CONGRESSO NAZIONALE DI PAX CHRISTI
Marina di Massa, 30 aprile
RELAZIONE CARD. PIOVANELLI
Avete scelto bene l'immagine, il logo, per questo Congresso
di Pax Christi, primo del nuovo millennio: il ramo di mandorlo.
All'inizio del libro di Geremia profeta, subito dopo la chiamata
- chiamata scritta da Dio nella vita dell'uomo di Anathot per
la quale Dio stende la mano e tocca la bocca di Geremia - appare
l'immagine.
"Mi fu rivolta questa parola del Signore: che cosa vedi
Geremia?
Risposi: vedo un ramo di mandorlo.
Il Signore aggiunse: hai visto bene, perchè io vigilo
nella mia parola per realizzarla" (Ger, 1, 11-12)
Dopo la chiamata, perciò all'inizio della missione
profetica.
All'inizio del nuovo millennio (Novo millennio ineunte)
Cosa vedi, fratello?
Cosa vedi, sorella?
Vedi anche tu un ramo di mandorlo?
Il mandorlo è il primo a fiorire nella primavera.
Quella pennellata di bianco, nella natura ancora senza segni
di vita, ti dice: l'inverno è passato. La vita sta per
rifiorire sulla terra.
Quell'occhio che si apre in uno scenarioancora addormentato ti
avverte: comincia il risveglio dopo il lungo sonno invernale.
Vedi anche tu un ramo di mandorlo?
Il lungo invermo di questo ventesimo secolo, è stato
segnato da due guerre mondiali, che hanno visto "la meglio
gioventù andar sotterra", dice una canzone alpina
e i calcoli scientifici precisano:
"nella prima guerra mondiale i morti furono il 5% civili
e 95% militari, si poteva sostenere che i civili erano morti
incidentalmente.
Nella guerra di Korea 84% civili e il 16% militari: si può
ormai sostenere che i militari morirono incidentalmente.
Dalla fine della seconda guerra mondiale si calcola che siamo
morte 25 milioni di persone nelle guerre e conflitti locali"
(Don Milani, "L'obbedienza non è più una virtù").
Un inverno in cui il badget annuale di materiale bellico supera
di due volte l'insieme di tutti gli stanziamenti per l'educazione
e la sanità effettuati nei Paesi in Via di Sviluppo.
L'Italia partecipa in modo molto consistente alla produzione
e al commercio di armi (nella graduatoria mondiale occupava il
quarto posto, quindici anni fa; e ora?).
E questo materiale è venduto a Paesi poveri, i quali
così aumentano il numero dei morti e gli affamati: infatti,
le spese militari fanno guadagnare i Paesi produttori più
ricchi sulla pelle e sul sangue dei Paesi più poveri e
arretrati nello sviluppo.
Un inverno che vede perdurare la divisione tra un mondo che
consuma l'ottanta per cento delle ricchezze e un mondo (80% -
8 persone su 10) che è denutrita. Oggi la quantità
di uomini e donne che patiscono la fame è la più
alta conosciuta finora e gli affamati stessi prendono coscienza
che la loro miseria coabita con l'opulenza, col pericolo che
esploda la rabbia dei poveri.
Per la sola carenza di vitamina "A" ogni anno nel Terzo
Mondo decine di migliaia di bambini diventano ciechi.
Nel Terzo Mondo è un atto di vera "strage degli innocenti":
in Africa 108 bambini su 1000 muoino prima del compimento del
quinto anno di età, in America Latina sono 54, nel Sud-
Est asiatico 41. Cinque milioni di bambini sono uccisi ogni anno
da malattie infettive che potrebbero essere evitate con misure
immunitarie.
Il costo di un programma di vaccinazione che proteggesse da queste
malattie tutti i bambini del Terzo Mondo sarebbe di poco inferiore
ai 600 milioni di dollari (circa 750 miliardi di lire). Ma l'Organizzazione
Mondiale della Sanità non dispone di questa cifra che
è inferiore alla spesa mondiale di un solo giorno per
gli armamenti.
Un inverno che registra il ritorno della schiavitù per
le donne ingannate con la prospettiva del lavoro, avviate e costrette
alla prostituzione: criminali che le sfruttano sottopendole alla
paura di ignobili ricatti e orribili punizioni, cooperatori del
crimine quanti pagano le loro prestazione e ne fanno strumento
del loro piacere e della loro perversione.
