"Amatevi l'un l'altro".
Queste parole sono state pronunciate da Gesù duemila anni
fa. Per quanto potente sia questo comando, molti uomini sono
riusciti a ignorarlo per tutti questi anni. Se ne fa un gran
parlare, ma ben pochi si aspettano che qualcuno lo metta davvero
in pratica. Viene lasciato per i santi e i pazzi.
Anzi, chi ama insospettisce. Siamo sicuri che nessuno può
davvero voler bene a un altro senza avere qualche secondo fine.
La società moderna è indifferente ancora una volta
a un appello d'amore. Eppure il mondo può essere cementato
insieme non con la minaccia di un olocausto nucleare o ecologico,
ma solo con un profondo rispetto per la vita.
A volte il nostro mondo sembra una strada nell'ora di punta e
gli uomini assomigliano ad automobilisti esasperati che si guardano
con odio, pronti a insultarsi e minacciarsi al primo timido sgarro.
Le relazioni umane, oggi, sono più che mai una sfida.
La competitività esasperata in cui viviamo modifica pericolosamente
il nostro "convivere ". Si diventa tutti più
irritati, tesi, sgarbati, insofferenti. Anche i ragazzi risentono
di questo clima. Molti soffrono di serie difficoltà a
"socializzare ". Tra loro, in classe o in cortile,
sono spesso grossolani e aggressivi. Si dileggiano a vicenda,
a volte con crudeltà esagerata.
Eppure è proprio sul piano educativo che si può
vincere la sfida delle relazioni umane. È importante affrontare
questo tema, magari in modo trasversale, durante gli incontri
di catechesi. Anche i ragazzi sono chiamati a costruire la comunità
dei cristiani.


BENIAMINO
Beniamino era un bambino delizioso. Quando
sgambettava nella culla, in mezzo alle lenzuoline e le coperte
di raso celesti, sembrava proprio un angioletto.
La mamma, il papà, le nonne e le zie
non si stancavano di vezzeggiarlo e di ripetergli tante parole
dolci e carine.
La nonna materna diceva: "Guardate che
piccole graziose orecchie che ha, e come ci sentono bene! Certamente
diventerà un grande musicista".
La nonna paterna, per non essere da meno incalzava:
"Osservate piuttosto la sua adorabile boccuccia e come dice
bene 'nghée, 'nghée. Sicuramente diventerà
un grande poeta".
La zia Clotilde cinguettava: "Macché,
macché! Sono i piedini che devono essere ammirati: sarà
un grandissimo ballerino, ve lo dico io che me ne intendo ".
A sentire tutti questi complimenti, i genitori
di Beniamino andavano giustamente in sollucchero, con il cuore
gonfio d'orgoglio paterno e materno.
Beniamino cresceva un po' capriccioso, ma papà,
mamma, nonne e zie si consolavano facilmente dicendo: "Sono
tutti così, da piccoli ".
Così arrivò, anche per Beniamino,
il momento di varcare, con aria baldanzosa e lo zainetto nuovo,
il portone della scuola elementare.
Cattivo e prepotente
I primi tempi furono felici. Beniamino
si comportava come tutti gli altri: non era più gentile
né più maleducato dei suoi compagni. Ma con il
passare del tempo, la situazione peggiorò.
Beniamino cominciò a trasformarsi. Piano
piano, senza che nessuno se ne accorgesse, divenne cattivo e
prepotente. Si divertiva a far cadere dalla giostra i bambini
più piccoli; giocando a calcio nel cortile scalciava più
gli avversari che il pallone; trovava sempre qualcuno con cui
litigare. Faceva la "spia" per farsi bello con la maestra.
"Dov'è finito il mio bell'angioletto? ", si
disperava la mamma di Beniamino, davanti alle note che i maestri
gli scrivevano sul diario.
"Uffa! ", sbuffava Beniamino. "Ce
l'hanno tutti con me! ".
Prometteva di migliorare, ma il giorno dopo
se n'era già dimenticato.
Alla Scuola Media le cose non migliorarono.
Beniamino diventò un attaccabrighe impertinente. Imparò
a tempo di record tutte le peggiori parolacce e non si faceva
certo pregare a ripeterle, specialmente sull'autobus, tanto per
sembrare "più grande".
Le mamme del quartiere minacciavano i figli:
"Guai a te se ti vedo con Beniamino: è un ragazzaccio!
".
Se qualcuno raccontava barzellette sporche,
Beniamino era il primo ad ascoltare. Se c'era da prendere in
giro o canzonare qualcuno, Beniamino era del numero.
Aveva pochi amici, ma tutti della sua risma.
La loro impresa preferita era riuscire a rubacchiare qualcosa
ai supermercati e poi scappare. Anche la zia Clotilde, che pure
gli voleva bene, si beccò una rispostaccia così
volgare, che per il dispiacere fu costretta a mettersi a letto.
"Ma se fanno tutti così",
continuava a ripetere Beniamino, quando qualcuno lo rimproverava.
