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La Chiesa di S. Francesco Saverio all'Albergheria

 

La pianta della chiesa è rigorosamente iscritta in un quadrato e presenta doppia simmetria rispetto a due coppie di assi ortogonali sfasati fra di loro di 45°.

I due assi principali (longitudinale e trasversale) individuano una croce greca1, le quattro estremità che terminano con nicchie semiellittiche chiuse superiormente da volta a catino contengono ordinatamente l'ingresso con soprastante l'organo e la cantoria, e l'altare maggiore (asse longitudinale) gli altri altari di S. Ignazio di Loyola e di S. Francesco Saverio (asse trasversale).

Le rimanenti quattro parti del quadrato sono occupate da altrettante cappelle minori il cui fondale è costituito da una nicchia quasi esattamente semicircolare.

 

Lo spazio di queste cappelle è nettamente delimitato da 6 colonnine disposte sui vertici di un esagono appena irregolare.

Quattro di esse sono addossate alla parete delle cappelle, le altre due invece sono poste libere verso la parte centrale della chiesa che è così costituita da un ottagono con quattro lati maggiori (la fronte dei tre altari e dell'ingresso alternati con quattro lati minori, la fronte delle quattro cappelle).

Sulle otto colonne della parte centrale, per mezzo di sovrasesti si impostano gli archi a pieno centro che sorreggono il tamburo della cupola, e gli archetti dai quali si sviluppano i pennacchi che raccordano l'ottagono col cerchio del tamburo.

La cupola è a sesto acuto e termina un lanternino cilindrico nel quale si aprono otto finestre che con le altre otto del tamburo assicurano un'abbondante illuminazione a tutto l'ambiente centrale. Il tamburo, la cupola e il lanternino non sono neanche intonacati, invece le quattro cupolette ribassate, pure con lanternino che coprono le cappelle angolari sono affrescate, sebbene lo stato di questi affreschi non sia molto buono.

In migliori condizioni sono affreschi dei pennacchi che rappresentano scene della vita del Santo, ma ciò è dovuto alla loro più recente fattura (eseguiti verso al metà dell'800).

L'intradosso di tutti gli archi è decorato con stucchi dorati e così le volte a botte che coprono i quattro bracci della croce greca e i costoloni delle volte a catino.

I sovrasesti sono definiti a finto marmo e hanno pure qualche decorazione di stucco.

Anche la trabeazione è tutta finita con intonaco colorato che imita diverse qualità di marmo. Le colonne di ordine dorico sono in calcare di Billiemi di un bel grigio; le lesene su cui insistono i costoloni della volta sovrastante e il fondale dei tre altari sono decorati con marmi mischi. La parete dell'ingresso è semplicemente dipinta. L'organo e la cantoria sono di legno scolpito e dorato.

Il pavimento è stato evidentemente rifatto molto da recente poiché è formato da piastrelle quadrate di elemento bianche e nere di 30 cm. di lato. Il presbiterio, sollevato di un solo gradino rispetto al piano della chiesa, è limitato da un elegante balaustra pure a marmi mischi. Un'altra balaustra limita la cappella di S. Calcedonio (la prima a sinistra entrando) però si tratta di un'opera piuttosto recente, forse coeva degli affreschi dei pennacchi in quanto oltre al fatto che nessuna altra cappella ha una simile balaustra, la sua forma e la sua esecuzione non si confanno a tutto l'insieme che presenta un carattere unitario ben definito.

I quattro altari delle cappelle sono opere di modesta esecuzione tranne quello del Crocifisso il cui fondo è arricchito da un reliquario di legno scolpito e dorato.

L'altare maggiore eseguito da Giosue Durante è di marmo colorato con bassorilievi di marmo bianco scolpiti da Vitale Tuccio. Sembra inoltre che il progetto di quest'altare sia dovuto al gesuita Mariano Garsia secondo quanto si legge in una ricevuta del 19 marzo 1738 in cui il predetto Garsia dichiara di aver ricevuto onze 8 "per il disegno fatto del lataro maggiore della chiesa di S. Saverio".

Una linea molto più elegante e ricercata ha l'altare di S. Ignazio di Loyola pur essendo di semplice legno scolpito.

 

L'esterno rende un modo abbastanza evidente il frazionamento dei volumi interni. Infatti oltre alla cupola centrale che col suo elegante lanternino si erge, dal bianco tamburo, stagliandosi contro il luminoso cielo palermitano, sono facilmente identificabili i bracci della croce greca e lo spazio delle cappelle angolari marcato dalle cupole minori.