Vedi davvero un mandorlo fiorito?
Non mancano certamente i segni positivi.
"Mai il genere umano ebbe a disposizione tante ricchezze
e possibilità di potenza economica...
Mi ebbe un senso così acuto della libertà...
Forse per la prima volta il mondo avverte così lucidamente
la sua unità e la mutua interdipendenza dei singoli in
una necessaria solidarietà...
Aumenta lo scambio di idee...
Con ogni sforzo si vuol costruire un ordine temporale più
perfetto..." (GS, 4).
Sicuramente siamo distanti dal tempo tempo in cui negli anni
trenta, il tempo della guerra di Abissinia, il partito fascista
organizzava bambini e adolescenti delle scuole per gridare "contro
la perfida Albione" "Dio stramaledica gli inglesi!".
Siamo lontani, sicuramente, dalle leggi razziali e dalla persecuzione
contro gli Ebrei.
Come siamo lontani da quelle efferate disumane vendette e giustizie
sommarie che caratterizzano il periodo dell'immediato dopo-guerra.
I popoli attanagliati dalla fame chiamano in causa i popoli più
ricchi.
Le donne rivendicano la parità con gli uomini non solo
di diritto, ma anche di fatto.
Operai contadini non vogliono solo guadagnare il necessario per
vivere, ma vogliono sviluppare la loro personalità col
lavoro e prendere la loro parte nella organizzazione della vita
economica, sociale, politica e culturale.
Proprio per questo e per quanto detto sopra ci sembra che colga
nel segno il Concilio vaticano II quando nella costituzione della
Chiesa nel mondo contemporaneo esclama: "stando così
le cose, il mondo si presenta oggi potente a un tempo e debole,
capace di operare al meglio e il paggio, mentre gli si apre dinanzi
la strada della libertà o della schiavitù, del
progresso o del regresso, della fraternità, della fraternità
e dell'odio (GS, 9).
Vedi un mandorlo fiorito?
Se uno facesse a me questa domanda, io risponderei come il Papa
nelle lettera apostolica "Tertio Millennio Ineunte".
"Come non ricordare - egli dice - specialmente il gioioso
ed entusiasmante raduno dei giovani'"
Il Giubileo dei giovani ci ha come "spiazzati", consegnandoci
il messaggio di una gioventù che esprime un anelito profondo,
nonostante possibili ambiguità, verso quei valori autenticiche
hanno in Cristo la loro pienezza" (NMD, 9).
Anch'io come il Papa, come tanti di noi che erano presenti alla
Giornata della Gioventù, ho vibrato al loro al loro entusiasmo,
ho avvertito l'intensità del loro ascolto, la volontà
di diventare "sentinelle del mattino" (Is. 21, 11-12)
in questa aurora del nuovo millennio.
"Sentinella, quanto resta della notte?"
I giovani sono le sentinelle che maggiormente soffrono e denunciano
il buio della notte che persiste e con più ardore anelano
alla luce del mattino.
Per loro è più difficile accettare che la Chiesa
comprenda nel suo seno anche i peccatori, coloro che hanno paura
di rischiare, che preferiscono tenere ammainata la propria vela,
che abitano ancora nel cenacolo con le porte e le finestre chiuse
e come Simon Pietro, interpellati sul loro Mestro, dichiarano
di non conoscerlo.
La Chiesa, insieme santa e bisognosa di purificazione, è
chiamata a vincere con pazienza e amore le sue interne ed esterne
afflizioni e difficoltà.
Il testo della "Lumen Gentium" dice che per far questo
la Chiesa trova forza della forza del Signore risorto.
"Cosa vedi Geremia?" Risponde: "Vedo un mandorlo
fiorito, perchè io vigilo sulla mia parola per realizzarla".
In ebraico mandorlo si dice "vigilante", poichè
a causa della sua fioritura precoce sembra stare in attesa della
primavera per darne l'annuncio.
Il gioco di parole sdottolinea che il Signore è il mandorlo
fiorito. Come un mandorlo fiorito garantisce la primavera con
la fioritura dei fiori, degli alberi, di tutta la natura, così
Gesù risorto garantisce la realizzazione della sua parola.
Diceva Giorgio La Pira: "Il corpo glorioso di Cristo agisce
sulla Chiesa sempre più unificandola, costruendola, santificandola!"
