Pellegrina in TerraSanta
Il viaggio in Terrasanta è il desiderio più intimo di ogni cristiano. Se la nostra religione è principalmente l’incontro con una persona, Gesù, visitare quei luoghi ha il significato del ripercorrere le tappe della Sua vita, il gusto del conoscere i posti dove è nato, cresciuto e dove ha concluso la Sua esistenza terrena. Il mio viaggio è stato rimandato più volte sia perché, come è noto, quella area purtroppo non gode di una tranquillità politica e quindi le partenze stabilite coincidevano con il risveglio di tensioni, sia perché non si è mai davvero pronti per un viaggio del genere. Si vorrebbe aver raggiunto una maggiore maturità spirituale per essere certi di poter godere a pieno del privilegio di agire un po’ come San Tommaso, ossia di mettere il dito nel costato di Gesù e quindi di approfondire la Sua persona e l’incontro con Lui. Del resto Papa Paolo VI diceva che il viaggio in Terrasanta è “il viaggio dei viaggi”, un po’ come leggere “il quinto Vangelo”! Finalmente lo scorso aprile è arrivata l’occasione giusta ed ho aderito al pellegrinaggio della diocesi di Roma guidata dal Card. Ruini. Dopo l’arrivo a Tel Aviv ed una prima sosta nei pressi di Haifa al Monte Carmelo dove vi è la grotta del Profeta Elia e dove nacque l’ordine carmelitano, il viaggio è iniziato dalla Galilea, ossia dai luoghi che hanno visto Gesù bambino e dove è iniziata la sua predicazione. L’emozione di giungere a Nazareth è davvero intensa. Del resto, a ben riflettere, tutta la nostra fede è concentrata lì. Attraverso il mistero dell’incarnazione, da lì tutto ha avuto origine. Infatti all’interno della Basilica dell’Annunciazione vi è un cippo che reca la sconvolgente iscrizione “HIC verbum caro factum est”. Intorno alla detta chiesa si snoda armonicamente un souk arabo attraverso il quale è piacevole perdersi, tanto le guglie della Basilica costituiscono sempre un punto di riferimento, come a voler ricordare che Cristo è sempre il nostro faro, a dispetto delle strade che ci troviamo a percorrere durante la nostra vita. Da Nazareth è stato molto interessante visitare i luoghi della predicazione e ritrovarsi di fronte a quel lago di Tiberiade o di Cafarnao o Mare di Galilea che tanto compare nei Vangeli.Mi si è presentato davanti in tutta la sua calma e quiete in una giornata di un azzurro intenso. La pace che mi ha trasmesso è stata immensa. Mi affollavano la mente le reminiscenze evangeliche, mi sembrava di vedere Gesù sulla riva con i discepoli. E pensare che quel luogo così sperduto, così capace di infondere serenità ha contribuito a cambiare il corso della storia dell’uomo! E poi Cafarnao e la casa di Pietro, Tagba luogo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, il Monte delle Beatitudini ed infine Cana fanno toccare con mano quanto la nostra fede abbia anche fondamento storico. Il viaggio continua attraversando il deserto di Giuda e la Cisgiordania alla volta di Betlemme. Dopo un susseguirsi di varietà paesaggistiche, avvisto ormai in tarda serata le mura di Gerusalemme. Mi sento come un pellegrino che ha inseguito per anni la meta e finalmente se la vede comcretizzare dinnanzi. Betlemme è solo a pochi chilometri dalla Città Santa, ma in seguito all’ultima Intifada bisogna attraversare, per accedervi, un check-point attraverso il cosiddetto “muro di Sharon”.
Tocco con mano le contraddizioni di questa terra, crogiolo di culture e religioni diverse che, a fatica, cercano di convivere. È davvero toccante visitare la Basilica della Natività, oggi tenuta dagli ortodossi, al centro di Betlemme, ossia nel cuore della cittadina araba palestinese e inginocchiarsi dinanzi a quella “mangiatoia”. Finalmente approdo a Gerusalemme, a conclusione e compimento di questo percorso anche spirituale. La visita non può che iniziare dal cosiddetto Muro del Pianto, tanto sacro agli Ebrei. Non mi lasciano entrare con simboli cristiani, qualcuno mi consiglia di nasconderli. Assisto ad una cerimonia di Bar Mitzvà, paragonabile alla nostra cresima. Tutti vestiti a festa, con in mano i rotoli della Torà. Sembra strano, ma attraverso la grande piazza antistante il Muro vi è l’accesso sorvegliato alla Spianta delle Moschee, ossia al luogo sacro per i Musulmani, perché vi sono la famosa Moschea di Omar con la Cupola d’Oro e la Moschea di Al-Aqsa. Ovviamente non è permesso l’accesso ai non musulmani. Quello che mi colpisce da subito è la netta suddivisione tra aree musulmane e aree ebre quasi a voler confermare la difficoltà sempre più crescente di un dialogo fra i due popoli. Invece i segni del passaggio di Cristo sono dappertutto, come testimonianza viva del grande e rivoluzionario messaggio di amore e fratellanza predicato dal Cristianesimo. Il cristiano si apre agli altri, è disponibile al dialogo, accetta il diverso. A Gerusalemme l’ho capito ancora di più. Infatti la Chiesa del Santo Sepolcro è sostanzialmente ai confini col qauartiere arabo, sembra un contrasto ma è invece un bellissimo e toccante esempio di presenza unificante di Cristo. Che emozione entrarvi, è costituita da un insieme di cappelle affidate alle varie confessioni cristiane: greci ortodossi, copti, armeni, costruite sul luogo del Monte Calvario. Nella cappella greca ortodossa vi è conservata la pietra del sepolcro. Esco visibilmente scossa e sento il richiamo alla preghiera del muezzin dalla vicina moschea di Omar! I quartieri arabo e cristiano si fondono tant’è che l’esperienza della Via Crucis è davvero straordinaria. Vedere questa croce di legno portata a mano dai pellegrini passare in mezzo al souk, tra persone di fede diversa che continuano a fare acquisti e neanche si accorgono della celebrazione del mistero che sta avvenendo, tra gente che invece che si sofferma a guardare, tra suoni e rumori diversi ed odori intensi di spezie che però non distraggono, dà il senso della forza e della grandezza della nostra religione. Mi sono recata con trepida emozione al Monte degli Ulivi e al Getsemani, la Chiesa di San Pietro in Gallicantu accanto alla quale vi è la scala in pietra che sicuramente Gesù ha persorso portato dall’orto degli Ulivi al Sinedrio. Sul colle di Sion vi è il Cenacolo che rappresenta ancora un simbolo della apertura cristiana alla pacifica convivenza. Infatti è emozionante notare come la sala del Cenacolo oggi si presenti al primo piano di un edificio che reca al piano terra la tomba di David, sacra agli ebrei e sovrastata da un minareto! Ma a Gerusalemme vi sono ovviamente segni anche della presenza della Vergine Maria, è toccante la Chiesa della Dormizione di Maria. È difficile rendere a parole quanto provato camminando per le via di questa città. Gerusalemme è una città che non si vorrebbe mai lasciare, forse perchè inconsciamente non vorremmo distaccarci dai segni tangibili della presenza di Cristo. La difficoltà della nostra fede è spesso nel silenzio di Dio, nel non poterlo vedere. Ebbene il fascino di Gerusalemme è il poter “vedere” la Sua presenza tra noi. Riparto alla volta di Emmaus e sento nel mio cuore echeggiare le parole dei due discepoli in cammino “Resta con noi Signore perché si fa sera ed il sole ormai tramonta”.
Lucia