Mangiare con Dio
Mai come in questo periodo storico che stiamo vivendo il dialogo interreligioso riveste un ruolo di primaria importanza. In passato i rapporti con le altre religioni erano una questione piuttosto teorica, che si poteva anche lasciare ai teologi e agli specialisti. Oggi invece diventa un’esigenza dettata dall’aumento delle occasioni di incontro e degli spazi comuni. Purtroppo, il diverso fa paura e spesso siamo portati a considerarlo più come una minaccia che come una risorsa. Certo, la delicata situazione internazionale, la paura del terrorismo, il linguaggio spesso approssimativo dei mass media che analizzano questioni prettamente politiche fomentando, ahimè, lo scontro fra religioni non fanno che erigere ulteriori barriere di reciproche incomprensioni. Quando non si conosce l’altro ci si lascia guidare dai luoghi comuni e dalla diffidenza. Solo dopo una reale conoscenza reciproca è possibile abbattere gli stereotipi. È un percorso che parte dalla propria identità, perché per condividersi, senza paura, bisogna sentirsi sicuri delle proprie radici.
È un processo molto faticoso, perché implica un viaggio nelle differenze e soprattutto dentro se stessi; significa, a volte, mettere in discussione le proprie categorie mentali e le proprie idee del mondo.
Non è un cammino semplice. A volte ci sono limiti invalicabili, esperienze che non possono essere condivise totalmente. Per altre invece ci si accorge di quanto simili e intrecciati siano i valori, i percorsi, le storie. Una cosa è certa: è un viaggio da cui si torna sempre più ricchi e con meno pregiudizi.
Il dialogo ecumenico e interreligioso più efficace, però, è quello che deve avvenire innanzitutto fra persone, più che tra religioni, dottrine o sistemi. Il dialogo si fa con le esperienze, attraverso la condivisione di un vissuto.
Infatti in tutte le religioni il cibo non è solo un elemento naturale e materiale ma è considerato un dono di Dio o degli Dei, e l’atto di alimentarsi diventa, per questo motivo, un atto sacro, anche di ringraziamento all’Entità superiore che l’ha donato all’uomo per assicurarne la sopravvivenza.
Ebraismo e Islam sono religioni del fare, dell’ortoprassi.
Cristo apporta una vera “rivoluzione”. Da ebreo, ha operato una cesura nel millenario rapporto cibo - fede del mondo ebraico. Per Gesù è quello che esce dall’uomo a renderlo impuro, più che quello che entra in lui. Nel Cristianesimo c’è poi il grande mistero della transunstanziazione per cui il pane diventa corpo di Cristo.
Noi Cristiani d’occidente, però, non riusciamo forse più a credere che il rapporto con il cibo sia un luogo di esperienza spirituale. Invece non va dimenticato che Gesù proprio intorno alla mensa ha stabilito le cose più importanti della nostra fede.
Lucia