"Il corpo glorioso di Cristo risorto agisce invincibilmente
(malgrado tutto) come lievito trasformatore e come modello elevante,
attrattivo, sul corpo della città terrestre, sul corpo
totale delle famiglie, delle città, delle nazioni, delle
civiltà, dei popoli, di tutto il pianeta" ( "Il
focolare" n.13, 29 maggio 1970).
"La storia che da Lui, il Risorto, 'è mossa', tende
irreversibilmente all'unità, al disarmo, alla giustizia,
alla 'liberazione' e alla pace dell'intera famiglia dei popoli!"
("Il focolare" n.9-10, 2-16 maggio 1976).
Ora tu vedi il mandorlo: non è tanto quello che di positivo
esce dalle mie mani, e di suo, neppure quello che colgo nella
storia degli uomini miei fratelli, quanto il fatto della risurrezione,
che si riflette certo anche sui piccoli specchi della nostra
vita e delle nostre singole azioni - addirittura anche nella
vita di uomini e domne al di fuori della Chiesa (degli uomini
di buona volontà) - ma già in sé è
una tale realtà che genra in me la fede di Abramo e mi
fa sperare contro ogni speranza.
"E' Cristo che attraverso la Chiesa lancia la speranza di
Abramo nel mondo per finalizzare la storia di tutti i popoli
sino al termine dei secoli" (La Pira . La strada di Isaia,
discorso al Convegno per lo sviluppo dei popoli nell'area meditterranea,
Cagliari, 1973).
Il Risorto vigila sulla sua parola per realizzarla.
La sua parola. Quel è la prima parola del Risorto,
quella che fiorisce per prima sulle sue labbra, quando egli incontra
i suoi?
L'evangelista Giovanni racconta: mentre erano chiuse le porte
del luogo dove si trovavano i discepoli per timor dei Giudei,
venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: "Pace
a voi!".
Detto questo mostrò le mani e i piedi.
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con
loro anche Tommaso. Venne Gesù a porte chiuse, si fermò
in mezzo a loro e disse: Pace a voi! Poi disse a Tommaso: "metti
il tuo dito e guardale mie mani" (Gv. 20, 19 ss.).
Dunque, appena in mezzo ai suoi, prima ancora di mostrare le
mani e i piedi stigmatizzati, segno vivo e palpitante di lui
crocifisso; e otto giorni dopo, nuovamente nel cenacolo, prima
di rivolgersi a Tommaso perchè tocchi la carne risorta,
e non sia più incredulo, ma credente, in mezzo ai discepoli
disse: "Pace a voi!".
E' facile ripetere con la lettera agli Efesini: Cristo è
la nostra pèace!...Egli è venuto ad annunziare
la pace a voi che eravate lontani e pace a coloro che erano vicini
(Ef. 2, 14-17).
Pax Christi!
Nella Bibbia la parola "shalom" indica globalmente
benessere, armonia e pienezza e si riferisce a tutte le dimensioni
dell'esistenza umana: al rapporto con Dio, con se stessi, con
gli altri, con il cosmo. Essa è dono di Dio, benedizione
che scende su ogni uomo che agisce secondo la giustizia.
La pace è fondamentalmente dono di Dio, "benedizione"
che deve essere accolta nella fedeltà all'alleanza e alle
sue esigenze di giustizia.
Gesù è venuto a dare compimento alle promesse di
Dio e alle attese del popolo, annuncia e realizza la pace. Anzi
è la pace!
Pax Christus!
Infatti, bisogna dire con Tonino Bello: "La pace non è
tanto un problema morale, quanto un problema di fede.
Perchè, più che il nostro agire, tocca il nostro
essere di persone 'conformate a Cristo' in profondità,
non con l'aggiunta esteriore d'incarichi, ma con l'unzione dell'olio
che penetra e consacra radicalmente" (Omelie e scritti Quaresimali,
40).
"E' malinconico - dice ancora il vescovo Tonino -osservare
oggi (se si eccettuano le audaci sortite del Papa, di qualche
episcopato e di pochi gruppi) i tentennamenti delle nostre Chiese.
Quello della pace sembra un campo minato da mille prudenze, recintato
dal filo spinato di mille circospezioni, protetto da pavidi silenzi.
Non ci decidiamo ancora, come popolo profetico, a uscire allo
scoperto. Ci nascondiamo dietro i fortilizi delle logiche umane.
