CONGRESSO NAZIONALE DI PAX CHRISTI

Marina di Massa, 30 aprile

RELAZIONE CARD. PIOVANELLI

Avete scelto bene l'immagine, il logo, per questo Congresso di Pax Christi, primo del nuovo millennio: il ramo di mandorlo.
All'inizio del libro di Geremia profeta, subito dopo la chiamata - chiamata scritta da Dio nella vita dell'uomo di Anathot per la quale Dio stende la mano e tocca la bocca di Geremia - appare l'immagine.
"Mi fu rivolta questa parola del Signore: che cosa vedi Geremia?
Risposi: vedo un ramo di mandorlo.
Il Signore aggiunse: hai visto bene, perchè io vigilo nella mia parola per realizzarla" (Ger, 1, 11-12)

Dopo la chiamata, perciò all'inizio della missione profetica.
All'inizio del nuovo millennio (Novo millennio ineunte)
Cosa vedi, fratello?
Cosa vedi, sorella?
Vedi anche tu un ramo di mandorlo?
Il mandorlo è il primo a fiorire nella primavera.
Quella pennellata di bianco, nella natura ancora senza segni di vita, ti dice: l'inverno è passato. La vita sta per rifiorire sulla terra.
Quell'occhio che si apre in uno scenarioancora addormentato ti avverte: comincia il risveglio dopo il lungo sonno invernale.
Vedi anche tu un ramo di mandorlo?

Il lungo invermo di questo ventesimo secolo, è stato segnato da due guerre mondiali, che hanno visto "la meglio gioventù andar sotterra", dice una canzone alpina e i calcoli scientifici precisano:
"nella prima guerra mondiale i morti furono il 5% civili e 95% militari, si poteva sostenere che i civili erano morti incidentalmente.
Nella guerra di Korea 84% civili e il 16% militari: si può ormai sostenere che i militari morirono incidentalmente.
Dalla fine della seconda guerra mondiale si calcola che siamo morte 25 milioni di persone nelle guerre e conflitti locali" (Don Milani, "L'obbedienza non è più una virtù").

Un inverno in cui il badget annuale di materiale bellico supera di due volte l'insieme di tutti gli stanziamenti per l'educazione e la sanità effettuati nei Paesi in Via di Sviluppo.
L'Italia partecipa in modo molto consistente alla produzione e al commercio di armi (nella graduatoria mondiale occupava il quarto posto, quindici anni fa; e ora?).
E questo materiale è venduto a Paesi poveri, i quali così aumentano il numero dei morti e gli affamati: infatti, le spese militari fanno guadagnare i Paesi produttori più ricchi sulla pelle e sul sangue dei Paesi più poveri e arretrati nello sviluppo.

Un inverno che vede perdurare la divisione tra un mondo che consuma l'ottanta per cento delle ricchezze e un mondo (80% - 8 persone su 10) che è denutrita. Oggi la quantità di uomini e donne che patiscono la fame è la più alta conosciuta finora e gli affamati stessi prendono coscienza che la loro miseria coabita con l'opulenza, col pericolo che esploda la rabbia dei poveri.
Per la sola carenza di vitamina "A" ogni anno nel Terzo Mondo decine di migliaia di bambini diventano ciechi.
Nel Terzo Mondo è un atto di vera "strage degli innocenti": in Africa 108 bambini su 1000 muoino prima del compimento del quinto anno di età, in America Latina sono 54, nel Sud- Est asiatico 41. Cinque milioni di bambini sono uccisi ogni anno da malattie infettive che potrebbero essere evitate con misure immunitarie.
Il costo di un programma di vaccinazione che proteggesse da queste malattie tutti i bambini del Terzo Mondo sarebbe di poco inferiore ai 600 milioni di dollari (circa 750 miliardi di lire). Ma l'Organizzazione Mondiale della Sanità non dispone di questa cifra che è inferiore alla spesa mondiale di un solo giorno per gli armamenti.
Un inverno che registra il ritorno della schiavitù per le donne ingannate con la prospettiva del lavoro, avviate e costrette alla prostituzione: criminali che le sfruttano sottopendole alla paura di ignobili ricatti e orribili punizioni, cooperatori del crimine quanti pagano le loro prestazione e ne fanno strumento del loro piacere e della loro perversione.