La cosa strana cominciò quando compì
i quattordici anni. E questa volta Beniamino cominciò
a preoccuparsi per davvero.
Un roboante raglio
Durante l'adolescenza il corpo cambia,
ma lo specchio rivelava a Beniamino che in lui avvenivano dei
cambiamenti inconsueti. Le sue orecchie si allungavano sempre
di più, appuntite verso l'alto, e prendevano una strana
grigia pelosità. I suoi piedi gli prudevano spesso e soprattutto
non sopportavano più né calze né scarpe.
Prendevano anch'essi uno strano colorito grigiastro, finché
un giorno si trasformarono in due zoccoli d'asino.
Beniamino li guardò inorridito. Ma invece
di dire: "Che cosa mi succede? ", si mise a ragliare
come un asino: "Ih-ah! Ih-ha! ". A quel roboante raglio,
tutti i suoi parenti accorsero. Il povero Beniamino, con le lacrime
agli occhi, non sapeva spiegarsi.
"È nell'età del cambiamento
di voce", disse zia Clotilde, ma non ci credeva neppure
lei.
Una cosa era certa. Con quelle orecchie e quegli
zoccoli da asino, per non parlare della voce, Beniamino non poteva
tornare a scuola.
"Dobbiamo cercare un medico, il più
grande che c'è. Ti saprà certamente guarire ",
disse il papà.
Cercarono sulle Pagine Gialle, ma non trovarono
nessun medico specializzato nella cura di ragazzi che diventano
asini.
Così un mattino freddo e nebbioso, Beniamino
lasciò i suoi genitori e la sua casa. Andava per il mondo
a cercare qualcuno che lo guarisse da quella strana malattia
che fa diventare animali gli uomini.
La bella figlia del marchese
Beniamino attraversò il mondo
da nord a sud e poi da est a ovest. Interrogò dottori,
stregoni, sciamani, guaritori di tutti i tipi. Tutti erano molto
gentili con lui, ma poi gli dicevano che le sue orecchie pelose
erano molto utili contro il freddo, che i suoi zoccoli gli facevano
risparmiare le scarpe e che la sua voce era comoda quando la
nebbia era fitta fitta.
Passarono sette anni. Beniamino ora conosceva
le lacrime, apprezzava la gentilezza, sapeva quanto ferivano
i rifiuti e le villanie. Senza accorgersene, era diventato un
altro.
Ma il suo problema rimaneva.
Stava per rassegnarsi al suo triste destino,
quando giunse alla grande villa dei marchesi Bellaspina. Tutti
quelli che vedeva però erano in lacrime. Piangevano il
marchese e la marchesa, singhiozzavano le cameriere, gemeva il
maggiordomo, uggiolavano i cani, si lamentavano i gatti. Uno
spettacolo da strappare il cuore.
In un profluvio di lacrimoni, la marchesa spiegò
a Beniamino il motivo di tanto dolore: "Ahinoi! La nostra
bella Rosalia, nostra figlia, è stata rapita. L 'ha portata
via il perfido Battistone e l'ha nascosta sulla Montagna del
Diavolo, dove nessuno osa salire".
Beniamino si commosse: "Non piangete più.
Andrò sulla montagna e la troverò".
La Montagna del Diavolo era aspra, ma Beniamino
era più che mai deciso ad affrontare il bandito. Tendeva
le sue lunghe orecchie d'asino per sentire anche il minimo rumore.
Passando davanti all'imboccatura di una grotta nera e paurosa,
percepì un flebile lamento. Coraggiosamente s'inoltrò
nel nero imbuto dove svolazzavano i pipistrelli. Ora sapeva dove
si trovava Rosalia.
Il bandito aveva disseminato sul terreno della
grotta taglientissimi pezzi di vetro e chiodi affilati, ma, con
i suoi zoccoli d'asino, Beniamino poteva correre, mentre con
la sua voce roboante gridava continuamente: "Ih-ah! Ih-ah!
". Gridava con tutte le sue forze, sperando che Rosalia
sentisse e gli rispondesse per guidarlo nei mille cunicoli della
grande grotta nera. Tendeva le sue orecchie a destra e a sinistra,
finché sentì chiaramente un singhiozzo. Sfregò
un fiammifero su una pietra e vide Rosalia legata a un palo.
Com'era bella! Beniamino la slegò, poi
fece un inchino e mormorò: "Buongiorno, madamigella,
io mi chiamo Beniamino ". In quel momento si accorse che
la sua voce era una bella voce baritonale, perfettamente umana.
Aveva talmente gridato che la sua voce d'asino
si era rotta. Aveva talmente ascoltato che le sue orecchie d'asino
erano cadute come foglie morte. I suoi zoccoli si erano talmente
consumati sui pezzi di vetro e sui chiodi che erano spariti.
Alloro posto c'erano due bei piedoni umani.