Viviamo ambigue neutralità, che tutti possono essere meno
che "disarmate" (Bello, o.c. 43-44).
Usciamo allo scoperto. Colui che è uscito veramente allo
scoperto è Gesù. Tanto allo scoperto da essere
innalzato, come Mosè innalzò il serpente nel deserto.
Così, Egli ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo
il muro della separazione che era in mezzo, cioè l'inimicizia,
annullando per mezzo della sua carne, la legge fatta di prescrizioni
e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un uomo nuovo,
facendo la pace e per riconciliare tutti e due in un solo corpo,
per mezzo della croce, distruggendo in se stesso l'inimicizia
(Ef. 2, 14-16).
Uscire allo scoperto è fare emergere la nostra conformazione
a Cristo.
O meglio, permettere a Cristo, sepolto nella nostra vita, di
rovesciare la pietra del sepolcro che è l'abitudine, la
paura, il calcolo, il possesso e, nella nostra vita, mostrarsi
risorto.
Risorto, che ha fatto dei due un popolo solo, ha fatto dei
due un solo uomo nuovo, riconciliando tutti e due in un solo
corpo distruggendo in se stesso l'inimicizia.
Il santo padre Paolo VI nel suo discorso all'ONU, il 4 ottobre
1965, disse parole per edificare la pace che possono aiutare
l'eplosione della Pasqua nella nostra vita.
Non usare usare la formula gli uni o gli altri, ma gli uni e
gli altri: ogni esclusione ti impoverisce, è una diminuizione
della tua umanità.
Gli uni con gli altri per la divisione dei problemi, la solidarietà
del bisogno, la collaborazione progressiva in tutti i campi possibili,
al di là delle differenze di razza e di etnia, di lingua
e di cultura, di grado sociale e di religione.
Non l'uno sopra l'altro. E' la formula della uguaglianza, che
ha per tutti gli uomini l'inalienabile grandezza della natura
umana e ha per tutti i cristiani l'incomparabile dignità
di figli di Dio.
Mi più gli uni contro gli altri. Proclamava John Kennedy:
"L'umanità deve porre fine alla guerra, o la guerra
porrà fine all'umanità". Basta ricordare il
sangue di milioni di uomini, gli orrori dei campi di sterminio,
le inaudite sofferenze dei prigionieri e dei profughi.
Gli uni per gli altri sempre. Non basta coesistere, non basta
condividere. occorre instaurare un sistema e un'abitudine di
aiuto reciproco e di condivisione nel campo dei beni materiali,
dei bani culturali, dei beni spirituali; sta qui, secondo la
parola di Gesù, il segreto della crescita personale, del
progresso sociale, della pace e della gioia: "Date e vi
sarà dato: una buona misura, pagata, scossa e traboccante
vi sarà versata nel grembo, perchè con la misura
con cuimisurate, sraà misurato a voi in cambio" (Lc.
6, 38).
Il Signore Risorto vigila sulla sua Parola per realizzarla.
Devi credere alla fedeltà di Dio. E' molto bello, significativo
e fecondo che molti di voi abbiano chiesto di riporre o porre
al centro dell'attività (di studio, di formazione, di
educazione, ecc.) la Parola di Dio.
E' questo un tempo a cui si possono applicare le parole del profeta
Amos: "Ecco, verranno i giorni - dice il Signore Dio - in
cui manderò la fame nel Paese, non fame di pane, nè
sete di acqua, ma d'ascoltare la aprola del Signore".
Non deludete quanti sono inseriti nel vostro movimento o, comunque,
incrociano le vostre strade: un cristiano è sempre dinanzi
agli altri, debitore della Parola di Dio.
E non è forse questa questa caratterizzazione necessaria
anche per Pax Christi nell'arcipelago variegato delle realtà
impegnate per la pace? Esse potrebbero dirvi, come il filosofo
marxista Garaudy: "Voi che avete raccolto e coservato questa
grande speranza, che è Cristo, rendetecelo, egli appartiene
a tutto il mondo".
Del resto cè qualcosa du più vivo, di più
efficace e tagliente della Parola di Dio, quando si tratta di
problemi che coinvolgono la vita, gli interessi, le sensibilità
dell'uomo e della società? Essa penetra fino al punto
di divisione dell'anima e dello spirito, delle giunture e della
midolla e scruta i sentimenti e i pnesieri del cuore (Ebr. 4,12).
