GRANDI LAGHI AFRICANI

Caritas Diocesana di Bologna - Centro Missionario Diocesano

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E' un servizio della Caritas Diocesana e del Centro Missionario Diocesano di Bologna per gruppi missionari e Caritas parrocchiali.

[Grida Burundi] [Aderenti alla campagna] [Notiziario N. 5]


Christophe Munzihirwa

Vescovo e martire. Prete secolare, poi religioso della Compagnia di Gesù, vescovo di Kasongo e poi vescovo di Bukavu (Congo), ove è stato assassinato il 29 ottobre 1996. Presentando alcuni aspetti della personalità di mons. Christophe Munzihirua, vogliamo ricordare il suo paese, il Congo, nuovamente nella guerra.

Un panegirico non serve. Tra l'altro, non sarebbe corretto da parte mia poiché, mentre era in vita non ho risparmiato critiche a mons. Munzihirwa sulla gestione della diocesi di Kasongo.

Detto questo non posso tacere su alcuni aspetti della sua vita e della sua opera, soprattutto in riferimento alla crisi attuale che sta vivendo il Congo e, più in generale, la regione dei grandi laghi africani. Mi sembra, infatti, che nella notte scesa su questa parte del mondo, Monzihirwa costituisca una luce e un punto di riferimento utili per il presente e il futuro.

Un uomo povero

La prima cosa che colpiva in Christophe Munzihirwa era lo stile povero di vita. Non ha mai considerato il mandato episcopale come mezzo per arricchire se stesso o la propria famiglia. Aveva due camicie uguali e due pantaloni, che lavava lui stesso e che metteva ad asciugare. Un modo di vivere, un modo di essere fatti servizio. Questo aspetto, che potrebbe sembrare irrilevante nella crisi della regione, è molto importante. Gli permetteva di denunciare chiunque commettesse violenze, ruberie, che tramasse dietro le quinte contro il paese, che non adempisse gli impegni assunti. Ha denunciato la gestione degli aiuti, compiuta dall'Alto commissariato per i rifugiati (Hcr) e da altri organismi umanitari, con grande libertà: gli aiuti rischiano di trasformarsi in un grosso affare. Finché ci sono profughi, c'è speranza, dichiarava. Non ha mai agito per interessi personali, ma solo ed esclusivamente per i rifugiati. Povertà e libertà. Poteva parlare liberamente perché non aveva nulla da perdere. Non era ricattabile.

Un uomo amante della verità

Contro tutte le ipocrisie, Munzihirwa ha sempre parlato chiaro e forte. Ha tempestato di lettere i responsabili degli organismi internazionali: Butros Ghali, la signora Ogata, il presidente Mitterrand, il card. Daneels (Pax Christi), dicendo sempre quello che pensava, riferendo quello che vedeva stando sul posto. Non ha mai sprecato parole. Il suo parlare e il suo scrivere erano scarni, diretti:

" Cristiani, anche se non riusciamo a impedire le violenze, dobbiamo comunque disapprovarle, sempre. Bisogna saper dire no, un no totale. Anche se non riusciamo a sciogliere i nodi gordiani dell'ipocrisia, dobbiamo comunque denunciarli, sempre. Bisogna saper dire no, un no altrettanto totale (Bukavu, 3 agosto 1994). "Sento che si vogliono rimpatriare di forza i rifugiati, o almeno che si forza l'HCR a non assisterli per obbligarli a rientrare. Un simile atto sarebbe un crimine contro l'umanità se non ci si impegna a stabilire la pace vera e la sicurezza ai rifugiati che accettano di rientrare. L'azione dell'Hcr è caratterizzata da un'inefficienza palese, dovuta alla disorganizzazione e, forse, alla cattiva volontà di alcuni suoi operatori" (al Segretario dell'Onu, 24 luglio 1994). Ha denunciato le macchinazioni delle potenze occidentali e le ambizioni dei capi di stato, in particolare di Uganda e Ruanda, sulla regione, il disinteresse per le persone. Purtroppo i fatti del 1996 e quelli attuali confermano la lucidità della sua analisi. La prima causa di quanto sta accadendo è la menzogna, dichiarava. Quanto ha detto e scritto non deve perdersi, servirà per capire e scrivere la storia del paese e della regione.

Fino alla fine

Il non cercare nulla per sé, il fatto di avere solo due camicie da difendere, oltre alla verità, ha fatto sì che mons. Christophe Munzihirwa si trovasse al suo posto il momento giusto. A certi appuntamenti con il martirio, non importa se religioso o laico, ci si arriva solo dopo un lungo esercizio e un'abitudine alla coerenza. Esistono tante vie d'uscita, tante scuse per essere sempre altrove, magari per un bene superiore, se uno vuole. Commentando con amici e confratelli le ultime lettere scritte al suo popolo e alla Radio Vaticana ci siamo detti: Christophe sta firmando la sua condanna a morte. Una persona mi ha riferito che alcuni giorni prima della sua uccisione l'aveva consigliato a rifugiarsi in un luogo più sicuro. Ha rifiutato. Nel vuoto di potere, creatosi a Bukavu, Munzihirwa era diventato un riferimento anche per la società civile, oltre che per la chiesa. Uno dei suoi ultimi appelli reca, infatti, la firma: Christophe Munzihirwa, moderatore del Movimento per la difesa del Kivu.

La vita e la morte di mons. Munzihirwa realizzano in pieno il concetto di missione: l'amore per la gente, il culto della verità, nel Dio dell'amore e della verità, fino alla morte.

ALCUNI BRANI DI LETTERE DEL VESCOVO CHRISTOPHE MUNZIHIRWA


Bologna, 14 settembre 1998 Rielaborazione di un testo di R.B.