"Papà viene a prendermi e mi domanda quante guerre
ho dichiarato oggi". Così ammette tranquillamente
Alessandra di 4 anni, davanti alla porta della scuola materna.
Il suo papà la sa lunga. Oggi, non c'è molta differenza
tra la vita quotidiana dei bambini e quella degli adulti: entrambe
assomigliano troppo spesso a una guerra. La società in
cui viviamo si è lentamente impregnata di violenza. Un'inchiesta
compiuta qualche anno fa ha rivelato che in una settimana televisiva
media vengono messi in onda 670 omicidi, 848 aggressioni semplici
e 429 a mano armata, 15 stupri, 14 rapimenti, 11 rapine, 8 suicidi,
32 prese di ostaggi, 27 scene di tortura e 9 defenestrazioni.
Difficile anche per il genitore più attento evitare questo
diluvio di violenza. Così, intolleranza e aggressività
diventano compagni di viaggio. Come si può educare all'amore
per la vita e alla pace in un clima di diffusa irritazione come
quello che circonda gli uomini di oggi? "La vita vale più
del vestito, più di ogni cosa che l'uomo possiede. È
un dono che viene da Dio. Nessuno può toglierla a un 'altra
persona, nessuno può soffocarla quando sta venendo alla
luce, nessuno può toglierla a se stesso. Bambine e bambini,
vecchi e malati, tutti hanno diritto di vivere. (...) La pace
dipende da ciascuno di noi, piccoli e grandi. Chi si lascia vincere
dall'odio e dalla violenza non porterà la vera pace,.
farà nascere, invece, altro odio e altre ingiustizie,
aprendo così la strada alla violenza e alla morte. Gesù
chiama i suoi discepoli a vivere con un amore che tutto comprende,
tutto sopporta e tutto perdona. Cominciamo a perdonare tutti,
anche chi ci fa del male,' allora saremo veri figli di Dio, il
quale fa sorgere il sole e manda la pioggia per i buoni e anche
per i cattivi" (Venite con me, p. 82). Il dialogo su questo
tema può nascere anche da un racconto come quello che
segue.


LA MERAVIGLIOSA STORIA DELLE
DOLCICOCCOLE
Una volta, tanto tempo fa, c'era una
terra dove la gente viveva felice. Tutti erano amici, si volevano
bene, giocavano insieme e si aiutavano. Erano gentili, cordiali,
premurosi. Anche per la strada, anche quando c'era la coda da
fare all'ufficio postale e anche nell'atrio della scuola.
Naturalmente c'era un segreto.
Allora, alla nascita, ogni bambino riceveva
un sacchetto pieno di dolcicoccole. Non si sa quante ce n'erano
in ogni sacchetto perché non era possibile contarle. Ma
apparentemente erano inesauribili. Tutte le volte che una persona
metteva la mano nel sacchetto, trovava sempre una dolcecoccola.
Le dolcicoccole erano molto apprezzate. Tutti
quelli che le ricevevano si sentivano pieni di dolcezza e di
calda simpatia. Coloro che non ne ricevevano, finivano per prendersi
il mal di schiena, appassivano, talvolta morivano.
In quel tempo, però, era facile procurarsi
delle dolcicoccole. Quando uno ne aveva voglia, si avvicinava
a un altro e domandava: "Vorrei una dolcecoccola! ".
L'altro tuffava la mano nel suo sacchetto e ne traeva una dolcecoccola
delle dimensioni di una mano di bambina. Appena fuori, la dolcecoccola
cominciava a sorridere e sbocciava in una grande, tenera, soffice,
morbida, calda dolcecoccola.
Chi la riceveva la strofinava dolcemente sul
cuore, sulle guance o sulle braccia e subito si sentiva invadere
da un'ondata di calore e di benessere piacevole nel corpo e nell'anima.
La gente si scambiava continuamente dolcicoccole e, dal momento
che erano assolutamente gratuite, se ne potevano avere a volontà.
Così quasi tutti vivevano felici, e si sentivano teneri
e caldi.
Belzefà la terribile
"Quasi" tutti. C'era qualcuno
che non era affatto contento di vedere la gente scambiarsi dolcicoccole.
Si chiamava Belzefà, una strega perfida e perennemente
rabbiosa.
Uomini, donne e bambini erano cosi felici,
che non compravano più i suoi filtri e le sue pozioni.
Gli affari andavano a rotoli e la terribile Belzefà architettò
un piano diabolico.
Un mattino, piombò nel mezzo di una
famigliola. Si accostò al papà che leggeva il giornale
e gli indicò la moglie che stava coccolando la bambina
più piccola.
"Non vedi tutte le dolcicoccole che tua
moglie sta donando alla bambina? Se va avanti cosi, non ce ne
saranno più per te! ", sussurrò Belzefà.
L'uomo si preoccupò: "Vuoi dire
che a forza di donarle agli altri non ci saranno più dolcicoccole
nel nostro sacchetto? ".
"Certo", rispose la strega. "A
un certo punto fine, stop, the end!".
E ripartì ghignando a cavallo della
sua turboscopa.
Il papà prese sul serio le parole di
Belzefà. Da quel momento; ogni volta che vedeva la moglie
dare dolcicoccole ai bambini si sentiva triste e inquieto. E
se la strega aveva ragione? Ne parlò alla moglie. E anche
lei si spaventò. Bisognava assolutamente economizzare
le dolcicoccole. Dopo un po' anche i bambini cominciarono a osservare
attentamente i genitori e ad essere preoccupati quando li vedevano
sprecare qualche dolcecoccola con degli estranei.
In poco tempo quel paese felice cambiò.
Il piano diabolico di Belzefà funzionava. Le persone non
tuffavano più allegramente la mano nel sacchetto delle
dolcicoccole. Lo facevano sempre di meno e diventavano ogni giorno
più avare. Ben presto tutti sentirono la mancanza delle
dolcicoccole e il paese divenne meno caldo e meno dolce. Uomini,
donne e bambini smisero di sorridersi, di essere gentili, di
aiutarsi. Qualcuno appassì, qualche altro morì
per mancanza di dolcicoccole. Molti ripresero la via che portava
al negozio di Belzefà per acquistare filtri d'amore e
pozioni magiche.
La situazione peggiorò. La perfida Belzefà,
però, non voleva che la gente morisse. Una volta morti,
non avrebbero potuto comprare i suoi filtri.
Così mise a punto un nuovo piano.
Un sacchetto quasi uguale
Distribuì a tutti un sacchetto
che assomigliava moltissimo a un sacchetto da dolcicoccole, tranne
che era freddo, mentre quello delle dolcicoccole era caldo.
In questo sacchetto, Belzefà, aveva
messo degli aspri pungenti. Gli aspri pungenti non rendevano
caldi e teneri coloro che li ricevevano, ma li irritavano e li
facevano diventare sospettosi e vendicativi. Tuttavia era meglio
di niente, e impedivano alla gente di appassire troppo in fretta.
Da quel momento, se qualcuno diceva: "Vorrei
una dolcecoccola", quelli che temevano di esaurirle rispondevano:
"Non posso darti una dolcecoccola; lo vuoi un aspro-pungente?".
Dappertutto la gente cominciò a scambiarsi
aspri pungenti. Anche nelle famiglie, tra mamme e papà,
tra genitori e figli. Per la strada, a scuola, nelle fabbriche
e negli uffici. Tutti erano più irritati, freddi, pungenti,
imbronciati e astiosi.
Qualcuno arrivava al punto di truccare gli
aspri pungenti con qualche piuma e batuffoli di ovatta. Chi li
riceveva si illudeva per un attimo; ma quando se li passava sulle
guance e sul cuore sentiva solo freddo e tristezza.
Una dolce fanciulla
Ma successe un fatto straordinario. Una
fanciulla dagli occhi pieni di luce e un sorriso dolce e limpido
arrivò in quel triste paese. Pareva proprio che non avesse
mai sentito parlare della perfida strega e distribuiva dolcicoccole
a piene mani, senza paura che le venissero a mancare. Le offriva
gratuitamente, anche se nessuno gliele domandava.
Molti si accigliarono e la disapprovarono apertamente,
perché insegnava ai bambini a regalare dolcicoccole senza
pensare che avrebbero potuto esaurirsi. I bambini la amavano
tantissimo, perché si sentivano davvero bene con lei.
E si misero a distribuire dolcicoccole tutte le volte che ne
avevano voglia.
I grandi fecero una legge per impedire di sprecare
le dolcicoccole a destra e a sinistra. Ma i bambini continuarono.
E continuano. E siccome sono più numerosi dei grandi,
forse riusciranno a vincere loro.
Per saperlo, dovete solo guardarvi intorno.