Devi rispondere con l'amore alla fedeltà di Dio.
La fedeltà di Gesù è una fedeltà
all'uomo - ad ogni uomo e all'uomo intero, una fedeltà
così profonda che egli ha condiviso tutto ciò che
è umano, tranne il peccato.
Non c'è, dunque, situazione che non si possa iscrivere
nella storia di Gesù con la certezza che Egli ha una parola
da dire per farci cambiare o confermarci, per consolarci o spingerci
alla conversione e alla sequela.
Non cè, dunque, situazione in cui tu non possa mettere
il dono del tuo amore e, quindi, condividere, solidarizzare,
diventare cireneo o addirittura salire per gli altri sulla croce.
Con l'umiltà di chi sa di essere chiamato dal Padre comune
ad essere conforme all'immagine del suo Figlio e di presentarsi
solo come una immagine sbiadita o molto parziale del suo amore.
Devi farti fasciare della speranza e vivere perciò la
gioia del "già", sapendo riconoscere dovunque
i riflessi di verià e i semi del Verbo sparsi con abbondanza
dallo Spirto, e coniugare insieme la tensione del "non ancora"
verso il quale continuamente sospinge il vento dello Spirito,
sapendo che anche la terra e la storia e la tua vita e la vita
delle comunità sono chiamate ad essere epifania del Regno.
Significativo La Pira che scriveva negli anni '50 ai sofferenti
e agli anziani: "quando saremo in paradiso diremo: ma guarda,
assomiglia a Firenze!".
Bisogna essere fasciati di speranza come il Patriarca Abramo
che avanzò sempre sperando contro ogni speranza e salendo
sino alla cima del monte Moria perchè è sul monte
che Dio provvede, è quando cioè tu sei salito sino
alla vetta della tua fedeltà che il Signore manifesta
la sua fedeltà.
Un cristiano non ha paura di essere mescolato con gli uomini
nelle cose penultime, ma tiene gli occhi del suo impegno e della
sua coerenza ben fissi sulle cose ultime.
Per verificare la bontà della tua posizione e non perdere
l'orientamento ci sono quattro punti cardinali: sono le coordinate
del tuo cammino.
a) Il confronto con la purezza del vangelo.
Non il Vangelo adoperato per sostenere le nostre idee o per accusare
i nostri avversari.
Ma il vangelo scelto come "carta di vita dove ricercare
, come S. Francesco d'Assisi, la regola della propria esistenza.
Il Vangelo da cui, come dal tesoro consegnato allo scriba dotto
del regnodei cieli, si traggono fuori cose nuove e cose antiche.
Un Vangelo che, con la penna di tutti i giorni, viene scritto
nella vita del cristiano e diventa "il quinto evangelio",
di Mario Pomilio, cioè il Vangelo testimoniato, scritto
sulla tavola del cuore e splendente nelle opere, che i popoli
leggono ancora.
b) La verifica della comunità
Mi ha sempre colpito la doppia domanda del filosofo ebreo Emmanuel
Lèvinas: "Se io non rispondo, chi risponderà
per me? Ma se rispondo da solo, sono ancora io?". Dio è
un Dio unico, non un Dio solitario.
Tu hai un'identità personale unica, sei irripetibile.
Ma da solo non sei pienamente te stesso.
Tu sai che il Signore ha legato la sua perticolare presenza al
fatto comunitario (dove due o tre...).
Tu sai che il messaggio più forte di pace nasce dal nostro
essere uno.
Lo so bene: è più facile camminare da soli che
trascinare il gruppo. Ma nella Chiesa non vanno bene le fughe
solitarie.
Il profeta è mandato nella grande città di Ninive.
Anche se gesù stesso risonosce che nessuno è profeta
nella sua patria, non fugge da Gerusalemme che uccide i profeti
e lapida coloro che le sono inviati; un profeta non muore fuori
di Gerusalemme e muore perchè tutti siano profeti e, per
lo Spirito effuso senza misura, i figli e le figlie profetizzino,
i giovani abbiano visioni e gli anziani facciano sogni.
c) La ricerca ostinata del perdono
"La pace nasce da un cuore nuovo". La sconfitta della
violenza non passa attraverso la violenza . La non violenza opera
un cambiamento più profondo che non la distruzione operata
dalle armi.
