Educare alla pace non significa tanto impartire concetti e informazioni,
quanto formare uomini di pace. Soprattutto si deve pensare che
la pace è "già" insegnata dagli adulti
con il modello di relazioni che presentano ai piccoli, con il
loro atteggiamento concreto nei confronti degli altri.
La pace si insegna "vivendola". Soprattutto a catechismo.
I ragazzi che vengono, crescono spesso in case-fortezza, protette
da porte blindate, da sistemi di allarme (chi suona alla porta
viene scrutato dallo spioncino, la mamma dice: "Non aprire
mai agli sconosciuti!"); vengono educati a diffidare di
tutti, tutti sono potenzialmente pericolosi; imparano presto
a convivere con la competitività e la violenza del traffico,
della carriera, delle varie tappe della scalata sociale; vengono
spesso educati a non tollerare prepotenze, a reagire o a ricorrere
alla "protezione" e alla giustizia dei grandi; vengono
protetti attraverso la raccomandazione, il privilegio, le varie
forme più o meno clamorose di corruzione (dal regalo all'insegnante
all'iscrizione nella scuola migliore grazie alle conoscenze);
nuotano nel superfluo, vengono anticipati i loro bisogni; sono
coperti di doni e vestiti costosi, perché non possano
dubitare di un affetto che diventa spesso senso di colpa; vengono
difesi dai rischi, dai sacrifici, dalle prove difficili; godono
di scarsa autonomia. La descrizione può continuare e diventa
ancor più preoccupante se ci riferiamo alla città,
al traffico, alla scomparsa del verde, all'inquinamento, al continuo
"stress" provocato da prepotenze varie. E alla sera,
in casa, il telegiornale riversa la dose quotidiana di bombe,
truffe e paure.
È veramente necessario allora creare "oasi di pace"
dove hanno un senso reale comprensione, cooperazione, rispetto,
dialogo, non separazione, non selettività, non emarginazione,
ecc. Il racconto che presentiamo può servire a sviluppare
una delle radici della pace: apprezzare e difendere la diversità
(di sesso, di ambiente, di esperienze, di opinioni, ecc.), garanzia
di ricchezza e di potenzialità.


IL GIORNO DEGLI UOMINI VERDI
Un giorno, il buon Dio fece più
o meno questo discorso davanti all'assemblea degli angeli e degli
arcangeli, dei cherubini e dei serafini: "Avevo detto agli
uomini: amatevi gli uni gli altri, e invece si detestano, perché
non sopportano le loro differenze. Arrivano addirittura ad ammazzarsi
tra loro perché non hanno lo stesso colore della pelle.
Ho deciso di impartire loro una buona lezione. Ordino che a partire
dal 15 agosto 2001 tutti gli esseri umani abbiano la stessa pelle
verde-mela, colore della speranza. Inoltre, ordino ancora che
diventino tutti perfettamente uguali, come se fossero tutti gemelli.
Così ogni neonato assomiglierà a tutti gli altri
neonati, una donna di trentacinque anni sarà perfettamente
simile a tutte le donne di trentacinque anni del mondo, e così
via".
"Alleluia! Alleluia! ", cantarono
gli angeli e gli arcangeli, i cherubini e i serafini, felici
che Dio avesse finalmente preso una decisione per quel mondo
che, a loro parere, andava di male in peggio.
"lo sono l'altro e l'altro
è me"
Il 15 agosto 2001, il professor O'Neil,
premio Nobel per la biologia, si svegliò di soprassalto.
Scese dal letto di cattivo umore e si guardò macchinalmente
allo specchio dell'armadio. Rimase a bocca aperta: l'immagine
nello specchio non era la sua, ma quella di un uomo color verde-mela
che non aveva la sua corporatura, né i suoi capelli, né
il suo naso, né la sua bocca... Il professor O'Neil corse
sotto la doccia, si insaponò ben bene con l'acqua calda,
si strigliò con tutte le sue forze con un panno ruvido.
Ma più si frizionava, più la sua pelle era verde-mela.
È un incubo, è solo un brutto sogno", mormorò.
Ebbe un'altra sorpresa: la sua voce, la sua bella voce profonda
di cui era tanto fiero, non era più la "sua"
voce. Corse a chiamare la moglie. "Anna, Anna". La
guardò. Non era Anna, era una donna che non conosceva.
Con la pelle verde-mela.
Si accasciò su una sedia. In quel momento
suonò il campanello. Sentì una voce che gridava:
"Sono io, il professor Simuhawa" .
O' Neil non riconobbe la voce del suo vicino
giapponese e quando aprì la porta si trovò davanti
un altro... se stesso. Solo il verde era un po' più tenero,
perché Simuhawa aveva cinque anni meno di lui. I due uomini
si guardarono per un istante e poi scoppiarono a ridere fino
alle lacrime.
Scene simili avvenivano in tutto il mondo.