Vedi davvero un mandorlo fiorito?
Non mancano certamente i segni positivi.
"Mai il genere umano ebbe a disposizione tante ricchezze e possibilità di potenza economica...
Mi ebbe un senso così acuto della libertà...
Forse per la prima volta il mondo avverte così lucidamente la sua unità e la mutua interdipendenza dei singoli in una necessaria solidarietà...
Aumenta lo scambio di idee...
Con ogni sforzo si vuol costruire un ordine temporale più perfetto..." (GS, 4).
Sicuramente siamo distanti dal tempo tempo in cui negli anni trenta, il tempo della guerra di Abissinia, il partito fascista organizzava bambini e adolescenti delle scuole per gridare "contro la perfida Albione" "Dio stramaledica gli inglesi!".
Siamo lontani, sicuramente, dalle leggi razziali e dalla persecuzione contro gli Ebrei.
Come siamo lontani da quelle efferate disumane vendette e giustizie sommarie che caratterizzano il periodo dell'immediato dopo-guerra.
I popoli attanagliati dalla fame chiamano in causa i popoli più ricchi.
Le donne rivendicano la parità con gli uomini non solo di diritto, ma anche di fatto.
Operai contadini non vogliono solo guadagnare il necessario per vivere, ma vogliono sviluppare la loro personalità col lavoro e prendere la loro parte nella organizzazione della vita economica, sociale, politica e culturale.
Proprio per questo e per quanto detto sopra ci sembra che colga nel segno il Concilio vaticano II quando nella costituzione della Chiesa nel mondo contemporaneo esclama: "stando così le cose, il mondo si presenta oggi potente a un tempo e debole, capace di operare al meglio e il paggio, mentre gli si apre dinanzi la strada della libertà o della schiavitù, del progresso o del regresso, della fraternità, della fraternità e dell'odio (GS, 9).

Vedi un mandorlo fiorito?
Se uno facesse a me questa domanda, io risponderei come il Papa nelle lettera apostolica "Tertio Millennio Ineunte".
"Come non ricordare - egli dice - specialmente il gioioso ed entusiasmante raduno dei giovani'"
Il Giubileo dei giovani ci ha come "spiazzati", consegnandoci il messaggio di una gioventù che esprime un anelito profondo, nonostante possibili ambiguità, verso quei valori autenticiche hanno in Cristo la loro pienezza" (NMD, 9).
Anch'io come il Papa, come tanti di noi che erano presenti alla Giornata della Gioventù, ho vibrato al loro al loro entusiasmo, ho avvertito l'intensità del loro ascolto, la volontà di diventare "sentinelle del mattino" (Is. 21, 11-12) in questa aurora del nuovo millennio.
"Sentinella, quanto resta della notte?"
I giovani sono le sentinelle che maggiormente soffrono e denunciano il buio della notte che persiste e con più ardore anelano alla luce del mattino.
Per loro è più difficile accettare che la Chiesa comprenda nel suo seno anche i peccatori, coloro che hanno paura di rischiare, che preferiscono tenere ammainata la propria vela, che abitano ancora nel cenacolo con le porte e le finestre chiuse e come Simon Pietro, interpellati sul loro Mestro, dichiarano di non conoscerlo.
La Chiesa, insieme santa e bisognosa di purificazione, è chiamata a vincere con pazienza e amore le sue interne ed esterne afflizioni e difficoltà.
Il testo della "Lumen Gentium" dice che per far questo la Chiesa trova forza della forza del Signore risorto.

