I
CONTATTI
Gruppo
di sostegno ai profughi di Zemun
Nelle scorse settimane ho fatto visita al centro di sostegno
ai profughi e alle ragazze madri di Zemun. Si tratta di uno dei
famosi laboratori decentrati messi in piedi in questi mesi dalle
Donne in Nero. In realtà non cè un legame diretto tra le due
associazioni, se non per il tramite di Rada Zarkovic, coordinatrice
del centro di Zemun e attivista delle D.I.N.
Il centro lavora coi profughi provenienti dalle ex Krajne, dalla Bosnia
e con quelli arrivati dal Kosovo dopo i bombardamenti. Tra le attività
del gruppo vi è, ovviamente, il sostegno psicologico ai profughi,
ma anche alle ragazze madri in difficoltà (cè persino un ragazzo
padre...), assistenza nei rapporti con le autorità, aiuto nel reperire
medicinali. Parallelamente a questo, il gruppo ha messo in piedi
un laboratorio artigianale dove gli "utenti" del centro
lavorano alla produzione di tappeti, borse in stoffa etc. Si tratta,
oltre che di un modo di dare un "impiego" a persone altrimenti
ridotte a totale passività, anche di una forma di autosostentamento
del centro e dei suoi utenti/volontari. I manufatti così prodotti,
vengono poi smerciati nel piccolo negozietto che il centro stesso
gestisce a Zemun. Ma ovviamente il mercato è qui molto limitato,
sia a causa della crisi economica, sia per il generale disinteresse
della popolazione verso il proprio patrimonio folclorico (si tratta
di prodotti realizzati in genere rispettando colori e disegni tradizionali
serbi). Insieme con Rada, abbiamo pensato di cercare di estendere
la commercializzazione di questi prodotti alla rete di commercio
equo e solidale italiana. Per fare questo, oltre che di consigli
e pareri, avrei bisogno anche di qualche aiuto logistico. So che
le due principali catene di commercio Equo e solidale in Italia
sono "Altroconsumo" e "Commercio Equo&Solidale".
Avrei però bisogno di ottenere informazioni sul modo per contattarli,
la loro mail o anche soltanto un indirizzo o recapito telefonico.
Al centro di Zemun, nel caso in cui lidea prendesse spessore,
si potrebbero aggiungere molti altri laboratori di sostegno ai profughi,
sparsi un po per tutto il paese e facenti capo a diverse ONG
locali.
Il nostro ruolo sarebbe ovviamente solo quello di fare da tramite e
di individuare in loco alcuni di questi gruppi.
Operazione Colomba
Nei giorni scorsi sono stati a Belgrado anche i ragazzi della
Operazione Colomba. Insieme abbiamo preso una serie di nuovi contatti
e avviato alcuni interessanti progetti comuni.
1)
Radmila Lazic: Poetessa di rilievo, intellettuale, membro
permanente del PENCENTAR (il club serbo degli scrittori), Radmila
Lazic ci ha dipinto un quadro della situazione attuale piuttosto
sconfortante, non tanto o non solo per la repressione di regime
sulle voci di dissidenza (che comunque esiste, anche se concentrata
su base etnica), quanto per il conformismo dilagante negli stessi
circoli intellettuali della capitale. Lo stesso PENCENTAR
ci ha spiegato - al momento dellarresto di Flora Brovina (poetessa
albanese, pacifista, impegnata nel movimento femminile delle donne
del Kosovo, condannata a dodici anni di prigione per "sostegno
alle attività terroristiche dellUCK") esitò ad
impegnarsi pubblicamente contro questo arresto pretestuoso e strumentale.
Radmila Lazic, in quanto poetessa e femminista, fu inizialmente
la sola a prendere una posizione di netta condanna dellaccaduto.
Trovandosi, per qualche tempo, isolata in seno alla propria stessa
associazione, che le aveva dato mandato di seguire il processo,
ma astenendosi da rilasciare dichiarazioni pubbliche... Il problema,
a suo avviso, non è soltanto la paura del regime, ma il timore del
"politicamente scorretto" alla serba. Ovvero, secondo
molti intellettuali locali, sarebbe politicamente scorretto impegnarsi
a difesa di unalbanese, sia pur di rilievo quale Flora Brovina,
finché la questione dei serbi del Kosovo non sia risolta.
2)
OTPOR: Dei ragazzi di OTPOR si sa quasi di più in Italia
che in Serbia. Ad ogni modo, OTPOR è soprattutto un movimento
giovanile (ma al suo interno sono impegnate persone di età diverse),
nato in ottobre 1998 nel corso di alcune manifestazioni studentesche
a partire dalle facoltà di lettere, legge e economia. Più che di
un movimento unitario, in realtà si tratta ormai di una rete di
gruppi diffusi capillarmente in diverse città grandi e piccole della
Serbia. Gruppi coordinati fra di loro in attività di sostegno reciproco,
ma indipendenti gli uni dagli altri quanto a progettazione di iniziative
e "spessore" politico. Al momento OTPOR è presente coi
suoi rappresentanti in 124 città e in 57 di queste ha una propria
sede ufficiale. 40.000 membri, prevalentemente studenti (stando
ovviamente alle loro dichiarazioni). Le città dove sono più massicciamente
e visibilmente presenti sono Belgrado, Nis, Kragujevac, Novi Sad,
Uzice. In 16 mesi di attività i membri di OTPOR arrestati anche
solo per qualche giorno, sono stati oltre 1200 e attualmente 2 studenti
di Pozarevac sono in attesa di processo.
