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La parola ai lettori

Settembre 2007

La parola ai lettori

Carissimo don Tonino,
scusami se ancora una volta ti disturbo, se per l’ennesima volta busso alla porta del tuo episcopio, da te lasciata sempre aperta per chi vuol chiedere aiuto. In questa sera che volge al termine, con le ombre della notte che rapidamente vincono la luce, vengo a ringraziarti. Vorrei ringraziarti per la tua confessione sul diaro dei giorni da te trascorsi a Sarajevo. Tu eri lì, tra i mortai e le mine, a seminare speranze, a colorare sogni. Vibranti e profetiche furono le tue parole a sperare oltre ogni speranza, a sognare oltre ogni alba infiammando i cuori e scuotendo le coscienze. Eppure sul tuo diario hai scritto “Poi la sera resto solo e piango”. Accade spesso in una società dai rapporti sempre più chiassosi e superficiali. La sera, spente le ultime luci, si rimane soli. Tutti spariscono. Mentre restano i ricordi, le immagini, della giornata. E spesso non sono solo belli. E pesano, pesano interamente. In alcune sere pesano tanto, troppo. E l’angoscia ti pervade. Un po’ alla volta qualcosa sale su per la gola, come un morso bruciante. E alla fine scoppia in un pianto ininterrotto. Immensi lacrimoni scendono e rigano il volto. Ti giri intorno. Nulla, nessuno. Ti volti verso quel letto deserto e vuoto e senti sempre più l’immensità della solitudine. Una carezza, un abbraccio, un gesto di umano calore, per sentire il battito di un cuore, la tenerezza e la dolcezza di una persona. Una persona con la quale condividere i tenui raggi della luna e il bagliore delle stelle, le gioie e le incomprensioni della giornata appena trascorsa, le speranze e i timori di quella che verrà. Ma non c’è nessuno, la stanza è tremendamente vuota. E piangi, piangi senza fermarti. Tutti i dubbi e le paure ti assalgono e una fragilità terribile ti distrugge. Ti senti svuotato di ogni certezza e totalmente inutile, tremendamente inutile. Pensi che sia colpa tua, solo tua. E di non valere nulla, nulla di nulla. Poi ... poi arriva la tua incredibile confessione. E scopri che ti sbagli, che non sei l’unico. E se persino tu, caro don Tonino, profeta della speranza e sentinella sempre vigile dell’alba, hai avuto momenti di sconforto, momenti di pianto quasi disperato, allora c’è speranza anche per noi. C’è speranza anche per noi, “naviganti con il timone rotto”, come canta il poeta, nelle nebbie della vita sempre più persi e disperati. Grazie don Tonino, grazie per averci riportato sui giusti sentieri, sulla diritta via. Quella via che, inesorabilmente ( e mi sembra quasi di sentirla la tua voce di dolce rimprovero per non averlo capito prima ) non può che portarci in un giardino, che dovrebbe esserci familiare, su un monte, il Getsemani. E qui ritrovare una persona che dovremmo conoscere, quel giovane ragazzo di Nazareth diventato uomo che si prepara al più grande dei sacrifici, Gesù. Aprendo il Vangelo leggiamo che anche Lui ha pianto quella notte. Era angosciato tanto da sudare sangue. Ma il dolore durò poco, l’angoscia svanì in alcune ore. Perché il dolore approderà alla gioia del “giorno dopo il Sabato”, quando le lacrime verranno asciugate. Coraggio allora! Coraggio don Tonino! Non è mai finita e non può mai finire! Dopo tre ore sul Calvario non è forse “divieto di sosta”? E mai saremo soli. Così come nella solenne notte c’è sempre un angelo che dona conforto. Non tema il nostro cuore, non si angosci il nostro animo. Non dobbiamo avere paura. “Aprite, anzi spalancate le porte a Cristo” e Lui, che ben prima e più di noi ha sofferto angoscia e solitudine, ci donerà dolcezza, tenerezza e calore umano, anzi di più,... divino ...
Grazie don Tonino. E buonanotte.

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