"Cosa vedi Geremia?" Risponde: "Vedo un mandorlo fiorito, perchè io vigilo sulla mia parola per realizzarla". In ebraico mandorlo si dice "vigilante", poichè a causa della sua fioritura precoce sembra stare in attesa della primavera per darne l'annuncio.
Il gioco di parole sdottolinea che il Signore è il mandorlo fiorito. Come un mandorlo fiorito garantisce la primavera con la fioritura dei fiori, degli alberi, di tutta la natura, così Gesù risorto garantisce la realizzazione della sua parola.
Diceva Giorgio La Pira: "Il corpo glorioso di Cristo agisce sulla Chiesa sempre più unificandola, costruendola, santificandola!"
"Il corpo glorioso di Cristo risorto agisce invincibilmente (malgrado tutto) come lievito trasformatore e come modello elevante, attrattivo, sul corpo della città terrestre, sul corpo totale delle famiglie, delle città, delle nazioni, delle civiltà, dei popoli, di tutto il pianeta" ( "Il focolare" n.13, 29 maggio 1970).
"La storia che da Lui, il Risorto, 'è mossa', tende irreversibilmente all'unità, al disarmo, alla giustizia, alla 'liberazione' e alla pace dell'intera famiglia dei popoli!" ("Il focolare" n.9-10, 2-16 maggio 1976).
Ora tu vedi il mandorlo: non è tanto quello che di positivo esce dalle mie mani, e di suo, neppure quello che colgo nella storia degli uomini miei fratelli, quanto il fatto della risurrezione, che si riflette certo anche sui piccoli specchi della nostra vita e delle nostre singole azioni - addirittura anche nella vita di uomini e domne al di fuori della Chiesa (degli uomini di buona volontà) - ma già in sé è una tale realtà che genra in me la fede di Abramo e mi fa sperare contro ogni speranza.
"E' Cristo che attraverso la Chiesa lancia la speranza di Abramo nel mondo per finalizzare la storia di tutti i popoli sino al termine dei secoli" (La Pira . La strada di Isaia, discorso al Convegno per lo sviluppo dei popoli nell'area meditterranea, Cagliari, 1973).
Il Risorto vigila sulla sua parola per realizzarla.

La sua parola. Quel è la prima parola del Risorto, quella che fiorisce per prima sulle sue labbra, quando egli incontra i suoi?
L'evangelista Giovanni racconta: mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timor dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: "Pace a voi!".
Detto questo mostrò le mani e i piedi.
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: Pace a voi! Poi disse a Tommaso: "metti il tuo dito e guardale mie mani" (Gv. 20, 19 ss.).
Dunque, appena in mezzo ai suoi, prima ancora di mostrare le mani e i piedi stigmatizzati, segno vivo e palpitante di lui crocifisso; e otto giorni dopo, nuovamente nel cenacolo, prima di rivolgersi a Tommaso perchè tocchi la carne risorta, e non sia più incredulo, ma credente, in mezzo ai discepoli disse: "Pace a voi!".
E' facile ripetere con la lettera agli Efesini: Cristo è la nostra pèace!...Egli è venuto ad annunziare la pace a voi che eravate lontani e pace a coloro che erano vicini (Ef. 2, 14-17).
Pax Christi!
Nella Bibbia la parola "shalom" indica globalmente benessere, armonia e pienezza e si riferisce a tutte le dimensioni dell'esistenza umana: al rapporto con Dio, con se stessi, con gli altri, con il cosmo. Essa è dono di Dio, benedizione che scende su ogni uomo che agisce secondo la giustizia.
La pace è fondamentalmente dono di Dio, "benedizione" che deve essere accolta nella fedeltà all'alleanza e alle sue esigenze di giustizia.
Gesù è venuto a dare compimento alle promesse di Dio e alle attese del popolo, annuncia e realizza la pace. Anzi è la pace!
Pax Christus!
Infatti, bisogna dire con Tonino Bello: "La pace non è tanto un problema morale, quanto un problema di fede.
Perchè, più che il nostro agire, tocca il nostro essere di persone 'conformate a Cristo' in profondità, non con l'aggiunta esteriore d'incarichi, ma con l'unzione dell'olio che penetra e consacra radicalmente" (Omelie e scritti Quaresimali, 40).
"E' malinconico - dice ancora il vescovo Tonino -osservare oggi (se si eccettuano le audaci sortite del Papa, di qualche episcopato e di pochi gruppi) i tentennamenti delle nostre Chiese. Quello della pace sembra un campo minato da mille prudenze, recintato dal filo spinato di mille circospezioni, protetto da pavidi silenzi. Non ci decidiamo ancora, come popolo profetico, a uscire allo scoperto. Ci nascondiamo dietro i fortilizi delle logiche umane. Viviamo ambigue neutralità, che tutti possono essere meno che "disarmate" (Bello, o.c. 43-44).
Usciamo allo scoperto. Colui che è uscito veramente allo scoperto è Gesù. Tanto allo scoperto da essere innalzato, come Mosè innalzò il serpente nel deserto. Così, Egli ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro della separazione che era in mezzo, cioè l'inimicizia, annullando per mezzo della sua carne, la legge fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un uomo nuovo, facendo la pace e per riconciliare tutti e due in un solo corpo, per mezzo della croce, distruggendo in se stesso l'inimicizia (Ef. 2, 14-16).
Uscire allo scoperto è fare emergere la nostra conformazione a Cristo.
O meglio, permettere a Cristo, sepolto nella nostra vita, di rovesciare la pietra del sepolcro che è l'abitudine, la paura, il calcolo, il possesso e, nella nostra vita, mostrarsi risorto.

