione esistono innumerevoli altre soluzioni che ridarebbero speranze concrete di una vita migliore ai contadini africani.

Il problema della terra in Africa non è soltanto agricolo. Basta pensare a Nairobi, la capitale del Kenya, dove 2 dei 3 milioni di abitanti vivono sul 2% della superficie cittadina. Inoltre questi diseredati spesso vedono le ruspe che fanno piazza pulita delle loro povere baracche perché il comune ha venduto l'area a qualche speculatore. In Africa la popolazione urbana cresce del 4,9% annuo, è l'incremento più rapido nel mondo, e fra 20 anni supererà la popolazione contadina. L'urbanizzazione africana avviene senza la trasformazione delle strutture che accompagna abitualmente lo sviluppo e le masse che fuggono dalla campagna trovano condizioni di vita spaventose; i fermenti sociali che ne derivano sono pronti a esplodere in ogni momento. Anche per questo la nuova generazione di politici che si sta formando nel continente deve affrontare di petto il problema della terra.

Nel quarto articolo di questo numero ci viene descritta una figura benefica, metà antica e metà moderna. Si tratta delle ostetriche tradizionali che in Zambia vengono istruite con corsi d'aggiornamento e poi spedite, munite di bicicletta, nelle campagne dove la mortalità delle partorienti è ancora altissima. È uno dei modi ingegnosi con cui l'Africa cerca di stare al passo dei tempi pur con i suoi poverissimi mezzi.