La chiesa si presenta cosi con una conformazione di volumi veramente armonica, infatti l'unico campanile è stato certamente sfruttato quale elemento di raccordo fra la chiesa e la casa.

 

Il prospetto principale è diviso in due parti: una inferiore che si estende per tutta la larghezza della chiesa, ed una superiore in corrispondenza della sola parte centrale. Però se da un canto questa soluzione permette un ottima visibilità delle due cupolette laterali, dall'altro nuoce alla composizione della facciata perché le due parti sono tra loro troppo sproporzionate per potere formare un tutto armonico. Le due parti sono separate da una trabeazione che si stende sino al campanile, sorretta da quattro colonne ben distaccate dal vivo del muro (che ha in corrispondenza di esse delle larghe lesene in pietra arenaria) e poste su alti piedistalli. Questi piedistalli e tutta la zona basamentale, oltre ad essere molto consumati dal tempo, sono anche sfigurati da un riempimento di muratura.

Il vano arenato dell'ingresso è riquadrato da un portale costituito da due colonne tortili al disopra delle quali un frontoncino di tipiche linee barocche sostiene a mezzo di due puttini un medaglione con il busto del Santo.

Sopra la chiave dell'arco, poggiata a mensola, c'è uno scudo con il distintivo della compagnia di Gesù.

La parte inferiore del prospetto termina con un frontone triangolare sorretto da due colonne poste in corrispondenza di quelle centrali della parte inferiore. Le due parti sono raccordate da due mensole sempre d'intonazione barocca.

I riquadri tra una lesena e l'altra sono intonacati con un intonaco che in origine doveva essere di colore bianco: quelli della parte inferiore hanno nel mezzo una nicchia sferica tutta intagliata in pietra e finita inferiormente da una mensola in marmo, quello della parte superiore ha una finestra che dà luce alla cantoria.

 

Nel timpano un cartiglio in marmo reca inciso: "DEDI TE IN LUCEM GENTIUM".

 

Il tamburo della cupola è in intonaco bianco: su di esso spiccano i frontoni delle finestre fortemente aggettanti. Le otto colonne che inquadrano le finestre e su cui poggiano i costoloni della cupola sono rifinite con uno stucco speciale fatto di mattone pesto e malta di pozzolana. Tra il tamburo e la cupola una doppia trabeazione segna nettamente con ottimi effetti chiaroscurali la linea di demarcazione: la prima di queste trabeazione poggia direttamente sulle colonne del tamburo, la seconda su delle mensole rovesciate che si impostano sui risalti della trabeazione inferiore in corrispondenza delle colonne.

La cupola ha un elegantissimo profilo: il suo volume puro viene appena accentuato dai costoloni le cui dimensioni sono contenute nell'indispensabile per le esigenze statiche.

Il rivestimento è in lamiera zincata: si tratta evidentemente di un restauro recente in quanto all'epoca della costruzione della chiesa i rivestimenti delle cupole e in generale delle superfici a doppia curvatura venivano fatti in lamine di piombo.

Il lanternino poggia su un elemento circolare che sbalza leggermente sulla cupola con un diametro maggiore del lanternino stesso, di modo che si forma una zona anulare sfruttata come un piccolo balcone che gira tutt'intorno. Anche le finestre del lanternino sono inquadrate da graziose colonnine (in corrispondenza dei costoloni della cupola) che al disopra della loro trabeazione portano delle fiamme di pietra.

La copertura del lanternino ha, nella parte più bassa, tutto l'aspetto della base attica: infatti c'è un toro, una scoria e un toro più piccolo; al di sopra un elemento di forma quasi conica (nel senso che la generatrice è una curva) sostiene un piccolo ellissoide di metallo su cui sta la croce pure in metallo.

I lanternini delle cupolette angolari che sono sforati da sei finestre ciascuno, sono coperti da un elemento che termina con una piccola sfera.

Il campanile è diviso in due parti proprio in corrispondenza della sommità della chiesa e la parte inferiore è a sua volta suddivisa dalla trabeazione che separa le due zone della facciata della chiesa.

In basso c'è una finestra perfettamente uguale a quelle della casa e allineata con la prima fila di esse. Più in alto un'altra finestra, coronata da una cornice curvilinea, è allineata con quella del prospetto.