Risorto, che ha fatto dei due un popolo solo, ha fatto dei due un solo uomo nuovo, riconciliando tutti e due in un solo corpo distruggendo in se stesso l'inimicizia.
Il santo padre Paolo VI nel suo discorso all'ONU, il 4 ottobre 1965, disse parole per edificare la pace che possono aiutare l'eplosione della Pasqua nella nostra vita.
Non usare usare la formula gli uni o gli altri, ma gli uni e gli altri: ogni esclusione ti impoverisce, è una diminuizione della tua umanità.
Gli uni con gli altri per la divisione dei problemi, la solidarietà del bisogno, la collaborazione progressiva in tutti i campi possibili, al di là delle differenze di razza e di etnia, di lingua e di cultura, di grado sociale e di religione.
Non l'uno sopra l'altro. E' la formula della uguaglianza, che ha per tutti gli uomini l'inalienabile grandezza della natura umana e ha per tutti i cristiani l'incomparabile dignità di figli di Dio.
Mi più gli uni contro gli altri. Proclamava John Kennedy: "L'umanità deve porre fine alla guerra, o la guerra porrà fine all'umanità". Basta ricordare il sangue di milioni di uomini, gli orrori dei campi di sterminio, le inaudite sofferenze dei prigionieri e dei profughi.
Gli uni per gli altri sempre. Non basta coesistere, non basta condividere. occorre instaurare un sistema e un'abitudine di aiuto reciproco e di condivisione nel campo dei beni materiali, dei bani culturali, dei beni spirituali; sta qui, secondo la parola di Gesù, il segreto della crescita personale, del progresso sociale, della pace e della gioia: "Date e vi sarà dato: una buona misura, pagata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo, perchè con la misura con cuimisurate, sraà misurato a voi in cambio" (Lc. 6, 38).

