Il buon ladrone
Nella cupa cappa di violenza e bugiardo scetticismo che avvolge la Crocifissione, l’episodio del buon ladrone apre uno squarcio di pietà e verità. La vicenda ci è tramandata dallo scrupoloso Luca, medico di cultura greca, che, tra il 70 e l’80, sulla base delle sue accurate ricerche svolte con metodo storico, scrive nel capitolo 23, versetti 33-43: “Quando giunsero al luogo detto Cranio, là crocifissero lui e i due malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. Gesù diceva: “Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno”. [...] Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: “Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!”. Ma l’altro lo rimproverava: “Neanche tu hai timore di Dio e sei dannato alla stessa pena? Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male”. E aggiunse: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”. Gli rispose: “In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso”. Il buon ladrone dunque si salva perché ha il coraggio di pro c l a m a re la verità su se stesso e su ciò che gli accade intorno (il proprio fallimento di vita, quello del suo compagno di sventura e l’innocenza di Gesù) e di appellarsi all’unica Persona capace di valorizzare per l’eternità questo estremo gesto di onestà e consapevolezza, ossia Gesù stesso. Ma chissà qual è stata la storia precedente di quest’uomo che si è così meritato anche una citazione nel libro più letto del mondo? Il cinema, nel suo continuo sforzo di tradurre in immagini l’invisibile, ha provato a raccontarcela e ci ha dato il film Il ladrone, del 1980, di Pasquale Festa Campanile, tratto dal libro dello stesso regista, in cui Enrico Montesano interpretava Caleb, una simpatica canaglia che al tempo di Gesù si guadagna da vivere, vagabondando di villaggio in villaggio, con piccoli furti e truffe mascherate da magie. Anzi, Caleb si sente proprio un mago e non può che guardare con ammirazione ed invidia a quel “Collega” che gli ha rovinato la piazza con i suoi miracoli, diventando così celebre. Decide allora di seguirlo per cercare di capirne e carpirne i “trucchi” ed utilizzarli in prima persona, ma finisce col provarli maldestramente, senza citarne la “Fonte” (come fece invece l’altro collega autorizzato direttamente da Gesù in Marco, 9,39: “[...] Non glielo proibite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito dopo possa parlare male di me.”), con chi non si lascia ingannare come gl’ingenui abitanti dei villaggi, ma si vendica, facendogli pagare con la crocifissione anche oltre le proprie colpe. In fondo, quando ci accade questo nella vita e quando ci riconosciamo consapevoli dei nostri limiti, ci battiamo, nonostante ciò, contro le ingiustizie e ci rivolgiamo all’unica Persona in grado di valorizzare i nostri tentativi di miglioramento spirituale e materiale in questa e nell’altra vita, tutti noi ci riconosciamo nel buon ladrone; ecco perché, forse, il nostro Arcivescovo si è ispirato alla sua parabola di vita nel proporre la riformulazione dell’Atto di dolore...
Ah, dimenticavo: ecco che cosa scrivono in proposito gli altri Evangelisti. Marco, che compone per primo il suo Vangelo, annota nel capitolo 15, versetti 27-32: “Con lui cro c i f i s s e ro anche due ladroni, uno alla sua destra e uno alla sinistra. I passanti lo insultavano e, scuotendo il capo, esclamavano: “Ehi, tu che distruggi il tempio e lo riedifichi in tre giorni, salva te stesso scendendo dalla croce!” Ugualmente anche i sommi sacerdoti con gli scribi, facendosi beffe di lui, dicevano: “Ha salvato altri, non può salvare se stesso! Il Cristo, il re d’Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo”. E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano. Matteo, il cui Vangelo è contemporaneo di quello di Luca, scrive in 27, 38- 44: “Insieme con lui furo n o crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra. E quelli che passavano di là lo insultavano scuotendo il capo e dicendo: “Tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso! Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce!”. Anche i sommi sacerdoti con gli scribi e gli anziani lo schernivano: “Ha salvato gli altri, non può salvare se stesso. È il re d’Israele, scenda ora dalla croce e gli crederemo. Ha confidato in Dio; lo liberi lui ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti: Sono Figlio di Dio!”. Anche i ladroni crocifissi con lui lo oltraggiavano allo stesso modo. Intorno all’anno 100, infine, Giovanni, eppure testimone oculare della Crocifissione con Maria, a sua volta, a quanto pare, una delle principali fonti testimoniali di Luca, r i c o rda solamente e semplicemente, nel capitolo 19, versetti 17-18, che: “Essi allora presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo del Cranio, detto in ebraico Gòlgota, dove lo crocifissero e con lui altri due, uno da una parte e uno dall’altra, e Gesù nel mezzo.” In pratica, Marco e Matteo negano la bontà del ladrone, mentre Giovanni non si pronuncia né in un senso né nell’altro, limitandosi a confermare solo la presenza dei due ladroni. In ogni caso, a me questa pagina di Luca piace moltissimo perché dona speranza ed è questo, forse, ciò che più importa, poiché, al di là dei problemi posti dai limiti umani delle Scritture, di cui pure bisogna essere coscienti, occorre coglierne lo Spirito che dà loro vita e che in questo caso è dato dalla fiducia incondizionata da avere nella miseric o rdia di Dio, che è infinitamente più grande dei nostri peccati e delle nostre debolezze. PERPETUA