Si tratta di un atteggiamento nuovo dello Spirito: non più
un cuore di pietra, ma un cuore di carne: l'incontro fraterno
con gli altri, l'uso maturo della sessualità, il rispetto
e la difesa della vita dal concepimento nel grembo materno alla
sua fine naturale, la considerazione sincera, la vicinanza premurosa
agli ammalati, la solidarietà con gli emarginati.
E il perdono. Il perdono. Il perdono.
Per correggere fatiche, orrore, dolore, peccato serve più
il perdono che la giustizia.
Per rompere la catena della vendetta, per spegnere la rabbia,
e il risentimento, per liberare il cuore dall'odio per vincere
la violenza della sopraffazione c'è una sola arma sicura
il perdono.
Usare il perdono è uccidere in noi la guerra e stabilire
la pace.
d) L'attenzione vera al povero
La Chiesa non riuscirebbe a definirsi se non potesse chiamarsi
"serva", a imitazione di Cristo, in obbedienza alla
sua parola e al suo comando.
La Chiesa non potrebbe accolgiere il dono del risorto che è
la pace, senza diventare operatrice di pace. La pace non si costruisce
soltanto con la politica e con l'equilibrio delle forze e degli
interessi, ma con lo spirito, con le idee, con le opere di pace.
(cfr. Rinaldo Paganelli - voce Pastorale in Dizionario di teologia
sulla Pace - Es B 1997)
Negli anni passati in qualche manifestazione è stato proclamato
"fate l'amore, non fate la guerra".
Non tanto fare all'amore, cioè rifugiarsi nel privato,
ripiegare nel sesso ogni energia, dedicarsi alla ricerca del
piacere. Ma fare l'amore, cioè costruire ponti, stringere
rapporti, allargare amicizie, moltiplicare le conoscenze, animare
la solidarietà, mettersi al passo di coloro che vanno
più lenti, cominciare a dare mano propiro dagli ultimi.
Fate l'amore, non fate la guerra.
Bisogna dunque, lasciar cadere le armi dalle nostre mani. Non
si può amare con le armi offensive in pugno.
Del resto il povero - qualunque povero: povero di pane, povero
d'istruzione, ppovero di salute povero di pace - è sempre
stato riconosciuto dalla Chiesa come sacramento di Cristo. Una
carità ridotta ad essere un'opera buona, privata della
sua ragione teologale stretta ("L'avete fatto a me",
Mt. 25, 40), perde la suia connotazione cristiana, rischia di
secolarizzarsi in filantropia.
Dal momento che Dio è fatto uomo, vivere da uomini come
lui è vissuto, è il modo pèiù immediato
per realizzare il Vangelo. Ogni azione di pace rivela che il
Risorto è il crocifisso. La risurrezione non soltanto
non sopprime la croce, ma neppure lo stile di Dio, che è
stato quello di vincere nella debolezza. L'azione pastorale deve
offrire la convinzione che il male è vinto, però
sempre con uno stile di sofferenza, di lotta e di apparente sconfitta.
Diceva Emmanuel Lèvinas: "Solo un Dio vulnerabile
può amare il prossimo!"
Scommettere sulla carità
49. Dalla comunione intra-ecclesiale, la carità si apre
per sua natura al servizio universale, proiettandoci nell'impegno
di un amore operoso e concretop verso ogni essere umano. E' un
ambito, questo, che qualifica in modo ugualmente decisivo la
vita cristiana, lo stile ecclessiale e la programmazione pastotrale.
Il secoloe il millennio che si avviano dovranno ancora vedere,
e anzi è auspicabile che lo vedano con forza maggiore,
a quale grado di dedizione, sappia arrivare la carità
verso i più poveri. Se siamo ripartiti davvero dalla contemplezione
di Cristo, dovremo saperlo scorgere soprattutto nel volto di
coloro con i quali egli stesso ha voluto identificarsi: "Ho
avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete
dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete
vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti
a trovarmi" (Mt. 25, 35-36).
Questa pagina non è un semplice invito alla carità:
è una pagina di cristologia, che proietta un fascio di
luce sul mistero di Cristo. Su questa pagina, non meno che sul
versante dell'ortodossia, la Chiesa misura la sua fedeltà
di Sposa di Cristo.
Certo, non va dimenticato che nessuno può essere escluso
dal nostro amore, dal momento che "con l'incarnazione il
Figlio di Dio si è unito in certo modo a ogni uomo".