Il Signore Risorto vigila sulla sua Parola per realizzarla.
Devi credere alla fedeltà di Dio. E' molto bello, significativo e fecondo che molti di voi abbiano chiesto di riporre o porre al centro dell'attività (di studio, di formazione, di educazione, ecc.) la Parola di Dio.
E' questo un tempo a cui si possono applicare le parole del profeta Amos: "Ecco, verranno i giorni - dice il Signore Dio - in cui manderò la fame nel Paese, non fame di pane, nè sete di acqua, ma d'ascoltare la aprola del Signore".
Non deludete quanti sono inseriti nel vostro movimento o, comunque, incrociano le vostre strade: un cristiano è sempre dinanzi agli altri, debitore della Parola di Dio.
E non è forse questa questa caratterizzazione necessaria anche per Pax Christi nell'arcipelago variegato delle realtà impegnate per la pace? Esse potrebbero dirvi, come il filosofo marxista Garaudy: "Voi che avete raccolto e coservato questa grande speranza, che è Cristo, rendetecelo, egli appartiene a tutto il mondo".
Del resto cè qualcosa du più vivo, di più efficace e tagliente della Parola di Dio, quando si tratta di problemi che coinvolgono la vita, gli interessi, le sensibilità dell'uomo e della società? Essa penetra fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito, delle giunture e della midolla e scruta i sentimenti e i pnesieri del cuore (Ebr. 4,12).
Devi rispondere con l'amore alla fedeltà di Dio.
La fedeltà di Gesù è una fedeltà all'uomo - ad ogni uomo e all'uomo intero, una fedeltà così profonda che egli ha condiviso tutto ciò che è umano, tranne il peccato.
Non c'è, dunque, situazione che non si possa iscrivere nella storia di Gesù con la certezza che Egli ha una parola da dire per farci cambiare o confermarci, per consolarci o spingerci alla conversione e alla sequela.
Non cè, dunque, situazione in cui tu non possa mettere il dono del tuo amore e, quindi, condividere, solidarizzare, diventare cireneo o addirittura salire per gli altri sulla croce.
Con l'umiltà di chi sa di essere chiamato dal Padre comune ad essere conforme all'immagine del suo Figlio e di presentarsi solo come una immagine sbiadita o molto parziale del suo amore.
Devi farti fasciare della speranza e vivere perciò la gioia del "già", sapendo riconoscere dovunque i riflessi di verià e i semi del Verbo sparsi con abbondanza dallo Spirto, e coniugare insieme la tensione del "non ancora" verso il quale continuamente sospinge il vento dello Spirito, sapendo che anche la terra e la storia e la tua vita e la vita delle comunità sono chiamate ad essere epifania del Regno. Significativo La Pira che scriveva negli anni '50 ai sofferenti e agli anziani: "quando saremo in paradiso diremo: ma guarda, assomiglia a Firenze!".
Bisogna essere fasciati di speranza come il Patriarca Abramo che avanzò sempre sperando contro ogni speranza e salendo sino alla cima del monte Moria perchè è sul monte che Dio provvede, è quando cioè tu sei salito sino alla vetta della tua fedeltà che il Signore manifesta la sua fedeltà.
Un cristiano non ha paura di essere mescolato con gli uomini nelle cose penultime, ma tiene gli occhi del suo impegno e della sua coerenza ben fissi sulle cose ultime.

Per verificare la bontà della tua posizione e non perdere l'orientamento ci sono quattro punti cardinali: sono le coordinate del tuo cammino.

a) Il confronto con la purezza del vangelo.
Non il Vangelo adoperato per sostenere le nostre idee o per accusare i nostri avversari.
Ma il vangelo scelto come "carta di vita dove ricercare , come S. Francesco d'Assisi, la regola della propria esistenza. Il Vangelo da cui, come dal tesoro consegnato allo scriba dotto del regnodei cieli, si traggono fuori cose nuove e cose antiche.
Un Vangelo che, con la penna di tutti i giorni, viene scritto nella vita del cristiano e diventa "il quinto evangelio", di Mario Pomilio, cioè il Vangelo testimoniato, scritto sulla tavola del cuore e splendente nelle opere, che i popoli leggono ancora.

b) La verifica della comunità
Mi ha sempre colpito la doppia domanda del filosofo ebreo Emmanuel Lèvinas: "Se io non rispondo, chi risponderà per me? Ma se rispondo da solo, sono ancora io?". Dio è un Dio unico, non un Dio solitario.
Tu hai un'identità personale unica, sei irripetibile. Ma da solo non sei pienamente te stesso.
Tu sai che il Signore ha legato la sua perticolare presenza al fatto comunitario (dove due o tre...).
Tu sai che il messaggio più forte di pace nasce dal nostro essere uno.
Lo so bene: è più facile camminare da soli che trascinare il gruppo. Ma nella Chiesa non vanno bene le fughe solitarie.
Il profeta è mandato nella grande città di Ninive.
Anche se gesù stesso risonosce che nessuno è profeta nella sua patria, non fugge da Gerusalemme che uccide i profeti e lapida coloro che le sono inviati; un profeta non muore fuori di Gerusalemme e muore perchè tutti siano profeti e, per lo Spirito effuso senza misura, i figli e le figlie profetizzino, i giovani abbiano visioni e gli anziani facciano sogni.

