All’Arena di Verona cinque-seimila persone, provenienti soprattutto dal Triveneto si incontrano per riflettere sul tema “La pace: diritto ed urgenza dei popoli”, in unità d’intenti con la giornata di preghiera ecumenica per la pace promossa dal Papa Giovanni Paolo II per il 27 ottobre ad Assisi. Nei lavori dell’assemblea (definiti dai partecipanti come “esperienza di riflessione teologica dal basso”) vengono approfonditi gli aspetti relativi alla spiccata interdipendenza fra il problema della pace e quello dello sviluppo.
Portano la loro testimonianza Franz Alt (giornalista tedesco impegnato nel movimento cattolico per la pace della Germania Federale), Carlos Castillo (America latina), David Maria Turoldo e Enrico Turrini (scienziato nucleare per la pace). Le testimonianze vanno subito oltre il contenuto dei vari appelli, rendendoli così estremamente attuali. L’assemblea plenaria all’Arena di Verona, frutto dell’appello “Beati i costruttori di pace” diventa un appuntamento biennale del movimento; in essi si approfondiscono le tematiche, si assume un atteggiamento propositivo, si ascoltano testimonianze, per poi tornare a lavorare nei vari gruppi per il resto del tempo.
Centrata sul problema dell’apartheid in Sudafrica e basata sulle testimonianze di mons. Dominic Khumalo, vescovo ausiliario cattolico di Durban, Beyers Naudè, allora segretario generale del consiglio Sudafricano delle Chiese (un bianco boero schierato contro il razzismo e le ingiustizie) e il vescovo luterano nero Simon Farisani, vittima di torture per molti anni a causa del suo impegno contro la discriminazione razziale. Migliaia di persone presenti, provenienti da tutta Italia.
L’incontro viene organizzato in previsione dell’assemblea ecumenica europea “Pace e giustizia”, (Basilea, 15-21 maggio 1989) e in previsione dell’assemblea ecumenica mondiale “Pace, giustizia e salvaguardia del creato” che si è tenuta a Seul dal 5 al 12 marzo ‘90.
Nell’arena gremita (almeno 15 mila le persone presenti) si parla di pace, di sviluppo, di giustizia, di blocchi contrapposti che distolgono l’attenzione dai veri problemi di interdipendenza nella gestione delle risorse. Il documento dell’assemblea si sofferma sulla necessità dell’impegno in prima persona, della non-delega per la soluzione di questi problemi, individuando nei popoli gli unici soggetti in grado di affrontarli. Si afferma la disponibilità verso tutte le forme di obiezione di coscienza (compresa quella bancaria). Si affronta pure il problema di instaurare rapporti commerciali equi fra Nord e Sud del mondo. Per quel che riguarda il debito estero contratto dai paesi del Terzo Mondo, il movimento chiede “al Governo e alla Comunità Europea di far proprie le proposte avanzate dal Tribunale Permanente dei popoli, per realizzare subito una moratoria del pagamento degli interessi sul debito e per convocare presso l’ONU una conferenza internazionale dei Paesi debitori e creditori per la definitiva soluzione del problema.” Ci si propone poi di rivedere l’atteggiamento dell’uomo per quel che riguarda il rispetto dell’ambiente: “Per rispondere alle sfide odierne poste dall’interdipendenza, a cominciare da quelle dello sviluppo e dell’ambiente, occorre passare dall’idea della “difesa nazionale” all’idea della “sicurezza planetaria”, i cui problemi sono di natura economica, sociale e culturale, non militare.”
Portarono la loro testimonianza in arena Mons. Tonino Bello (presidente di Pax Christi), Hermann Scheer (deputato della Germania Federale e presidente di “Eurosolar”), Sheila McLean (coordinatrice del gruppo donne per il dialogo Nato-Patto di Varsavia) Samson Khumalo (rappresentante Chiese sudafricane), don Moacyr Grechi (vescovo di Rio Branco - Amazzonia) e ancora lo scienziato Enrico Turrini, Franz Alt e padre Turoldo.
Incontro di emergenza per esprimere l’opposizione alla guerra nel Golfo Persico. Affiancando il movimento per la pace che in quei giorni attua con successo un’iniziativa di diplomazia popolare, inviando una delegazione a Bagdad per trattare direttamente col governo irakeno la liberazione degli ostaggi italiani, l’incontro in arena di Verona riunisce diecimila persone. Grande è la partecipazione del mondo cattolico di base, che raccoglie l’invito del Papa: “mai più la guerra, avventura senza ritorno”. L’appello chiede l’immediato “cessate il fuoco”, condanna la violazione della Carta dell’ONU e del diritto internazionale dei diritti umani. La dichiarazione conclusiva, appellandosi alla Legge Regionale n. 18 del 1988 per una cultura di pace ed alla risoluzione del Consiglio Regionale del Veneto adottata il 15 gennaio 1991, dichiara solennemente il territorio veneto “zona di pace”. Parteciparono a questa arena, fra gli altri, Giuseppe Giulietti (giornalista Rai del “Gruppo di Fiesole”), Domenico Gallo (magistrato), Antonio Papisca (docente di Relazioni Internazionali all’Università di Padova), Padre Davide Maria Turoldo. Fra i messaggi che giungono in arena, quello di Mons. Tonino Bello, dell’Arcivescovo di Udine Mons. Alfredo Battisti, del Vescovo Loris Capovilla (segretario di Papa Giovanni XXIII) e di Padre Alessandro Zanotelli da Nairobi, in Kenya.
