Non c'è Pace senza Giustizia, non c'è Giustizia senza Perdono
Gli ultimi mesi sono stati colmi di dolore, sofferenza e tanti interrogativi…
Il G8 a Genova che, probabilmente strumentalizzato, è stato una doccia fredda su tanti propositi di nuova accoglienza.
Le torri gemelle, dramma che non ci aiuta a capire perché l’uomo ritorna ad essere principe di morte.
La guerra in Afganistan, gravida di dolore e forse di tanta rabbia.
Nubi dense si profilano all’orizzonte… e ci scordiamo che un Salmo dice che “Le nubi sono il cocchio di Dio”.
Palestina ed Israele, polveriera di un odio che si pensava sepolto con le camere a gas!
Kamikaze eroi nazionali di un odio che ci fa tremare.
La vera intelligenza delle cose è soltanto l’intelligenza dell’amore.
Sono poche le volte che amo veramente, perché altro è vedere e altro è conoscere. Per vedere sono sufficienti gli occhi, ma per conoscere bisogna amare… e per amare bisogna non difendersi.
Altro è sentire, altro è ascoltare; per sentire ci vogliono le orecchie, per ascoltare bisogna amare. Ho visto tanta rabbia, forse perché queste persone nessuno le ha ascoltate. C’è gente affamata di essere amata più che dell’aria che respira, e chi c’è per amarla? Ci sono persone che hanno bisogno di spaccare tutto: perché? perché? Ascoltare senza guardare l’orologio, che lezione! Ascoltare chi non è simpatico, diventa segnale di vita! C’è chi non è ascoltato da nessuno, non è conosciuto da nessuno, che vive e muore senza che nessuno gli abbia mai detto “come stai?”
L’Abbé Pierre, il prete francese che ha creato il movimento Emmaus, si pone sempre lo stesso interrogativo: “Et les outres?”. E gli altri? Io credo fermamente che o ci salveremo insieme o non si salverà nessuno.
Bisogna chiedersi ogni giorno: che cosa vuoi che io faccia? qual è la Tua volontà su di me, su di noi?… che cosa, anzitutto, si aspetta da me chi si apre alla vita, chi vuole viver con Te e per Te? Sono domande coinvolgenti. Che mi pongo molte volte al giorno perché mi sembra che più gli anni passano, più capisco poco. Domande che possono trovare risposta piena se questa volontà di Dio viene accettata e si diventa luce e sale che illumina e che dà sapore alle nostre amate città.
La pace è un dono che viene dall’alto, non l’attingiamo dalle nostre cisterne screpolare. Principe della pace, vieni! vieni!
Ci volevano le torri e i taleban perché scoprissimo che le nubi dense sono all’orizzonte? Ci volevano le migliaia di bimbi degli Stati Uniti che il Natale troverà orfani, per comprendere che stiamo rischiando grosso? Ci volevano i bimbi e le mamme afgane che moriranno di freddo, fame e malattie per capire che la guerra è una strada senza ritorno? Ci volevano il sangue innocente e i corpi a brandelli di ebrei e palestinesi per aprirci gli occhi e per capire che non stiamo ancora realizzando il canto: “tutti i figli di Dio hanno le ali e volerò anch’io nel cielo di Dio”? Vieni principe della Pace, piccolo bimbo, vieni ti supplico, non tardare.
Al profeta Amos viene detto: “Annuncia, grida: per un paio di sandali vendono un povero!” Il Natale in Africa è tanto che lo viviamo così: nella massima insicurezza. Ma Gesù nasce lo stesso…
Bisogna ripartire da lì… un gran serraglio, dove bestie e uomini si confondono (la poetica capanna!!!) e un Re che ha paura di un Bimbo e questi scappa in Egitto con sua Mamma e suo Papà.
Buon Natale, amici carissimi… Grazie di cuore: “Le cose donate hanno il colore dell’amore”, e voi mi avete donato moltissimo: la gioia di credere e sperare!!!
Un abbraccio carico di riconoscenza e affetto. Suor Eugenia (Parma, li 15.12.2001)
Spezzoni di immagini e filmati di guerra, fame, sofferenza (sottofondo Battiato, l’ombra della luce o simile)
La ribellione necessaria
Io dico spesso ai giovani che sempre più frequentemente incontro: "Ribellatevi, non con la violenza, ma con la vita, senza mai demordere. Siate come un rullo compressore vivente che non lascia tranquillo nessuno. Non scendete a compromesso. Riappropriatevi della gestione della società. Siete stati sradicati dalle vostre origini, vi è stato tolto il futuro dalle vostre mani, siete costretti a consumare emozioni. Per il sistema è meglio che siate drogati!".
Perché è necessario ribellarsi? Le motivazioni potrebbero essere molte e di varia natura, ma io ho scelto di partire proprio dalla Parola di Dio.
"Mia è la terra e voi siete presso di me come forestieri e inquilini" (Levitico 25,23), dice il Signore. Non esiste il diritto di proprietà assoluta. Il diritto di possesso acquisito con la compravendita è relativo e temporaneo. Dio si riserva il diritto di esproprio.
Dio stabilisce un criterio che regola l'uso di tutti i beni da Lui creati. "Non vi sarà alcun bisognoso in mezzo a voi ..." (Deut. 15,4)
La prima comunità cristiana ha attuato alla lettera il comando della Bibbia "La moltitudine di coloro che erano venuti alla fede aveva un cuor solo e un'anima sola e nessuno diceva sua proprietà ciò che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune... e veniva distribuito a ciascuno secondo il suo bisogno... Nessuno era fra loro bisognoso..." (Atti 4, 32-35 Passim.)
