Trascrizione della lettera di un missionario

Da Kisangani

07/04/97  

Questa mattina la radio ha annunciato una buona notizia: L'Alleanza (i nuovi padroni di questa parte dello Zaire) ha dato il permesso agli organismi internazionali di trasportare in Rwanda, via aereo, i rifugiati piu' gravemente ammalati. Speriamo cosi' di vedere presto la fine di un incubo. Credo che sia difficile per voi capire cosa stia succedendo qui da noi e, alle volte, mi viene da pensare che e' forse inutile cercare di   spiegarvi, di descrivervi... ma quello che ho vissuto e' troppo brutto e duro per poterlo portare da solo. La guerra e' incominciata all'estremo est dello Zaire: Uvira, Bukavu, Goma. A Bukavu e a Goma c'erano degli enormi campi profughi dove si trovavano insieme famiglie intere, giovani che avevano partecipato al genocidio del `94 e militari del vecchio regime, ben armati e preparati alla guerriglia; tutti Hutu. Tra gli scopi che i nuovi conquistatori (i Banyamulenge) si sono prefissi, c'e' quello di eliminare tutti coloro che hanno partecipato al genocidio e di respingerli il piu' lontano possibile dal Rwanda, affinche' non possano piu' rappresentare un pericolo per il Rwanda.

Ma come fare, dato che negli enormi campi profughi, militari e civili sono mescolati e che i militari usano i civili come scudo? Il modo piu' efficace e naturale messo in atto dai nuovi conquistatori e' quello di arrivare a ridosso dei campi e tirare, al mortaio o alla mitraglia, in mezzo al campo...in poche ore il campo si svuota e i profughi spariscono in foresta per poi riunirsi a venti, trenta chilometri piu' a Ovest, dove sanno che il nemico non e' ancora arrivato. E' cosi' che da Goma l'enorme campo di piu' di 250.000 persone ha incominciato a spostarsi verso ovest: Walikale, Amisi, Tingitingi, Lubutu, Ubundu, Obile, Lula - una ventina di km da Kisangani. Per molto tempo noi di Ubundu abbiamo creduto che saremmo stati risparmiati da questa tragedia, pensando che gli organismi internazionali avrebbero ben presto trovata una soluzione al problema dei profughi. A Osso, un ponte sulla strada tra Walikale e Lubutu, gli ex-FAR (i militari del vecchio regime Rwandese hanno, per diversi giorni, arrestata la inesorabile marcia dei "nuovi" e cosi' difeso il grande campo di Tingitingi (la signora Bonino ha visitato Tingitingi). Un giorno tuttavia la difesa ha ceduto... In un solo giorno l'enorme campo si e' svuotato, lasciando sul posto 20.000 ammalati gravi. Gli organismi umanitari erano tutti sul posto ma non hanno trovato il coraggio di restare e sono tutti partiti a Kinshasa. Dopo una ventina di giorni, quando gli organismi umanitari sono ritornati al campo di Tingitingi non restavano piu' che un migliaio di moribondi. Da Tingitingi verso ovest... ma dove andare per riuscire a sfuggire all'implacabile nemico che, da mesi ormai, da' loro la caccia? La grande citta' di Kisangani sembra inespugnabile: e' da qui che partira' la controffensiva zairese, da qui e' possibile scendere fino a Kinshasa, sul fiume ecc.ecc. Dunque, tutti verso Kisangani, a 250 km da Lubutu. Ma come vivere, cosa mangiare? Gli organismi umanitari sono ormai lontani, le razioni distribuite nel campo sono ormai esaurite...