Ma stando alle inequivocabili parole del vangelo, nella persona
dei poveri c'è una sua presenza speciale, che impone alla
Chiesa un'opzione preferenziale per loro. Attraverso tale opzione,
si testimonia lo stile dell'amore di Dio, la sua provvidenza,
la sua misericordia, e in qualche modo si seminano ancora nella
storia quei semi del Regno di Dio che Gesù stesso pose
nella sua vita terrena venendo incontro a quanti ricorrevano
a lui per tutte le necessità spirituali e materiali.
In effetti, sono tanti, nel notro tempo, i bisogni che interpellano
la sensibilità cristiana. Il nostro mondo comincia il
nuovo millennio carico delle contraddizioni di una crescita economica,
culturale, tecnologica, che offre a pochi fortunati grandi possibilità,
lasciando milioni e milioni di persone non solo ai margini del
progresso, ma alle prese con condizioni di vita ben al di sotto
del minimo dovuto alla dignità umana. E' possibile che,
nel nostro tempo, ci sia ancora chi muore di fame? Chi restacondannato
all'analfabetismo? Chi manca delle cure mediche più elementari?
Chi non ha una casa in cui ripararsi?
Lo scenario della povertà può allargarsi indefinamente,
se aggiungiamo alle vecchie le nuove povertà, che investono
spesso anche gli ambienti e le categorie non prive di risorse
economiche, ma esposte alla disperazione del non senso, all'insidia
della droga, all'abbandono nell'età avanzata o nella malattia,
all'emarginazione o alla discriminazione sociale. Il cristiano,
che si affaccia su questo scenario, deve imparare a fare il suo
atto di fede in Cristo decifrandone l'appello che egli manda
da questo mondo della povertà. Si tratta di continuare
una tradizione di carità che ha avuto già nei due
passati millenni tantissime espressioni, ma che oggi forse richiede
ancora maggiore inventiva. E' l'ora di una nuova "fantasia
della carità", che si dispieghi non tanto e non solo
nell'efficacia dei soccorsi prestati, ma nella capacità
di farsi vicini, solidali con chi soffre, così che il
gesto di aiuto sia sentito non come obolo umiliante, ma come
fraterna condivisione .
Dobbiamo per questo fare in modo che i poveri si sentano,
in ogni comunità cristiana, come "a casa loro".
Non sarebbe, questo stile, la più grande ed efficace presentazione
della buona novella del regno? Senza questa forma di evangelizzazione,
compiuta attraverso la carità e la testimonianza della
povertà cristiana, l'annuncio del vangelo, che pur è
la prima carità, rischia di essere incompreso o di affogare
in quel mare di parole a cui l'odierna società della comunicazione
quotidianamente ci espone. La carità delle opere assicura
una forza inequivocabile alla carità delle parole. (NMI
49-50)
In che modo accendere la fantasia della carità
- Perché le parole del papa, in occasione della guerra
del Golfo, diventino patrimonio di tutta la Chiesa?
"La guerra è un'avventura senza ritorno",
"è un declino dell'umanità intera",
" le esigenze dell'umanità ci impongono oggi di andare
risolutamente verso l'assoluta proscrizione della guerra e di
coltivare la pacve come bene supremo" (Al Corpo Diplomatico,
12.01.1991)?
E far tutto questo con l'approfondimento delle arti della negoziazione
e della mediazione, acquistando competenza nella gestione dei
conflitti?
- Perché si trovi un modo diverso da quello dei barrichederi
di professione per opporsi a quel pensiero unico iper-liberista
e illiberale che troppo spesso nasconde dietro l'etichetta "globale"
interessi assai particolari, affinchè la violenza che
devasta le vie cittadine, incendia macchine, sfonda vetrine,
non diventi l'occasione ghiotta, specie in mondovisione, per
criminalizzare ogni posizione contraria all'idea di un mondo
trasformato in un enorme supermercato, dove ogni cosa si può
comprare e vendere, perché tutto ha prezzo (compreso gli
esseri umani)? (cfr. Avvenire, 22 Aprile 2001, articolo di Vittorio
E. Parsi)
- Perché il magistero conciliare e pontificio sulla pace
sia conosciuto e accolto non solo a livello di dottrina, ma di
mentalità e di prassi comune nella Chiesa e nelle Chiese
per cui diventa costume lo slogan. "contro la fame, cambia
la vita"? Compra le cose necessarie, non cedere alle offerte
e alle pubblicità. Usa il televisore come il ferro da
stiro e la lavatrice. Muoviti il più possibile a piedi,
in bicicletta e con i mezzi pubblici. Fai la raccolta differenziata
dei rifiuti o impegnati perché venga realizzata. Prova
a tenere il tuo bilancio e metti sempre in bilancio la parte
dei poveri.