"Amministratore" era il nuovo nome che indicava il rapporto dell'uomo con i beni di Dio.
Motivo di speranza, oltre alla corrispondenza della società del gratuito alla natura più profonda dell'essere umano, è rappresentato dai segni di un fermento in atto nella società.
Fioriscono comunità basate sulla condivisione di vita, imprese sociali che dimostrano come si possa produrre con efficienza senza inchinarsi alla logica del profitto, forme di risparmio etico, famiglie e professionisti che tengono per sé il necessario per vivere e restituiscono il resto ai poveri, famiglie che si aprono all'accoglienza di bambini, handicappati, anziani. Oggi più che mai, mentre nelle forze politiche l'esigenza di un rinnovamento da tutti proclamato si scontra con la scarsità di proposte concrete per un nuovo modello di società, c'è bisogno di promuovere un cambiamento dal basso attraverso la proposizione di nuovi modelli di vita.
Cosa succederebbe se in una città come Roma, o Milano, o Rimini, ci fossero un buon numero di giudici che tengono per sè solo una piccola parte dell'elevato stipendio che prendono e il resto lo restituiscono ai poveri ai quali è rubato? Che cosa succederebbe se i medici che esercitano la libera professione dicessero ai loro pazienti abbienti di dare quello che possono e ai pazienti non abbienti di prendere quello di cui necessitano? Se gli avvocati difendessero i ladri di galline o gli zingari come difendono i ladri eccellenti, e come remunerazione chiedessero solo il necessario per vivere e continuare a servire? Cosa avverrebbe se ci fossero degli imprenditori, industriali, insegnanti, artigiani, commercianti, che svolgessero i loro compiti e come remunerazione chiedessero solo il minimo indispensabile per vivere e servire? Se i sindaci e i consiglieri comunali, provinciali, regionali, prendessero una prostituta schiavizzata in famiglia liberandola dalla schiavitù? Se gli insegnanti seguissero nella propria famiglia gli alunni maggiormente in difficoltà? Che cosa succederebbe se ci fossero dei sindacalisti che difendessero gli operai al lavoro e i disoccupati, senza tenere conto dell'interesse del partito cui sono legati? Se i medesimi sindacalisti dividessero il loro stipendio con gli operai disoccupati? (don Oreste Benzi)
Gesti di pace
Dall'11 settembre scorso la gente in tutto il mondo ha sperimentato con intensità nuova la consapevolezza della vulnerabilità personale ed ha cominciato a guardare al futuro con un senso fino ad allora ignoto di intima paura. Di fronte a questi stati d'animo la Chiesa desidera testimoniare la sua speranza, basata sulla convinzione che il male non ha l'ultima parola nelle vicende umane.
Molte volte mi sono soffermato a riflettere sulla domanda: qual è la via che porta al pieno ristabilimento dell'ordine morale e sociale così barbaramente violato? La convinzione, a cui sono giunto ragionando e confrontandomi con la Rivelazione biblica, è che non si ristabilisce appieno l'ordine infranto, se non coniugando fra loro giustizia e perdono. I pilastri della vera pace sono la giustizia e quella particolare forma dell'amore che è il perdono.
Si tende a pensare alla giustizia e al perdono in termini alternativi. Ma il perdono si oppone al rancore e alla vendetta, non alla giustizia. La vera pace, in realtà, è « opera della giustizia » (Is 32, 17).
Ma poiché la giustizia umana è sempre fragile e imperfetta essa va esercitata e in certo senso completata con il perdono che risana le ferite e ristabilisce in profondità i rapporti umani turbati.
In realtà, il perdono è innanzitutto una scelta personale, una opzione del cuore che va contro l'istinto spontaneo di ripagare il male col male. Tale opzione ha il suo termine di confronto nell'amore di Dio, che ci accoglie nonostante il nostro peccato, e ha il suo modello supremo nel perdono di Cristo che sulla croce ha pregato: « Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno » (Lc 23, 34).
La proposta del perdono non è di immediata comprensione né di facile accettazione; è un messaggio per certi versi paradossale. Il perdono infatti comporta sempre un'apparente perdita a breve termine, mentre assicura un guadagno reale a lungo termine. La violenza è l'esatto opposto: opta per un guadagno a scadenza ravvicinata, ma prepara a distanza una perdita reale e permanente. Il perdono potrebbe sembrare una debolezza; in realtà, sia per essere concesso che per essere accettato, suppone una grande forza spirituale e un coraggio morale a tutta prova. Lungi dallo sminuire la persona, il perdono la conduce ad una umanità più piena e più ricca, capace di riflettere in sé un raggio dello splendore del Creatore.
Proprio per questa ragione, la preghiera per la pace non è un elemento che « viene dopo » l'impegno per la pace. Al contrario, essa sta al cuore dello sforzo per l'edificazione di una pace nell'ordine, nella giustizia e nella libertà. Pregare per la pace significa aprire il cuore umano all'irruzione della potenza rinnovatrice di Dio. Dio, con la forza vivificante della sua grazia, può creare aperture per la pace là dove sembra che vi siano soltanto ostacoli e chiusure; può rafforzare e allargare la solidarietà della famiglia umana, nonostante lunghe storie di divisioni e di lotte. Pregare per la pace significa pregare per la giustizia, per un adeguato ordinamento all'interno delle Nazioni e nelle relazioni fra di loro. Pregare per la pace significa pregare per ottenere il perdono di Dio e per crescere al tempo stesso nel coraggio che è necessario a chi vuole a propria volta perdonare le offese subite. (Giovanni Paolo II)
Intervento di p. Silvio Turazzo missionario saveriano a Goma