E' cosi' che, affamati, stanchi, disperati, i 170.000 profughi che passano per Lubutu cominciano a devastare e rubare tutto sul loro passaggio: campi di manioca, granoturco, pecore, porci allevati dagli autoctoni ecc. Gli abitanti di Lubutu (circa 15.000 persone) fuggono in foresta spaventati. I Padri di Lubutu lasciano appena in tempo la parrocchia, che sara' completamente svuotata dal passaggio dei profughi. Sul ponte di Lubutu i nemici rispuntano fuori e tirano alla mitraglia sulla folla dei profughi: si parla di piu' di 15.000 che moriranno sul posto. Nel frattempo, le autorita' militari e civili di Kisangani prendono la decisione di impedire ai profughi di dirigersi verso Kisangani. Ma dove mandarli? Farli fermare sulla grande strada? Impossibile, perche' il nemico li avrebbe di nuovo caricati. E' cosi' che viene presa la decisione di dirigere tutto il gruppo verso Ubundu dove, si pensava, i nuovi non sarebbero mai arrivati. Subito, insieme alle autorita' cerchiamo di stabilire dove metterli... si decide per la pista di atterraggio costruita dalla parrocchia. Nessuno avrebbe potuto passare sulla riva sinistra del fiume Zaire, dove si trova il villaggio di Ubundu: tutti sulla riva destra, tra la pista e il fiume.

I primi arrivano e si installano: sono un migliaio, il primo giorno, cinquemila circa il secondo giorno e poi, poi.... chi riesce piu' a contarli? Sono piu' di 130.000. Subito il primo giorno, un gruppetto di responsabili attraversa il fiume, con la piroga: vogliono incontrare i responsabili civili, militari e religiosi di Ubundu. Ci informano della decisione che hanno preso di attraversare il fiume per fuggire piu' a Ovest. Si puo' leggere sul loro volto la paura, lo spavento, la disperazione, l'incubo del nemico che insegue, che ti bracca che ti vuole uccidere. Sara' cosi' per otto giorni: un unico discorso, ripetuto piu' volte al giorno: passare il fiume, fuggire verso Kisangani, Opala... sempre piu' lontano...fuggire per nascondersi, per sparire. Vado a visitare il campo, sulla riva destra del fiume: quanta gente! Che poverta', che miseria! Incontro tre sacerdoti... Le suore sono appena arrivate e si riposano ; sono arrivate a fatica, i piedi e le gambe gonfi. Prometto subito di informare il Vescovo di Kisangani che faccia qualche cosa per liberare i sacerdoti e le suore. In realta' non riusciremo a fare nulla. Il permesso di ritirarli dal campo avrebbe dovuto venire da Kinshasa, dal Ministero degli Interni.

Una precedente domanda era rimasta senza risposta. Nel campo stesso i responsabili non accettano volentieri che altri possano partire o fuggire; chi cerca di allontanarsi viene ripreso o ucciso. Nel frattempo gli aiuti alimentari cominciano ad arrivare. La pista e' veramente provvidenziale. Cibo e medicine cominciano ad arrivare; e' un aereo abbastanza grande che riesce ad atterrare e a decollare nei 650 m della nostra piccola pista e riesce a venire anche tre volte al giorno. Dall'altra parte, sulla riva sinistra del fiume il treno arriva pure con la farina di granoturco. Tutti aiutano, si danno da fare, si organizzano. I profughi possono mangiare, riposarsi, riprendere le forze... la speranza rinasce. Dopo otto giorni esatti i responsabili del campo decidono di passare il fiume: non e' piu' possibile rimanere sulla destra del fiume, bisogna attraversare e continuare a fuggire. Sono le notizie della radio a spingerli a prendere una tale decisione, notizie che riguardano l'avanzata del nemico verso Kisangani e Ubundu. Cominciano cosi' a passare chi in piroga, chi a nuoto, moltissimi aggrappati ad un pezzo di legno o di palma o su piccole zattere fatte con bambu' secco. Il fiume, a Ubundu, e' grandissimo, pericoloso anche per gli specialisti e i pescatori del posto. Ma la paura, lo spavento davanti alla morte, la speranza di riuscire a sfuggire il nemico, da' forza e coraggio a questi poveri, maledetti, condannati e dimenticati da tutti.