In che modo accendere la fantasia della carità, perché
"la Charta Oecumenica" (firmata il 22 aprile a Strasburgo
dal Card. Miloslav Vlk, arcivescovo di Praga, e dal Metropolita
ortodosso Jérémie, presidente, il primo, del Consiglio
delle Conferenze Episcopali Europee e il secondo presidente della
Conferenza delle Chiese d'Europa) non rimanga in un cassetto
o serva solo come documento da citare, ma diventi un impegno
da vivere,
in ordine alle responsabilità delle Chiese in Europa,
affinchè l'Europa abbia un'anima non solo commerciale,
ma nache umana;
in ordine all'impegno di non lasciarsi più strumentalizzare
per nascondere nazionalismi, razzismi, conflitti fra i sessi,
per risolvere conflitti senza ricorrere violenza, per salvaguardare
il creato?
- Perché nel nuovo quadro del servizio militare in Italia,
il volontariato sia aiutato a considerare positivo
per tutti i giovani uomini e donne il dono di un prezzo del proprio
tempo per il servizio ai fratelli che sono in maggior disagio?
- Perché cresca dentro e fuori della Chiesa il metodo
della nonviolenza, come metodo di non accettazione di nessun
nemico in nessun campo?
- Perché cessi la corsa agli armamenti e il commercio
delle armi senz ail controllo di organismi internazionali?
- Perché alcune felici inziative come quella della remissione
del debito estero dei Paesi poveri curata dalla Cei rimangano
vive e si approfondiscano e si allarghino?
- Perché l'Onu, dopo l'esperienza di oltre mezzo secolo,
cresca e risponda meglio a una situazione del mondo che è
molto cambiata, e si strutturi, pertanto, favorendo loa partecipazione
e l'uguaglianza dei membri, difenda non solo la libertà
dei popoli e la loro cultura, ma anche - a cominciare dai più
piccoli e deboli- "il progresso dei popoli" che è
il nome della pace?
- Perché a livello europeo e internazionale si crei una
Polizia che garantisca il rispetto della vita, l'ordine fra la
popolazione, il controllo del crimine, la difesa dei deboli e
dei piccoli?
- Perché l'associazione nazionale Pax Christi abbia contatto,
coordinamento, collaborazione con gli organismi ecclesiali e
non, che afferiscono al tema della pace, con la commissione Pontificia
"Iustizia e Pax", anche in ordine ad azioni concrete,
come la presenza nonviolenta nelle zone in conflitto, e in ordine
a pressioni morali per aprire o allargare strade di pace nell'attuale
geografia mondiale? Diceva Bonhoeffer: "Abbiamo imparato
un po' troppo tardi che l'origine dell'azione non è il
pensiero, ma la disponibilità alla corresponsabilità.
Per noi il pensiero era molte volte il lusso dello spettatore,
per voi sarà completamte al servizio del fare".
Sia per tutti noi conclusivo quanto il papa Giovanni Paolo
II scrive nella conclusione della lettera apostolica "Novo
Millennio ineunte":
Andiamo avanti con speranza! Un nuovo millennio si apre davanti
alla Chiesa come oceano vasto in cui avventurarsi, contando sull'aiuto
di Cristo. Il Figlio di Dio, che si è incarnato duemila
anni or sono per amore dell'uomo, compie anche oggi la sua opera:
dobbiamo avere occhi penetranti per vederl, e soprattutto un
cuore grande per diventare noi stessi strumenti.
Il nostro passo, all'inizio di questo nuovo secolo, deve farsi
più spedito nel ripercorrere le strade del mondo.
Ci accompagna in questo cammino la Vergine Santissima.
Gesù risorto, che si accompagna a noi sulle nostre
strade, lasciandosi riconoscere, come dai discepoli di Emmaus
"nella spezzar del pane" (Lc. 24, 35), ci trovi vigili
e pronti per riconoscere il suo volto e correre dai nostri fratelli
a portare il grande annuncio: "Abbiamo visto il Signore!"
(Gv. 20, 25).
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