Simbolo
del movimento è il famoso "pugno serrato" (ma si tratta
di un movimento non violento per statuto).
Le
cinque dita del pugno rappresentano i cinque elementi su cui i membri
di OTPOR fanno affidamento nella loro resistenza al regime: 1) loro
stessi, 2) la coalizione "opposizione unita" (non i singoli
partiti di opposizione, ma il coordinamento unitario in cui sono
riuniti), 3) la rete di ONG locali, 4) i sindacati indipendenti
5) figure di rilievo pubblico che li vogliano sostenere (intellettuali
e personaggi pubblici in genere).
Dalla
sua, OTPOR ha una grande creatività, che lo rende visibile e interessante,
molto più vitale nelle sue iniziative rispetto a unopposizione
asfittica e che perde ogni giorno di credibilità. Non di rado OTPOR
stesso funge da stimolo allopposizione istituzionalizzata
nel proporre idee nuove. La debolezza del movimento, è invece una
certa immaturità politica (anche anagrafica...) e, a mio avviso,
qualche problema di penetrazione nei diversi strati sociali del
paese.
Soprattutto,
ciò che rischiano i ragazzi di Otpor è di scomparire, spazzati via
da unondata di repressione nemmeno troppo violenta, non appena
cali la popolarità interna e internazionale di cui oggi godono.
Si
tratta comunque di un movimento che non va lasciato a se stesso.
Con Giampiero Cofano e i volontari dellOperazione Colomba
ci siamo impegnati ad aiutarli nellelaborazione del loro sito
in Italia (esiste già un sito di OTPOR in serbo, uno in inglese,
e sono in preparazione quelli in altre lingue). Personalmente, mi
occuperò della traduzione dei testi, mentre i volontari della Operazione
Colomba si faranno carico della apertura del sito stesso (probabilmente
appoggiandoci a PEACELINK). Il motivo per cui ci è stato
chiesto di aprire un sito "italiano" oltre che in italiano
è appunto il timore di una ondata di repressione. Nel caso in cui
il sito jugoslavo di OTPOR venisse chiuso forzatamente, il movimento
potrebbe comunque appoggiarsi a quello italiano.
3)
Gruppo obiettori di coscienza: I gruppi che in Serbia portano
avanti il discorso dellobiezione di coscienza sono diversi,
ma tutti piuttosto embrionali. Uno di questi fa capo, come molte
altre iniziative, alle Donne in Nero, che offrono il proprio sostegno
alla causa e, dato non irrilevante, la propria sede per gli incontri
settimanali del gruppo. In realtà, quella degli obiettori non è
unassociazione reale, ma un gruppo di persone, perlopiù giovani,
impegnati nel diffondere lidea stessa dellobiezione
di coscienza come diritto. Organizzano incontri pubblici in diverse
città della Serbia, soprattutto al sud, dove si è sentito di più
il peso dei richiami alle armi nel corso della guerra in Kossovo
e dove maggiore è stato perciò il numero delle vittime. Purtroppo
le loro iniziative mancano al momento di sistematicità (ma hanno
già pubblicato un loro bollettino mensile). Si tratta comunque di
una delle poche realtà impegnate direttamente in questo campo (un
po tutte le ONG parlano di obiezione di coscienza, ma nessuna
a quanto pare ha un impegno specifico nel campo). Attraverso di
loro, cercherò di ottenere qualche dato più preciso sul numero degli
obiettori presenti in Jugoslavia (in realtà sono pochissimi, data
la scarsa diffusione del concetto stesso di obiezione e disubbidienza
civile) e su quello dei disertori. Molti di questi, a quanto abbiamo
saputo, dopo essere espatriati clandestinamente per sfuggire al
richiamo, sono tuttora ospitati in campi collettivi in Ungheria
e Bosnia, in attesa che i governi occidentali decidano se concedere
loro lasilo politico oppure no.
Sarebbe
interessante, sempre in collaborazione coi volontari dellOperazione
Colomba, ottenere più dati al riguardo e organizzare una campagna
di informazione in Italia per quanto riguarda il diritto dasilo
e, in Serbia, per quanto riguarda il diritto allobiezione.
In questo ultimo caso si tratta semplicemente di appoggiare i gruppi
già esistenti e offrire loro il proprio aiuto (che ci è stato richiesto),
magari organizzando insieme il famoso incontro di educazione alla
non violenza, o invitando alle loro iniziative obiettori italiani
che portino la propria testimonianza
Breve aggiornamento sulla repressione nei confronti delle ONG
locali
Per il momento tutto tace. La polizia da qualche giorno non
si presenta più dalle Donne in nero (ma linchiesta non può
dirsi archiviata, se non altro perché nessuno sa quale ne fosse
la ragione ufficiale). E non ho notizie di altre ONG visitate.
Mercoledì
prossimo si dovrebbe comunque svolgere una manifestazione di protesta,
alla quale prenderanno parte membri delle 3 ONG vittime del controllo
di polizia (stesse modalità, interrogatorio del responsabile del
gruppo, ispezione finanziaria ufficiale, ma senza capi daccusa
dichiarati) e vari altri gruppi.
Non
sarà comunque una manifestazione "di massa". A Belgrado
per lo meno, un po tutte le ONG versano infatti in condizioni
di isolamento piuttosto serie.
Maurizio
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