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Vite in cammino

La nostra comunità ha avuto la gioia di ospitare Don Giovannibosco Habarugira, sacerdote del Burundi, in Italia da alcuni anni per studiare filosofia. Durante le sue permanenze in paese abbiamo avuto modo di apprezzare le sue grandi qualità intellettuali ed umane.
Conseguita la laurea lo scorso giugno, Don Giovannibosco è in procinto di ripartire per la sua patria, desideroso di occuparsi della formazione di nuovi sacerdoti nel Seminario che andrà a dirigere.
Come ci ha detto lui stesso, è felice di tornare a casa per contribuire a diffondere la Verità che ha tanto cercato nei suoi studi e che ha cambiato la sua vita.
Certi che riuscirà a svolgere la sua missione con sapienza e fervore, gli auguriamo di fare breccia anche nelle menti più critiche!
Prima di partire, ha voluto salutarci così….
Novembre 2010

“Ero straniero e mi avete ospitato” Mt25, 35.
don jean

Quando si parla degli stranieri in Europa e in Italia, si intende gli immigrati, spesso clandestini, venuti alla ricerca di una possibilità di vita migliore materialmente parlando, per loro e le loro famiglie. Ma ci siamo anche noi, immigrati regolari venuti alla ricerca di una luce per illuminare i nostri popoli, e, per noi consacrati, per essere più utili alla nostra grande Famiglia spirituale. Di noi non si parla perché anche noi non diciamo niente alla stampa. Ora, alla vigilia della mia partenza definitiva dall’Italia, vorrei darvi le mie impressioni da sacerdote che ha conosciuto la comunità di Casalbordino.
Arrivato a Roma per la prima volta il 9 luglio 2006 (giorno della finale del mondiale vinto dall’Italia contro la Francia), senza conoscere nessuno, né nessuna parola italiana, sono venuto con una missione precisa con tre obiettivi: conoscere la lingua italiana e altre lingue utili per la comunicazione e lo studio, studiare, conquistare una Laurea in Filosofia e fare una esperienza pastorale che mi potesse aiutare nella mia missione in Burundi; infatti, mi sono sempre sforzato di essere più un sacerdote studente, che uno studente sacerdote. Questo è stato il mio impegno per quattro anni. Dello studio della filosofia e della lingua italiana, non faccio nessun commento. Lo studio è andato bene, ho conseguito la Laurea e mi faccio capire senza nessun problema in Italiano. Mandandomi in Italia, durante una piccola festa organizzata ad hoc, il mio vescovo mi ha detto pubblicamente “ Puoi anche tornare senza diploma; però torna buon sacerdote come ti conosciamo”. Mi sembra, perciò, più opportuno che insista sul terzo o forse primo impegno a proposito dell’esperienza pastorale a Casalbordino. Cosa ho imparato? Che ricordo avrò della comunità? Quale ispirazione per la mia chiesa?
Prima di venire a Casalbordino, ho frequentato parrocchie a Napoli, Taranto, Palermo e Brescia. A chi non si è mai ritrovato all’estero per un lungo periodo, farei questa confidenza: essere forestiero è già una povertà in sé, perché, lasciando la propria terra, si lasciano la famiglia, la patria, gli amici, la cultura, le abitudini, per esempio il cibo preferito, il clima, la propria lingua materna etc.
Ogni gesto da parte dei cittadini comunitari, ogni loro parola, ogni loro atteggiamento o sguardo è interpretato secondo questa condizione psicologica, e, a seconda che questi gesti siano positivi o negativi, ci si sente più o meno forestiero, perché ti fanno dimenticare di esserlo oppure no. Vi posso confessare che mi sono sentito meno forestiero in Italia in generale e a Casalbordino in particolare. Un amico venuto trovarmi a Roma dalla Svizzera, dove studia da quattro anni, mi ha detto che non è mai stato invitato a casa di nessuno, non ha mai ricevuto neanche una chiamata da uno Svizzero. Le rare volte che ha parlato con un cittadino svizzero, la conversazione è durata poco più di due domande, sempre le stesse: quando sei venuto? E quando vai via? Io, invece, ho trovato tanti amici; ho visto con miei occhi la parola di Dio realizzarsi, anzi applicata su di me: ero straniero e mi avete ospitato, avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo freddo e mi avete coperto (non avevo mai visto l’inverno!), non parlavo bene la vostra lingua e vi siete sforzati con pazienza di capirmi, rendendo viva questa parola di San Paolo: “ La carità è paziente (1co13,3) e non cerca il suo interesse (1co13,5)”. Vi porto con me nel mio Burundi e, insegnando filosofia dalla settimana prossima, insisterò su ciò che voi mi avete insegnato con quest’esperienza indimenticabile: la filosofia dell’amore fraterno. Bene-dire è proprio del Cristiano, soprattutto quando si tratta della verità.
Ringrazio di cuore Don Silvio e le famiglie che mi hanno ospitato, gli amici che sono venuti a Roma per starmi vicino il giorno della mia Laurea (quanto erano numerosi! Più dei miei connazionali) e tutta la comunità per la sua testimonianza. Vi bene-dirò davanti ai miei fratelli perché abbiano una idea giusta di voi, visto che pensano che non c’è più Fede in Europa.
Mi ricorderò sempre della comunità del SS Salvatore di Casalbordino, come una comunità viva, dinamica, attiva. Non avevo mai visto una vita spirituale cosi intensa nei giorni santi, non avevo mai assistito a delle preghiere fatte con devozione come quelle che la comunità ha fatto a Pasqua, non avevo mai preso parte ad una processione così partecipata e preparata con Gesù morto il venerdì santo, né sentito tante preghiere antiche di devozione mariana o dedicate ad un altro santo. Mi impegnerò a tradurre nella mia lingua almeno alcune litanie. Secondo me, siete una comunità bella, ma soprattutto dinamica, viva e missionaria, come il suo parroco Don Silvio.
Vi invito a venire a scoprire la mia Chiesa burundese, non sarete delusi e scoprirete che i ragazzi sono più numerosi delle persone adulte e che non ci sono i cristiani che trascurano la Domenica per scelta o abitudine. Questo, purtroppo, è l’unico aspetto negativo della vostra comunità, ma anche della Chiesa Europea in generale: vi prometto di pregare per voi con questa intenzione.
Quando sarò parroco, imiterò la comunità del SS Salvatore nell’impegno per la missione, nel rendere più bello l’altare del Signore e tutta la chiesa, nel predicare questa solidarietà con ogni persona, soprattutto la più bisognosa. Il Signore benedica Don Silvio e la sua comunità.
Don Jean Bosco HABARUGIRA, Burundi