L'esperienza nascosta nel
racconto
La storia riguarda le relazioni umane. Il sacchetto delle
dolcicoccole è la capacità di ogni persona umana
di irradiare bontà e amore intorno a sé. Le dolcicoccole
sono tutte le forme che l'amore può assumere: generosità,
gentilezza, comprensione, incoraggiamento, indulgenza, apprezzamento,
complimenti, consolazione... È ciò che fa vivere,
ciò che rende felici. È una potenzialità
inesauribile e soprattutto "facile".
La storia ruota intorno a una semplice domanda: se è
così facile donare felicità, perché non
lo facciamo? C'è una strana "avarizia" che impedisce
agli esseri umani di scambiarsi cortesia e bontà; c'è
una strega cattiva nascosta nel cuore umano che rende gretti
e pieni di voglia di ferire il prossimo. È così
che il mondo diventa un gran brutto posto per viverci.
La fanciulla senza nome è tutto ciò che può
rivoluzionare le relazioni umane. Il primo passo consiste nel
ritrovare l'inesauribilità del proprio sacchetto di dolcicoccole,
ritrovare la propria capacità di costruire felicità
intorno a noi attraverso l'amabilità e la bontà.
Sono queste le radici della pace.
Per il dialogo
I ragazzi devono capire che la storia li riguarda da vicino:
come si comportano gli uni con gli altri? Che cosa distribuiscono
più frequentemente: dolcicoccole o aspripungenti? Come
si comportano per la strada, in famiglia, all'oratorio?
I ragazzi devono poi "dare un nome" alle dolcicoccole.
Lo possono fare rispondendo (magari per scritto) ad alcune domande:
Quali sono le parole che vorresti sentire dai tuoi genitori?
Dai tuoi insegnanti? Dai tuoi amici? Quali sono i gesti che ti
fanno più felice? Anche la fanciulla dagli occhi luminosi
deve "avere un nome".
I ragazzi possono inventarIo liberamente. E poi, se vogliono,
possono anche continuare la storia.
Per l'attività
Divisi in gruppetti, i ragazzi possono impegnarsi nella
costruzione di" dolcicoccole". Le devono inventare
con un po' di fantasia. È importante che su ognuna scrivano
una qualità dell'amore. Per qualche tempo le dolcicoccole
potrebbero anche rimanere ben in vista.
Anche la Bibbia racconta...
Un giorno Gesù fu invitato il pranzo da un fariseo.
Costui si comportò con Gesù in modo scortese. A
un certo punto arrivò una donna che tutti disprezzavano
e fu lei a meritarsi le più belle paro le di Gesù.
Il racconto si trova nel Vangelo di Luca (7,36-50).

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