Milioni e milioni di uomini e donne si guardavano increduli allo
specchio, telefonavano alle televisioni, alle radio, agli ospedali,
ai vigili del fuoco. Ma nessuno rispondeva. Erano tutti occupati
a considerare la nuova incredibile realtà: io sono l'altro
e l'altro è me. Allora io non ho più identità.
La preoccupazione e il panico della gente divenne naturalmente
anche quello dei governi. Il presidente degli Stati Uniti, George
W. Bush, e quello dell'Unione Sovietica, Vladimir Putin si telefonarono
con il loro telefono speciale.
"Dì un po', George", disse
Putin. "Hai cambiato voce?".
"Anche tu, a quanto sento", rispose
Bush.
Quando si videro in televisione scoprirono
che anche loro due erano identici e color verde-mela. Fecero
un comunicato congiunto: "I presidenti di Stati Uniti e
Unione Sovietica affermano che loro non c'entrano, ma che faranno
di tutto per scoprire i colpevoli e rimettere tutto a posto".
Alle 9 e 45, i passeggeri di un aereo egiziano
che era decollato da Atene furono presi in ostaggio da quattro
"pirati dell'aria" color verde-mela. Armati di pistole
e bombe, i quattro reclamavano la liberazione di un prigioniero
palestinese detenuto in Israele. Uno di essi raccolse tutti i
passaporti dei passeggeri, mentre un altro diceva: "Se il
prigioniero non sarà subito liberato, noi uccideremo un
passeggero all'ora. Prima gli israeliani, poi gli americani,
gli inglesi e così via... ". In quel momento i quattro
compresero l'errore: tutti i passeggeri erano uguali e verde-
mela, le fotografie dei passaporti ammucchiati non corrispondevano
a nessuno. Furioso, uno dei terroristi urlò: "Si
alzino gli israeliani!". Naturalmente non si alzò
nessuno. Un'irrefrenabile risata scosse gli ostaggi e l'equipaggio
disarmò i quattro, che avevano solo voglia di piangere.
In Sud Africa le cose precipitarono. I camerieri
e le cameriere negre fecero sparire passaporti e carte d'identità
dei loro padroni bianchi. Dopo mezz'ora nessuno sapeva più
chi era bianco e chi era nero: ristoranti riservati ai bianchi
erano pieni di avventori verde-mela e quelli riservati ai neri
pure.
Un "non so che"
piccolo piccolo
Nei giorni seguenti le cose peggiorarono.
Alla televisione erano arrivati duecento giovanotti verde- mela
che gridavano: cc Fatemi passare, sono Pippo Baudo! ". Furono
tutti sbattuti fuori, compreso il povero Pippo Baudo autentico.
Tutte le mattine al Quirinale migliaia di persone
arrivavano di corsa per sedersi sulla poltrona del Presidente
della Repubblica, gridando: Ciampi sono io! Ciampi sono io! ".
Nella scuola di Torricella, la seconda media
B era in piena crisi. Liliana Melli, che era la più carina
della classe, non aveva più lacrime da versare da quando
aveva scoperto di essere uguale, ma proprio uguale, alle altre
ragazzine della classe. Giorgio Lotti, il più muscoloso
e sportivo, non sopportava l'idea di essere tale e quale le"
schiappe" della scuola.
Tutti i sistemi inventati per distinguere gli
uomini - divise, distintivi, adesivi, tatuaggi - non servivano
a niente.
Molti stati cominciarono a vivere nella paura.
Non si sapeva bene chi apparteneva a una nazione e chi a un'altra.
Israeliani e Palestinesi non combattevano più perché
i soldati si erano mescolati e non sapevano più chi era
nemico e chi no. Così tutti guardavano in cagnesco tutti.
Tutti sospettavano di tutti. Malgrado le esortazioni del papa:
"Siete tutti fratelli, amatevi come fratelli ", sembrava
che il mondo stesse tornando allo stato selvaggio.
Il professor D'Neil si ricordò di essere
probabilmente il miglior biologo del pianeta. Radunò tutti
i suoi colleghi, tutti i premi Nobel viventi, i più grandi
scienziati della Terra. Cominciò un periodo intensissimo:
fisici, chimici, astronomi, chirurghi, sociologi, etologi e studiosi
di ogni tipo misurarono, pesarono, analizzarono con le macchine
più perfette e fantastiche inventate dall'uomo. Arrivarono
alla conclusione che tutto il loro sapere, di cui erano tanto
fieri, non serviva a niente. Il fenomeno verde-mela era un mistero
troppo grande per loro. Un "non so che" umile umile
si fece strada nei loro cuori.
Era un piccolo "non so che", ma al
buon Dio bastò. E diede ordine che sulla Terra, tutto
tornasse come prima.
