In ricordo di Pasquale Morosini
Michele Del Monte
Settembre 2008
Un anno fa, il 5 ottobre 2007, all’età di 75 anni, moriva Pasquale Morosini. Nato a Casalbordino nel 1932, giovanissimo giunse a Emmendingen (Germania) dove lavorò come operaio presso una fabbrica di ghisa e successivamente, nel 1964, si trasferì a Torino e qui fu assunto dalla Fiat.
Pochi sono i casalesi che lo ricordano o che lo hanno conosciuto personalmente. Tornava tutti gli anni a Casalbordino per rendere omaggio alla tomba dei genitori ma la sua sosta durava solo poche ore; avevo la sensazione che volesse fuggire e salvaguardare così i ricordi cristallizzati dell’infanzia.
La sua passione è stata la scrittura a cui si è dedicato, con maggiore intensità, soprattutto dopo il pensionamento. Ricca è la sua produzione: poesie, poemi ed alcuni romanzi, tra cui uno ambientato nella Torino operaia degli anni sessanta ed oggi conservato nell’Archivio diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano (Ar) già oggetto, insieme con altre opere lì custodite, di una tesi di laurea intitolata Migrazioni ed esili in Inghilterra e nelle Americhe: memorie nell’Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano (Arezzo) e discussa da Raffaellina Ferrante presso la Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell’Università degli Studi di Salerno. Inoltre, alcuni brani di questo stesso romanzo sono apparsi nella rivista del Sindacato pensionati Italiani della Cgil, LiberEtà, nel numero di maggio 2005 alle pagine 49-51.
È stato invece pubblicato nel 1980, dall’Editrice Italia Letteraria di Milano, Un mestiere per Pasqualino inserito nella collana Narrativa per ragazzi. I numerosi tagli apportati allo scritto da parte dell’editore hanno suscitato in Pasquale una profonda amarezza giustificata dall’intenso legame con quest’opera revisionata e aggiornata fino all’ultimo.
Nell’introduzione, oltre alla dedica ai ragazzi, sono esplicitate le finalità del libro:
“con questo scritto desidero riportarvi in quell’ambiente che, anche se era pieno di disagi, era anche pieno di uomini d’estro e di abilità, di uomini capaci che dedicavano tutta la loro anima, tutte le loro forze a quei lavori manuali, perché fossero sempre più belli, più fini, più artistici, più nobili in quell’ambiente tutto pieno di colore, di fantasia e di umiltà che inconsapevolmente il suo continuo sviluppo va via via aggredendo fino alla sua completa estinzione. Per riportarvi in questo ambiente, convinto che il luogo dove sono nato e vissuto fino a tutto il tempo per imparare un mestiere sia proprio un classico dell’artigianato di una volta, mi sono orientato descrivendovi fatti, luoghi, lavori e modi di vivere della gente che abita nel mio paesello, un antico, vecchio, tranquillo e laborioso paesetto d’Abruzzo”. (p. 12)
Sullo sfondo, con le sue “stradette strette strette e piene di ciotoli, con i paesani sempre così allegri, ciarlieri, generosi e ancora rusticamente vestiti come in un vivace quadro naif” (p. 5) c’è la Casalbordino degli anni Cinquanta rivisitata con gli occhi dei ricordi e della fantasia propri dell’autore - “ragazzo baldanzoso, invadente e irrequieto” - che si aggira spensierato “con le toppe nel sedere dei calzoni, pieno di allegrezza, di fantasia e di speranze”. (p.15)
Un desiderio ha accompagnato Pasquale per tutta la vita: dare alle stampe le sue opere e soprattutto la versione integrale di Un mestiere per Pasqualino. Desiderio finora irrealizzato perché nessun editore si è assunto la responsabilità di finanziare la pubblicazione e nessuna istituzione si è mai interessata alle richieste avanzate dall’autore. Purtroppo la morte ha impedito a Pasquale l’avverarsi del suo sogno che oggi, con maggiore vigore e forza, sarà inseguito dai familiari e dagli amici tutti.