La parte inferiore del campanile con paraste angolari in pietra e riquadri in intonaco dello stesso colore di quello della chiesa, termina con una trabeazione perfettamente identica a quella del frontone della chiesa.

La parte superiore tutta in pietra s'innalza rientrando alquanto rispetto al filo della parte inferiore: lo spazio che rimane sulla trabeazione è occupato negli angoli da quattro grossi fioroni. In essa si possono pure distinguere due zone: l'inferiore con aperture circolari delle quali quella sul prospetto è chiusa dal quadrante dell'orologio (ora in disuso) e la superiore che è la cella campanaria con aperture chiuse superiormente da un arco a pieno centro e provviste inferiormente di una balaustra pure in pietra.

La cornice superiore in corrispondenza degli archi sottostanti è pure leggermente arcuata. Il campanile termina con una piccola sopraelevazione con quattro aperture circolari e con una movimentata copertura piramidale che però manca degli elementi conclusivi cioè della sfera e della croce forse caduti a causa di qualche temporale.

L'unico fianco libero della chiesa, quello che si affaccia su via del Pozzo (oggi via Andrea Vesalio), è finito in maniera molto semplice, fenomeno abbastanza comune nelle chiese del XVII secolo.

Esso è riquadrato da lesene in pietra che formano degli scomparti la cui superficie è intonacata nell'identico modo di quelli del prospetto.

In corrispondenza del braccio trasversale, tale fianco presenta una sporgenza, perché essendo l'area irregolare, l'architetto per evitare la formazione dell'angolo acuto, tracciò il primo tratto del fianco esattamente ortogonale alla facciata, e seguì l'allineamento della via solo dopo il suddetto risalto.

Sulla parte ortogonale si apre una porta, che formava un'uscita secondaria della chiesa.

 

 

Notizie storiche

 

Sulla parete destra dell'ingresso una lapide reca la seguente iscrizione:

A · M · D · G ·

CLEMENTE XI P · M · PHILIPPO VI HISPANIARVM, ET SICILIÆ REGE, TEMPLVM HOC VNIVS VIX ANNI SPATIO ABSOLV= TVM, ALTERO IAM RECVRREN= TE, ILLMVS: AC REVMVS: D·D· BAR= THOLOMÆVS CASTELLI

EPISCOPVS MAZARIENSIS, PRO SVA IN CÆLITES PIE= TATE, AC BENEVOLENTIA, SO= LEMNI, RITV CONSECRAVIT

DIE XXIV NOVEMB.

J 7 1 1

 

Questa è la più immediata notizia storica che permette di individuare con una certa precisione l'epoca di costruzione della chiesa di S. Francesco Saverio. Anzi l'iscrizione sopra riportata dà esattamente l'anno in cui la chiesa fu finita, cioè il 1710.

Per poter conoscere l'anno in cui fu iniziata la costruzione giova consultare questa fonte inesauribile di informazioni che sono i manoscritti del canonico A. Mongitore.

A pag. 137 del manoscritto che riporta tutte le notizie sulle chiese e case dei regolari2 il can. Mongitore scrive: La casa di cui si parla è quella di "terza probazione" e che, destinata ad ospedale dopo la cacciata dei gesuiti, rimase con tale destinazione fino al 1943.

L'antica chiesa si trovava esattamente di fronte all'attuale e dovette funzionare sino all'inaugurazione della nuova chiesa.

È facile arguire che la vecchia chiesa doveva essere un edificio di modestissimo aspetto, poiché oltre al fatto che non se ne trova nessuna descrizione nei manoscritti del Mongitore, non si potrebbe spiegare altrimenti la necessità di costruire una nuova chiesa, né l'approvazione data dal Collegio Romano.

Infatti in data 10 agosto 1670 il Collegio Romano scriveva a Palermo:

La pianta mandata da Sicilia rappresenta un'abitazione assai comoda per 25 o vero 30 persone ma quando non fosse per un collegio tanto numeroso, non veggo a che effetto si faccia una fabbrica tanto ampia. Circa la Chiesa, mi pare che sarebbe più proportionata se fosse più corta o vero più larga.

Data dal Collegio Romano 10 Agosto 1670.