c) La ricerca ostinata del perdono
"La pace nasce da un cuore nuovo". La sconfitta della violenza non passa attraverso la violenza . La non violenza opera un cambiamento più profondo che non la distruzione operata dalle armi.
Si tratta di un atteggiamento nuovo dello Spirito: non più un cuore di pietra, ma un cuore di carne: l'incontro fraterno con gli altri, l'uso maturo della sessualità, il rispetto e la difesa della vita dal concepimento nel grembo materno alla sua fine naturale, la considerazione sincera, la vicinanza premurosa agli ammalati, la solidarietà con gli emarginati.
E il perdono. Il perdono. Il perdono.
Per correggere fatiche, orrore, dolore, peccato serve più il perdono che la giustizia.
Per rompere la catena della vendetta, per spegnere la rabbia, e il risentimento, per liberare il cuore dall'odio per vincere la violenza della sopraffazione c'è una sola arma sicura il perdono.
Usare il perdono è uccidere in noi la guerra e stabilire la pace.

d) L'attenzione vera al povero
La Chiesa non riuscirebbe a definirsi se non potesse chiamarsi "serva", a imitazione di Cristo, in obbedienza alla sua parola e al suo comando.
La Chiesa non potrebbe accolgiere il dono del risorto che è la pace, senza diventare operatrice di pace. La pace non si costruisce soltanto con la politica e con l'equilibrio delle forze e degli interessi, ma con lo spirito, con le idee, con le opere di pace. (cfr. Rinaldo Paganelli - voce Pastorale in Dizionario di teologia sulla Pace - Es B 1997)
Negli anni passati in qualche manifestazione è stato proclamato "fate l'amore, non fate la guerra".
Non tanto fare all'amore, cioè rifugiarsi nel privato, ripiegare nel sesso ogni energia, dedicarsi alla ricerca del piacere. Ma fare l'amore, cioè costruire ponti, stringere rapporti, allargare amicizie, moltiplicare le conoscenze, animare la solidarietà, mettersi al passo di coloro che vanno più lenti, cominciare a dare mano propiro dagli ultimi. Fate l'amore, non fate la guerra.
Bisogna dunque, lasciar cadere le armi dalle nostre mani. Non si può amare con le armi offensive in pugno.
Del resto il povero - qualunque povero: povero di pane, povero d'istruzione, ppovero di salute povero di pace - è sempre stato riconosciuto dalla Chiesa come sacramento di Cristo. Una carità ridotta ad essere un'opera buona, privata della sua ragione teologale stretta ("L'avete fatto a me", Mt. 25, 40), perde la suia connotazione cristiana, rischia di secolarizzarsi in filantropia.
Dal momento che Dio è fatto uomo, vivere da uomini come lui è vissuto, è il modo pèiù immediato per realizzare il Vangelo. Ogni azione di pace rivela che il Risorto è il crocifisso. La risurrezione non soltanto non sopprime la croce, ma neppure lo stile di Dio, che è stato quello di vincere nella debolezza. L'azione pastorale deve offrire la convinzione che il male è vinto, però sempre con uno stile di sofferenza, di lotta e di apparente sconfitta.
Diceva Emmanuel Lèvinas: "Solo un Dio vulnerabile può amare il prossimo!"

Scommettere sulla carità
49. Dalla comunione intra-ecclesiale, la carità si apre per sua natura al servizio universale, proiettandoci nell'impegno di un amore operoso e concretop verso ogni essere umano. E' un ambito, questo, che qualifica in modo ugualmente decisivo la vita cristiana, lo stile ecclessiale e la programmazione pastotrale. Il secoloe il millennio che si avviano dovranno ancora vedere, e anzi è auspicabile che lo vedano con forza maggiore, a quale grado di dedizione, sappia arrivare la carità verso i più poveri. Se siamo ripartiti davvero dalla contemplezione di Cristo, dovremo saperlo scorgere soprattutto nel volto di coloro con i quali egli stesso ha voluto identificarsi: "Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi" (Mt. 25, 35-36).
Questa pagina non è un semplice invito alla carità: è una pagina di cristologia, che proietta un fascio di luce sul mistero di Cristo. Su questa pagina, non meno che sul versante dell'ortodossia, la Chiesa misura la sua fedeltà di Sposa di Cristo.