Al colmo della felicità, ma anche per
paura di un improvviso ritorno di Battistone, Beniamino prese
in braccio la bella Rosalia e fuggì più veloce
che poteva, correndo con i nuovi piedi sul sentiero spianato
dai suoi zoccoli.
Quando arrivò a Bellaspina tutti lo
abbracciarono e baciarono. Anche Rosalia naturalmente che, per
non essere da meno, lo sposò. Ebbero tre figli. Il primo
fu ballerino, il secondo musicista e il terzo poeta. Perché
Beniamino e Rosalia vegliarono attentamente che a nessuno di
loro crescessero orecchie, zoccoli o voce d'asino.


L'esperienza nascosta nel
racconto
- Beniamino è una fiaba di "trasformazione".
La trasformazione fisica del protagonista riflette quella psicologica.
Beniamino è un ragazzo che diventa "disumano ":
le sue orecchie, la sua voce, i suoi piedi diventano quelli di
un asino, perché sono usati male, in modo aggressivo,
violento. Le trasformazioni in animale (spesso sgradevole) è
il meccanismo di punizione più diffuso nel mondo delle
fiabe.
Beniamino sa però ritrovare la via della "redenzione".
In pratica rimette le cose a posto: usa i suoi piedi, la sua
voce, le sue orecchie per salvare una fanciulla. Va incontro
agli altri, per aiutarli, per essere compagno, non più
aggressore, non più concorrente.
- In Beniamino potrebbero identificarsi molti dei ragazzi
di oggi. Ragazzi che non riescono a socializzare e convivere
in modo quieto e normale. Basta un nonnulla e le reazioni sono
sgradevoli, violente, infarcite di parolacce. La causa non deve
essere ricercata tanto in una generale "aggressività"
della società attuale. È un alibi troppo facile.
Credo che i bambini, nel profondo, amino un senso di ordine e
di fair play, di correttezza. Vogliono vivere la loro vita in
un ambiente protetto, nel quale essi (e gli altri) possono andare
avanti nel compito di imparare nuove capacità operative.
Forse sono gli educatori che stanno dimenticando quella parte
importante del loro compito che è l'educazione delle "buone
maniere". Di certo queste non sono insegnate dal cinema,
dalla tv o dalle persone che si incontrano per la strada. E le
"buone maniere" non consistono in un asettico "galateo",
quanto piuttosto nell'imparare a dominare i propri istinti.
- Anche le parolacce, così frequenti oggi, fanno
degenerare l'ambiente sociale, lo imbruttiscono e lo volgarizzano.
Che un simile declino sia in via di svolgimento può dedursi
dall'indifferenza generale per regole e norme nelle riunioni
pubbliche, dall'aumento dei cosiddetti "problemi disciplinari"
nelle scuole, dall'accresciuta preoccupazione della sicurezza
quando si è in pubblico, dall'assordante rumore di altoparlanti
che diffondono musica nel pubblico spazio, dall'uso sempre più
raro delle espressioni convenzionali di cortesia, come "grazie"
e "per favore".
Per il dialogo
Il catechista controlli che i ragazzi abbiano capito il
senso della fiaba. I simboli sono trasparenti: Beniamino aveva
avuto i piedi, orecchie e voce belli e normali, che potevano
consentirgli uno sviluppo felice e armonico; crescendo, invece,
li usa male e dovrà faticare per ritrovare la felicità.
Sono i ragazzi stessi che possono scoprire l'attualità
e la concretezza dei simboli. Il catechista li può aiutare
con qualche domanda.
- Perché la voce di 'Beniamino diventa un "raglio"?
Conoscete persone che "ragliano" invece di parlare
in modo umano? Come si comportano?
- Perché i piedi di Beniamino diventano zoccoli d'asino?
Che cosa significa? Conoscete persone che "scalciano"
continuamente, che sono cioè incapaci di essere gentili,
comprensivi, amichevoli?
- Che cosa significa la trasformazione delle orecchie di Beniamino?
Si possono usare male le orecchie? Come?
- Che cosa fa Beniamino per ridiventare pienamente umano?
Per l'attività
- I ragazzi stessi possono fare un'inchiesta sul livello
di cortesia dell'ambiente in cui vivono (scuola, oratorio, paese,
quartiere, città). Devono essere identificati soprattutto
le occasioni e i luoghi in cui il livello di cortesia cala di
più.
- Si può proclamare (con la dovuta solennità) la
"Settimana della Cortesia". Una settimana in cui tutti
provano ad essere reciprocamente gentili e in cui si tengono
piccole riunioni di sensibilizzazione (anche in teatro e con
scenette allegre).
- Si può indire un concorso sulla migliore idea pubblicitaria
per un manifesto o uno " spot" sulla cortesia.
Anche la Bibbia racconta...
Gli evangelisti, narrando l'arresto di Gesù, affermano
che alcuni dei suoi discepoli impugnarono le spade per difenderlo
e uno colpì un servo del Sommo Sacerdote, ma Gesù
reagì in modo molto diverso. Si può commentare
con i ragazzi Matteo 26,47-56.

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