Fu come una nuova nascita per tutti. Felici
come pasque, uomini e donne si raccontavano le semplici verità
che avevano dimenticato. Per esempio, che ogni uomo è
differente e unico e, di conseguenza, senza prezzo. Ancora, che
la specie umana, nella sua infinita varietà, è
bella più ancora delle nuvole del cielo o del canto degli
uccelli. Come erano belli, ora, gli europei biondi e gli indios
colore del rame; gli occhi celesti, verdi, neri; gli irlandesi
con i capelli rossi e gli arabi con i baffi neri; come erano
eleganti i masai africani, come erano flessuose le indiane dallo
sguardo profondo... "Benvenute differenze! Benvenuti stranieri!
Non mi fate paura... ". Sull'intero pianeta la gente si
abbracciava. Tutti si sentivano diversi e simili come fiori in
un prato a primavera. E finirono le guerre, perché finirono
tutti i fanatismi razziali, ideologici, politici, religiosi.
Non finirono i problemi, ma si cercò
per ognuno una soluzione pacifica.
"Alleluia! Alleluia! ", cantarono
angeli e arcangeli, cherubini e serafini.
Naturalmente questa è una storia inventata.
Ma... e se domani ci svegliassimo tutti identici con la pelle
verde- mela?


L'esperienza nascosta nel
racconto
§ Il primo modo di realizzare la pace è quello
di eliminare l'idea di nemico, di rivale, di concorrente. Se
l'altro è sempre un fratello, un compagno di strada, un
amico, non potranno esistere violenze, prepotenze e conflitti.
Da che cosa nasce quel radicato senso di diffidenza che semina
contrasti fra gli esseri umani? In buona parte dalla paura o
dalla difesa delle differenze.
Il nostro mondo è fondato sulle differenze: giovani/vecchi,
signori/ schiavi, padroni/operai, farisei/pubblicani, ricchi/poveri,
belli/brutti, divi/spettatori, uomini/donne, bianchi/neri, nord/sud,
ecc.
§ Il racconto che abbiamo presentato nasce da una
semplice domanda: che cosa succederebbe se un bel mattino gli
esseri umani si scoprissero tutti uguali? La risposta è
altrettanto semplice: capirebbero forse che uguaglianza non significa
uniformità. Uguaglianza significa che tutti, indipendentemente
dalle differenze e dalle capacità individuali, hanno lo
stesso diritto alla dignità e al rispetto. Soprattutto
perché ogni differenza, nella solidarietà universale,
è un enorme irrinunciabile arricchimento.
§ La pace si costruisce nel dialogo, nella tolleranza,
nel confronto, nella collaborazione. Così i doni particolari
di uno diventano anche i doni dell'altro, ed entrambi sono più
ricchi.
Per il dialogo
§ Il catechista faccia capire ai ragazzi che il racconto
è una " storia da giocare " e li inviti a proseguire
sulla domanda posta alla fine: "Che cosa succederebbe se
domani ci svegliassimo tutti uguali con la pelle verde-mela?
".
§ Di solito i ragazzi riescono a scovare i problemi
che li toccano da vicino. Il catechista può tuttavia aiutarli
con domande del tipo:
. Quali sono le differenze che ci sono tra noi? . Qualcuna ci
fa soffrire particolarmente?
. Che cosa dovremmo fare per rispettarci davvero "così
come siamo"?
. Riusciamo a mettere i nostri doni a servizio degli altri e
del gruppo?
. L'essere tutti identici sarebbe una buona soluzione?. Il racconto
potrebbe finire diversamente?
Per l'attività
§ Esistono molti giochi di gruppo che servono a stimolare
il dialogo e la collaborazione. Dopo il racconto può rivelarsi
molto utile il "gioco delle buone qualità ".
Si svolge così. I ragazzi sono disposti in cerchio. A
un segnale del catechista, ognuno dice una "buona qualità"
di se stesso (un suo talento particolare che sente di poter donare
agli altri). Dopo che ciascuno ha fatto la sua parte, sarebbe
una buona idea far ripetere, questa volta molto velocemente,
la buona qualità di ogni partecipante, per fissarla bene
nella mente di tutti. A questo punto uno dei partecipanti prende
una palla di spugna (o di gomma leggera) e la tira a uno degli
altri: chi riceve la palla deve dire a voce alta la "buona
qualità" di chi l'ha tirata. Subito dopo tira la
palla a un altro che deve ripetere la " buona qualità"
di colui che gli ha lanciato la palla, e così via, finché
tutti hanno avuto la possibilità di ricevere e tirare
la palla.
§ Alla fine il catechista riassume tutte le buone
qualità emerse dal gioco e fa un breve commento del tipo:
"Se impariamo a mettere insieme tutti i doni che abbiamo
detto di avere, trasformiamo questo gruppo in un paradiso...
".
Anche la Bibbia racconta...
Con i ragazzi più grandicelli il catechista può
raccontare e spiegare la parabola del "buon samaritano ".
Samaritani e Giudei erano divisi da molti pregiudizi razziali
e religiosi. Gesù spiega .."che il vero amore del
prossimo è superiore a ogni tipo di pregiudizio".

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