 

Circa la precisa data d'inizio dei lavori della chiesa ci si può riferire ad un contratto, che si trova nel vol. 244 dell'Archivio di Stato di Palermo:

Die vigesimo octavo Septembris, Octavae Ind. Millesimo sexcentesimo octuagesimo quarto. Magister Vincentius Toscano et Matteus Rignone, mihi notario cogniti, praesentes c. n., una simul princopali et in solido se obligantes, tenore praesentis sponte se obligaverunt et obligant R.do Patri Jacobo Mariae Aprile Societatis Jesu ut Procuratori Ven. Domus 3ae Probationis eiusdem Societatis Jesu sub titulo S.ti Francisci Xaverii H. U. vigore praesentis manu publica c.tae etc. mihi cognito presenti et stipulanti vulgariter loquendo pro meliori facti intelligentia farci l'infrascritto servizzo cioè di cavare tutti l'appidamenti della chiesa da farsi di S. Francesco Xaverio di questa predetta città conforme si ci trazziranno e cavate insino alla rocca, misurate a ragione di Canna Cuba e trovandosi qualche voragine o fosso nell'appidamenti l'hanno da calare insino alla Rocca a richiesta del fratello Angelo Italia

Il contratto seguita specificando il prezzo convenuto, ma non c'è riportato nessun limite di tempo, sia d'inizio che di fine, comunque siccome con un altro contratto del 24 Settembre dello stesso anno si erano ordinate le 24 colonne dell'interno3 c'è da credere che i lavori siano cominciati subito.

Complessivamente quindi i lavori durarono dal 1684 a tutto il 1710.

Però questi venticinque anni non furono sufficienti a definire la chiesa così come è giunta fino a noi, poiché da altri contratti di cui l'ultimo è datato 13 Agosto 1743 si rileva che nel 1710 la chiesa era stata finita con semplici decorazioni di stucco, mentre il rivestimento marmoreo delle pareti del cappellone e dei due altari principali fu eseguito nel trentennio successivo.

L'autore del progetto della chiesa fu il converso dei Gesuiti Angelo Italia nato a Licata nel 1628 e morto a Palermo nel 1700. Questa attribuzione è quanto mai sicura per il fatto che in tutti i contratti per l'esecuzione dei vari lavori si specifica sempre che "l'infrascritto servizzo dovrà essere eseguito secondo dirà il fratello Angelo Italia".

 

 

Bibliografia:

 

S. LANZA, Nuovissima guida del viaggiatore in Sicilia.

G. PALERMO, Guida istruttiva della città di Palermo.

R. PIRRI, Sicilia Sacra.

A. MONGITORE, Storia sacra di tutte le chiese, conventi e

monasteri.

A. MANGANARO, La chiesa di S. Francesco Saverio e il suo

Architetto.

P. A. NARBONE, Annali siculi della Compagnia di Gesù.

E. CALANDRA, Breve storia dell'architettura in Sicilia.

MILANI e FASOLO, Le forme architettoniche.

A. VENTURI, Storia dell'arte italiana.

 

 

NOTE

1 Dal sommario richiamo eseguito i quattro bracci della croce risultano uguali sebbene non è da escludere che il cappellone dell'altare maggiore sia un po' più profondo degli altri.

2 A. Mongitore.

3 Contratto con B. Pampillona.

 

1. Altare maggiore in marmi policromi, opera di Giosuè Durante su disegno di Marino Garsia (1735) con bassorilievi di marmo bianco scolpiti da Vitale Tuccio. Sull'abside quadro della Annunciazione.

 

2. Cappella della Sacra Famiglia con pregevole quadro di ignoto.

 

3. Cappella di S. Francesco Saverio: decorazione in marmi mischi eseguita dai fratelli Pennino dal 1741 al 1743 e putti di M. Vitaliano. Il quadro è di scuola novellesca.

 

4. Statua lignea di S. Michele Arcangelo, opera del trapanese Antonio Rallo (1684), proveniente dalla chiesa di S. Michele presso Casa Professa.

 

5. Cappella di S. Rosalia (recentemente restaurato) di scuola novellesca.

 

6. Cappella di S. Calcedonio: con decorazione pittorica e scultore di T. M. Sciacca (XVIII sec.) il dipinto del santo è di Gaspare Serenario (1754).

 

7. Cappella di S. Ignazio di Loyola (fondatore della Compagnia di Gesù) decorata con marmi mischi della metà del sec. XVIII, con quadro del santo di autore ignoto.

 

8. Cappella del SS. Crocifisso, il fondo di essa è tassellato di legno ben lavorato e dorato con molte reliquie di santi.  2essa è tassellato di legn chiesa.htmlTEXTStMlTEXTStMlH>%wtable_pulldown-menu.GIF %x %y9  2ؗ2PMwp ک