Un caldo inquietante

Il quattrocentonovantadue si fa attendere per troppo tempo dalla mia compagna di presidio e mi avvio da solo a prendere l'armamentario che si aggiungerà al mio solito fardello informatico. Il doppio zaino mortale stavolta è obbligatorio, ma non mi pesa. A fare il resto ci pensa il prosecco offerto dall'amico U che mi scalda lo spirito e mi allieta. A scaldare il corpo - se mai ce ne fosse bisogno - ci pensa questo inquietante clima estivo che non si è accorto che novembre è già iniziato.
Lei arriva e ci incontriamo a metà strada. Al presidio, sul marciapiede accanto al nostro spazio, è seduta una coppia di signori, ci chiedono che facciamo e chi siamo. Gli rispondiamo e sono d'accordo con noi, ci sostengono. E' bello che quasi tutte le sere sembra ci sia qualcuno lì ad aspettarci e a darci il benvenuto. Il lui della coppia nota il sindaco poco distante da noi mentre sale sulla sua macchina blu, che in realtà è grigia. Il primo istinto è chiamarlo per invitarlo a firmare per il ritiro delle truppe. Non facciamo in tempo nemmeno a pensarlo che già è sgommato via. Come prima reazione mi dispiace, poi rifletto e
forse non è poi una grossa perdita per noi.
Passa un'amica jugoslava, sta in Italia dal '91 a causa della guerra e fa la critica d'arte. Ci dà qualche dritta per rendere più efficace la comunicazione di artundici con la stampa, promette di aiutarci e di collaborare all'organizzazione di qualche evento artistico al presidio.
Nel frattempo ci raggiunge anche la semi-dissenziente. Ci rifoccilla con un dell'ottima pizza. Si mangia, si chiacchiera. Arriva anche la birra e uno degli uomini in blu passa davanti a noi e ci saluta.
Stasera c'è poca gente per la strada, ipotizziamo siano tutti presi nel
vortice della tempesta mediatica per le elezioni USA.
Più realisticamente ci sono le partite di Champions League.