Il primo giorno sono circa 75 persone che muoiono annegati e i loro corpi si frantumano nelle rapide di Tubundubundu. Il secondo giorno sono piu' di 250 che annegano: il forte vento, durante un breve temporale, ha rovesciato piroghe e tutte le altre imbarcazioni di fortuna. Poi, non so piu' nulla degli annegati a Ubundu, perche' ho dovuto lasciare la parrocchia e rifugiarmi a Kisangani. Arrivato giovedi' sera a Kisangani...il sabato a mezzogiorno arrivano pure i "nuovi" i "liberatori". Kisangani presa, tutti i rifugiati di Ubundu sono ormai presi in trappola orrenda: la foresta e il fiume sono testimoni discreti di questo genocidio. Il campo si e' cosi' disgregato: i piu' forti hanno preso i sentieri verso Opala ad Ovest di Ubundu e verso Kisangani; i soldati ex-FAR, insieme ai militari zairesi in fuga, hanno lasciato il campo e si sono rifugiati, a piccoli gruppi, nell'immensa foresta attorno a Ubundu e verso Opala. I piu' deboli sono rimasti a Ubundu o lungo la strada tra Ubundu e Kisangani, lunga 125 km. Da giovedi' 13 marzo, fino a mercoledi' 2 aprile non e' stato possibile distribuire viveri ne' a Ubundu ne' lungo la strada verso Kisangani. A Ubundu, secondo testimonianze oculari, morivano in quel periodo cinquanta persone al giorno.

Oggi, domenica 6, non ci sono piu' rifugiati ad Ubundu ma i loro cadaveri restano insepolti, spesso, mangiati dai porci, tutto attorno al villaggio di Ubundu. Oggi , a Obilo, verso Kisangani, al 60° km, a Lula, i profughi arrivati la' nei giorni precedenti aspettano di morire o di essere aiutati dagli organismi umanitari, i quali solo l'altro giorno hanno finalmente ottenuto il permesso di intervenire. Ma ormai, dopo un mese senza cibo, senza medicine, senza aiuti, che cosa puo' restare di questo immenso campo di Tingitingi? Si parla di 100 morti al giorno. Un responsabile del PAM mi diceva ieri che i profughi, attualmente presenti in zona nei diversi campi, non superino le 80.000 persone. Altro problema; i nuovi militari vorrebbero che il restante dei profughi ritorni, a piedi, verso Ubundu, Lubutu, e arrivi al campo di Amisi nei pressi di Walikale. Da Walikale saranno poi trasportati n Rwanda...un modo pacifico di ridurre ulteriormente il loro numero, di filtrare il gruppo per purificarlo dagli elementi indesiderabili e tutto cio' lontano da occhi indiscreti, nel folto della foresta, o meglio ancora, ai bordi del grande fiume Ubundu.

Speriamo che questo piano diabolico non si realizzi e che gli interventi dall'alto possano risolvere in altro modo il rientro dei rifugiati. Giuseppe, ieri sera, per telefono, mi chiedeva se era possibile aiutarmi. Il piu' grande aiuto e', per il momento, quello di fare pressione sugli organismi internazionali perche' intervengano presso chi veramente detiene il comando e dirige le operazioni affinche' i diritti umani vengano rispettati. Cosa vale continuare a nutrire questa povera gente, se poi si lascia che sia sgozzata ai bordi dei diversi campi, come sta avvenendo in questi giorni ? Tutti sanno che tra questi 200.000 profughi si trovano gli Interahamwe (i gruppi armati genocidari) o gli ex-FAR (soldati del vecchio regime), ma quanti sono? Forse il 10%... Perche' allora dar la caccia agli altri, alle donne, ai bambini... perche' braccarli come bestie... solo perche' sono Hutu? Attenzione! La parola Hutu e', in swahili, Mtu che vuole dire "uomo", persona umana. Certo, e' vero che in questi giorni gli ex-FAR, fuggiti ad ovest nella foresta di Opala, molestano la gente, rubano, uccidono e mangiano carne umana...

Ma chi li ha ridotti cosi'? Perche' mai, durante cinque lunghi mesi, non si e' voluto arrivare ad una soluzione piu' umana del problema dei profughi? Ritornero' a Ubundu la settimana prossima ... se i nuovi padroni mi daranno il permesso. Trovero' la gente affamata perche' i loro campi sono stati distrutti dal passaggio dei rifugiati. Non so cosa potro' fare, ma almeno portero' medicine e, forse, un po' di conforto morale. Vi daro' altre notizie, spero, meno tristi. Vi abbraccio tutti con affetto.  

Kisangani,07-04-97