A Casalbordino c’è ... Vitafelice per tutti
Maria Montessori riuscì a preparare per l’esame di quinta elementare bambini considerati affetti da gravi disturbi mentali e psichici. Al termine dell’esame questi bambini ottennero risultati superiori agli altri. Davanti a bambini che vivevano oltre i margini della società di inizio Novecento Maria Montessori capì che avevano diritto ad una possibilità che finora non avevano avuto, che ogni persona ha un suo valore ed è unica, speciale.
Cesare Beccaria scrisse in “Dei delitti e delle pene” che “... il piú sicuro ma più difficil mezzo di prevenire i delitti si è di perfezionare l'educazione”. Quell’educazione che deve ad ognuno di avere una seconda possibilità, di potersi riscattare e tornare nella società. L’Abbé Pierre è famoso per la fondazione e la diffusione nel mondo delle Comunità di Emmaus, la cui nascita vien fatta risalire all’insurrezione della bontà lanciata con l’appello a Radio Lussemburgo del 1° febbraio 1954 (“Amici miei, aiuto! Una donna è morta assiderata alle 03:00 di questa mattina. In mano aveva ancora il documento con cui il giorno prima le era stato notificato lo sfratto”). Ma, in realtà, la prima scintilla è della fine del 1949, quando accolse in casa sua Georges. Accusato di aver ucciso il padre, Georges aveva scontato vent’anni di lavori forzati a Parigi. Al ritorno, ammalato e disperato, aveva tentato di togliersi la vita. L’Abbé Pierre lo accolse in casa e gli chiese di darsi un’altra possibilità, aiutandolo nell’accogliere i senzatetto.
Rifacendosi a quanto scrisse Beccaria, il reinserimento e il riscatto di chi viene condannato al carcere è oggi uno dei principi della moderna civiltà giuridica. Un principio troppo spesso dimenticato e accantonato, nel quale le Istituzioni non riescono ad investire ponendole al centro della propria azione sociale. Davanti a questi fallimenti arrivano quelli che il filosofo torinese Marco Revelli definì le “decine, forse centinaia di migliaia di donne e uomini” che lavorano nelle periferie delle nostre società per “ricucire le lacerazioni” ed “elaborare il male”. Possono sembrare “belle parole”, mere utopie irrealizzabili. Ma non è così. Maria Montessori e l’Abbé Pierre ne sono state una monumentale dimostrazione. Ma ai margini della nostre società, nelle “periferie esistenziali” di cui ha parlato anche Papa Francesco, ci sono tantissime Maria Montessori e tantissimi Abbé Pierre che continuamente sono al lavoro. Con i detenuti e i disabili una comunità è al lavoro, mentre le parole di quest’articolo si compongono e mentre le state leggendo, a due passi da noi, nella periferia di Casalbordino. E’ la fattoria Vitafelice, oggi anche Onlus, fondata dal parroco don Silvio Santovito. Ispirandosi a San Francesco d’Assisi, al quale è dedicata la Conferenza di San Vincenzo che anima la fattoria, cavalli, pecore, mucche, gatti, cani vivono a stretto contatto con le persone che frequentano e s’impegnano in fattoria. Persone che, tra le tante attività, “portano avanti momenti spirituali”, laboratori di teatro, pittura e cucina, “realizzazione di piccoli lavori per la parrocchia e i mercatini”. A Vitafelice trovano cittadinanza ragazzi disabili, persone che sono vissute in strada cercando l’elemosina e alcuni detenuti della Casa circondariale di Vasto. Nei limiti della Provvidenza c’è posto per tutti, donando felicità e l’aiuto possibile. “I ragazzi disabili sono impegnati in varie attività pensate appositamente per loro, per risvegliare la fiducia in loro stessi, valorizzare i loro doni mettendoli a servizio della comunità, confrontarsi nella capacità di condivisione e di convivenza, imparare a vivere, attraverso il contatto con gli animali, la conoscenza e il rispetto del creato sottolineando i doni belli di Dio alle nostre vite”. Viene offerta per i detenuti l’accoglienza per licenze orarie, volontariato nel periodo di “messa in prova”, mentre i volontari di Vitafelice si preoccupano settimanalmente di visitare i detenuti “procurando quanto necessita loro soprattutto per chi non avendo nessuno non può permettersi nulla”. Soprattutto d’inverno, si raggiungono le vicine stazioni ferroviarie per portare cibo e vestiario ai senzatetto che s’incontrano e, quando possibile, si ospitano in fattoria. A Vitafelice oggi il sogno è quello di diventare più grande, ampliando così le possibilità e gli spazi per questa piccola “insurrezione della bontà”. “Vorremo poter costruire su un terreno messoci a disposizione un salone per le attività dei ragazzi, una stalla-magazzino per tenere gli animali, una piccola casa per i volontari permanenti e una piccola cappella”, racconta don Silvio. Ma per far si che il sogno diventi realtà, riprendendo le parole di un proverbio sudamericano, bisogna essere in tanti a sognare insieme.
Alessio