Certo, non va dimenticato che nessuno può essere escluso dal nostro amore, dal momento che "con l'incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo a ogni uomo". Ma stando alle inequivocabili parole del vangelo, nella persona dei poveri c'è una sua presenza speciale, che impone alla Chiesa un'opzione preferenziale per loro. Attraverso tale opzione, si testimonia lo stile dell'amore di Dio, la sua provvidenza, la sua misericordia, e in qualche modo si seminano ancora nella storia quei semi del Regno di Dio che Gesù stesso pose nella sua vita terrena venendo incontro a quanti ricorrevano a lui per tutte le necessità spirituali e materiali.

In effetti, sono tanti, nel notro tempo, i bisogni che interpellano la sensibilità cristiana. Il nostro mondo comincia il nuovo millennio carico delle contraddizioni di una crescita economica, culturale, tecnologica, che offre a pochi fortunati grandi possibilità, lasciando milioni e milioni di persone non solo ai margini del progresso, ma alle prese con condizioni di vita ben al di sotto del minimo dovuto alla dignità umana. E' possibile che, nel nostro tempo, ci sia ancora chi muore di fame? Chi restacondannato all'analfabetismo? Chi manca delle cure mediche più elementari? Chi non ha una casa in cui ripararsi?

Lo scenario della povertà può allargarsi indefinamente, se aggiungiamo alle vecchie le nuove povertà, che investono spesso anche gli ambienti e le categorie non prive di risorse economiche, ma esposte alla disperazione del non senso, all'insidia della droga, all'abbandono nell'età avanzata o nella malattia, all'emarginazione o alla discriminazione sociale. Il cristiano, che si affaccia su questo scenario, deve imparare a fare il suo atto di fede in Cristo decifrandone l'appello che egli manda da questo mondo della povertà. Si tratta di continuare una tradizione di carità che ha avuto già nei due passati millenni tantissime espressioni, ma che oggi forse richiede ancora maggiore inventiva. E' l'ora di una nuova "fantasia della carità", che si dispieghi non tanto e non solo nell'efficacia dei soccorsi prestati, ma nella capacità di farsi vicini, solidali con chi soffre, così che il gesto di aiuto sia sentito non come obolo umiliante, ma come fraterna condivisione .

Dobbiamo per questo fare in modo che i poveri si sentano, in ogni comunità cristiana, come "a casa loro". Non sarebbe, questo stile, la più grande ed efficace presentazione della buona novella del regno? Senza questa forma di evangelizzazione, compiuta attraverso la carità e la testimonianza della povertà cristiana, l'annuncio del vangelo, che pur è la prima carità, rischia di essere incompreso o di affogare in quel mare di parole a cui l'odierna società della comunicazione quotidianamente ci espone. La carità delle opere assicura una forza inequivocabile alla carità delle parole. (NMI 49-50)