L’obiettivo dell’incontro, cui aderiscono varie associazioni (Centri Missionari, ACLI, AGESCI, Pax Christi, Azione Cattolica, MIR, fra le altre) e partecipano circa 14.000 persone, è una rilettura della scoperta dell’America alla luce di ciò che sta ancora avvenendo. Gli interventi e le testimonianze sono molto qualificati: padre Zanotelli, padre Turoldo, padre Ernesto Balducci, Mons. Pires (vescovo nero brasiliano) e Rigoberta Menchù (india del Guatemala e Premio Nobel per la Pace 1992). Nel documento finale i “costruttori di pace” si assumono impegni precisi riguardo ad una pedagogia della scoperta dell’America, alla cancellazione del debito estero dei paesi del Sud del mondo, ad un commercio che sia equo e solidale con i paesi del Terzo Mondo, alla valorizzazione dell’esperienza dei missionari e dei volontari nei paesi poveri, all’affermazione dei diritti delle persone e dei popoli, all’Europa come “casa comune” che riconosca uno spazio dignitoso a tutti i cittadini del mondo, all’obiezione di coscienza in tutte le sue forme, per la realizzazione di una “quaresima storica” nell’anno del cinquecentenario.
Si cerca di riportare
al quotidiano di ogni persona la verifica di possibili e concrete proposte di
cambiamento del modello economico dei paesi sviluppati. Circa 5.000 persone si
confrontano sull’economia, ossia il denominatore comune di tutti gli scenari
sui quali si era impegnato il movimento per la pace fino a quel momento. I rapporti
economici vengono scandagliati in quanto generatori di ingiustizie e nodi da
sciogliere per riuscire ad individuare alternative di pace. La critica e
l’analisi si sviluppano prendendo in considerazione quel modo di fare economia
che, mirando solo al profitto, trascura le istanze etiche, non recede di fronte
alla violazione dei diritti umani fondamentali e non esita a provocare guerre.
La guerra del Golfo, che ai
“costruttori di pace” appare come modello delle guerre future,
soprattutto in termini di giustificazione politica e morale, conferma
inequivocabilmente il legame perverso fra guerra e interessi economici (è
riconosciuto unanimemente che è stata a tutti gli effetti una guerra per il
petrolio). Gli aspetti economici focalizzati nei lavori preparatori
riguardavano il problema del debiti estero dei paesi del Sud del mondo, il
fenomeno delle migrazioni, quello dell’incremento demografico. L’analisi si
soffermava poi sulla cooperazione internazionale, con un censimento delle
sperimentazioni concrete di economia “no profit”, di commercio equo e solidale
e di volontariato, al fine di indicare linee percorribili di cambiamento di
mentalità, di comportamenti e di consumi, il tutto finalizzato alla creazione
di un Nuovo Ordine Economico Internazionale. Le testimonianze dal Sud (il
vescovo brasiliano Mauro Morelli, il rev. Jacob Salomon dal
Sudafrica, pastore della conferenza metodista di Pretoria) e dal Nord (la prof.
Susan George, esperta internazionale di problemi dell’alimentazione e
dei rapporti Nord-Sud, e il prof. Wolfang
Sachs dell’Istituto per il clima e l’energia del globo dell’Università di
Wuppertahl in Germania) costituiscono il momento di ascolto che si concretizza
poi nel messaggio di pace lanciato alla fine dei lavori. In esso si mobilitano
le coscienze e si sostiene il necessario cambiamento della politica sotto
l’egida di un’autorità sovranazionale garante dei diritti umani a livello
planetario; viene inoltre lanciato, per l’impegno nelle famiglie, il progetto
dei “Bilanci di giustizia”, una proposta concreta di comportamento alternativo
nei consumi e nei risparmi. Le finalità del progetto “Bilanci di giustizia”
sono: modificare la struttura dei consumi quotidiani, migliorare la qualità
della vita esercitando un controllo sui consumi dannosi per l’ambiente,
orientare i consumi familiari del Nord del mondo verso un modello di “società a
basso uso di energia”, incanalare le risorse economiche per il finanziamento di
iniziative ad alto valore sociale (il c.d. “risparmio etico”), promuovere la creazione
di una società multiculturale e multirazziale, proporsi di incidere in modo
concreto sui meccanismi economici dominanti. Lo strumento per realizzare tali
interventi è il bilancio familiare, sul quale si va ad incidere intervenendo
sulle voci in uscita.