In che modo accendere la fantasia della carità
- Perché le parole del papa, in occasione della guerra del Golfo, diventino patrimonio di tutta la Chiesa?
"La guerra è un'avventura senza ritorno",
"è un declino dell'umanità intera",
" le esigenze dell'umanità ci impongono oggi di andare risolutamente verso l'assoluta proscrizione della guerra e di coltivare la pacve come bene supremo" (Al Corpo Diplomatico, 12.01.1991)?
E far tutto questo con l'approfondimento delle arti della negoziazione e della mediazione, acquistando competenza nella gestione dei conflitti?
- Perché si trovi un modo diverso da quello dei barrichederi di professione per opporsi a quel pensiero unico iper-liberista e illiberale che troppo spesso nasconde dietro l'etichetta "globale" interessi assai particolari, affinchè la violenza che devasta le vie cittadine, incendia macchine, sfonda vetrine, non diventi l'occasione ghiotta, specie in mondovisione, per criminalizzare ogni posizione contraria all'idea di un mondo trasformato in un enorme supermercato, dove ogni cosa si può comprare e vendere, perché tutto ha prezzo (compreso gli esseri umani)? (cfr. Avvenire, 22 Aprile 2001, articolo di Vittorio E. Parsi)
- Perché il magistero conciliare e pontificio sulla pace sia conosciuto e accolto non solo a livello di dottrina, ma di mentalità e di prassi comune nella Chiesa e nelle Chiese per cui diventa costume lo slogan. "contro la fame, cambia la vita"? Compra le cose necessarie, non cedere alle offerte e alle pubblicità. Usa il televisore come il ferro da stiro e la lavatrice. Muoviti il più possibile a piedi, in bicicletta e con i mezzi pubblici. Fai la raccolta differenziata dei rifiuti o impegnati perché venga realizzata. Prova a tenere il tuo bilancio e metti sempre in bilancio la parte dei poveri.
In che modo accendere la fantasia della carità, perché "la Charta Oecumenica" (firmata il 22 aprile a Strasburgo dal Card. Miloslav Vlk, arcivescovo di Praga, e dal Metropolita ortodosso Jérémie, presidente, il primo, del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee e il secondo presidente della Conferenza delle Chiese d'Europa) non rimanga in un cassetto o serva solo come documento da citare, ma diventi un impegno da vivere,
in ordine alle responsabilità delle Chiese in Europa, affinchè l'Europa abbia un'anima non solo commerciale, ma nache umana;
in ordine all'impegno di non lasciarsi più strumentalizzare per nascondere nazionalismi, razzismi, conflitti fra i sessi, per risolvere conflitti senza ricorrere violenza, per salvaguardare il creato?
- Perché nel nuovo quadro del servizio militare in Italia, il volontariato sia aiutato a considerare positivo per tutti i giovani uomini e donne il dono di un prezzo del proprio tempo per il servizio ai fratelli che sono in maggior disagio?
- Perché cresca dentro e fuori della Chiesa il metodo della nonviolenza, come metodo di non accettazione di nessun nemico in nessun campo?
- Perché cessi la corsa agli armamenti e il commercio delle armi senz ail controllo di organismi internazionali?
- Perché alcune felici inziative come quella della remissione del debito estero dei Paesi poveri curata dalla Cei rimangano vive e si approfondiscano e si allarghino?
- Perché l'Onu, dopo l'esperienza di oltre mezzo secolo, cresca e risponda meglio a una situazione del mondo che è molto cambiata, e si strutturi, pertanto, favorendo loa partecipazione e l'uguaglianza dei membri, difenda non solo la libertà dei popoli e la loro cultura, ma anche - a cominciare dai più piccoli e deboli- "il progresso dei popoli" che è il nome della pace?
- Perché a livello europeo e internazionale si crei una Polizia che garantisca il rispetto della vita, l'ordine fra la popolazione, il controllo del crimine, la difesa dei deboli e dei piccoli?
- Perché l'associazione nazionale Pax Christi abbia contatto, coordinamento, collaborazione con gli organismi ecclesiali e non, che afferiscono al tema della pace, con la commissione Pontificia "Iustizia e Pax", anche in ordine ad azioni concrete, come la presenza nonviolenta nelle zone in conflitto, e in ordine a pressioni morali per aprire o allargare strade di pace nell'attuale geografia mondiale? Diceva Bonhoeffer: "Abbiamo imparato un po' troppo tardi che l'origine dell'azione non è il pensiero, ma la disponibilità alla corresponsabilità. Per noi il pensiero era molte volte il lusso dello spettatore, per voi sarà completamte al servizio del fare".

Sia per tutti noi conclusivo quanto il papa Giovanni Paolo II scrive nella conclusione della lettera apostolica "Novo Millennio ineunte":
Andiamo avanti con speranza! Un nuovo millennio si apre davanti alla Chiesa come oceano vasto in cui avventurarsi, contando sull'aiuto di Cristo. Il Figlio di Dio, che si è incarnato duemila anni or sono per amore dell'uomo, compie anche oggi la sua opera: dobbiamo avere occhi penetranti per vederl, e soprattutto un cuore grande per diventare noi stessi strumenti.

Il nostro passo, all'inizio di questo nuovo secolo, deve farsi più spedito nel ripercorrere le strade del mondo.

Ci accompagna in questo cammino la Vergine Santissima.

Gesù risorto, che si accompagna a noi sulle nostre strade, lasciandosi riconoscere, come dai discepoli di Emmaus "nella spezzar del pane" (Lc. 24, 35), ci trovi vigili e pronti per riconoscere il suo volto e correre dai nostri fratelli a portare il grande annuncio: "Abbiamo visto il Signore!" (Gv. 20, 25).

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