[70] In Memoria Di Un Uomo. Christophe Munzihirwa

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in memoria di un uomo. Christophe Munzihirwa
Date:
Fri, 29 Oct 1999 16:58:05 +0200
From:
Sergio Di Vita <sdivita@neomedia.it>
To:
mailing list Beati i costruttori di pace <beati@egroups.com>, mailing list Gaia <lista_gaia@onelist.com>,
mailing list musicisti contro le guerre <mcg@onelist.com>, mailing list movimento nonviolento <nonviolence@listbot.com>, mailing list pace di Peacelink <pck-pace@peacelink.it>,
mailing list Palermo per la pace <palermoperlapace@listbot.com>, mailing list svnews <svnews@sottovoce.it>




---------------------------------------------------------------------------- fonte: Servizio informazioni Congosol

Tre anni dopo la morte di Mons. Munzihirwa
noi crediamo che le sue parole siano ancora attuali, e ci permettiamo di pubblicare ancora una volta il nostro contributo
alla sua memoria

Tre anni fa, il 29 ottobre 1996, Christophe Munzihirwa fu ucciso.

Monsignor Munzihirwa sj era l'arcivescovo di Bukavu, e aveva dedicato la sua vita al servizio della ricerca della pace per il suo popolo, basata sulla forza della verita', sulla convivenza, sul perdono, sulla consapevolezza, sulla nonviolenza ad ogni costo.
Il suo messaggio, naturalmente, era fortemente caratterizzato in senso cristiano, ma noi crediamo di non tradirlo se sosteniamo che le sue parole sono fonte pura per ogni essere umano.

Non importa e non serve dire da chi fu materialmente ucciso, perche' nella spirale della violenza, innescata altrove e per fini che nulla hanno mai a che vedere con il bene per il popolo africano della Regione dei Grandi Laghi, molti sono gli esecutori materiali che, al giro successivo della spirale, diventano vittime, e viceversa. E non importa e non serve soprattutto perche' i veri assassini, i veri nemici della pace, sono sempre altrove, si tengono sempre fisicamente ben lontani dal sangue, e dal fuoco delle armi che hanno venduto a questi e a quelli.

Christophe Munzihirwa queste cose le sapeva e le diceva con precisione in ogni occasione,
e noi ora tacciamo e cediamo la parola a lui, per ricordare a tutti, lontani assassini compresi, che il corpo di un uomo si puo' distruggere, ma la sua parola vive sempre.

Nota:
abbiamo volutamente scelto delle parole senza particolari riferimenti a persone e situazioni precise, non perche' questi riferimenti manchino nelle parole di Christophe Munzihirwa (al contrario; le sue parole erano sempre estremamente dirette e circostanziate);
ma perche', a distanza di tre anni, altri giri di spirale consumati, una situazione attuale estremamente delicata sul piano delle suscettibilita' particolari, vogliamo evitare qualunque possibile interpretazione strumentalizzante di un messaggio totalmente limpido, imparziale, unitario.

un saluto commosso
dal Servizio informazioni Congosol
e dal Comitato di solidarieta' Palermo - Bukavu




Dappertutto si piangono dei morti;
la maggioranza della popolazione e' "dispersa" o "rifugiata"; una piccola minoranza cerca di ricostruire una struttura nazionale in una "parte" del paese.
Per quale scopo si distrugge un lavoro di trent'anni?
Dei paesi lontani credono di difendere i diritti della maggioranza; altri paesi vogliono difendere i diritti della minoranza;
ognuno pretende di suscitare una giusta democrazia;
ma da ambedue le parti non si cerca una democrazia;
d'altra parte una democrazia all'occidentale non ha senso nel contesto socio -culturale dell'Africa Centrale;
si cerca il potere assoluto per conservare o per acquisire dei "privilegi", qualunque sia il prezzo che il popolo debba pagare, quali che siano i rischi di un ritorno di fiamma in futuro.
Perche'?
...
Anche se non possiamo impedire le violenze, noi dobbiamo disapprovarle sempre; bisogna sapere dire NO, un no assoluto, profondamente turbato, oppure il loglio si mescolera' al grano buono.
Il grano buono esiste, in gran numero, e di una qualita' sorprendente. Ne abbiamo le prove, nelle recenti affermazioni di numerosi Tutsi venuti a cercare rifugio nel Kivu, dicendo che dovevano la loro salvezza a degli audaci Hutu, testimoni del rispetto per la vita, del rispetto per l'uomo, del rispetto per la fraternita' di tutti gli esseri umani in Gesu' Cristo; cfr le testimonianze raccolte in un dossier pubblicato a Bukavu in luglio 1994 da Philippe de Dorlodot; cfr i "segni di speranza" che sono stati percepiti, tanto in Rwanda quanto in Burundi, da quasi sei mesi;
e si ptrebbero citare degli esempi analoghi di Tutsi che proteggono degli Hutu, come quella mamma tutsi che aveva preso sotto la sua protezione una ventina di alunni che fuggivano dal massacro nella loro scuola. ...
Una lunga pace negli spiriti sara' necessaria per la ricostruzione di un paese come il Rwanda;
ma bisogna osare farla, la' come altrove;
essa e ' frutto di dialogo e di riconciliazione permanenti; essa richiede un lungo processo di negoziazioni condotte da uomini che siano consapevoli degli interessi comuni di tutti i cittadini della loro nazione.
Una nazione e' prima di tutto un plebiscito di tutti i giorni a "voler vivere insieme", dimenticando le ombre del passato, e adoperandosi con tutte le forze per evitare la dittatura, sia di maggioranza, che di minoranza.
Quando non e' di difesa, la guerra e' sempre una devianza e una demenza di un individuo o di un gruppo che provoca la violenza per arrivare al potere, o per rimanerci.
Si crede che ci si batte per la patria, quando si e' spinti dalle differenze Era cosi' gia' ai tempi della Torre di Babele.
Bisogna che le armi tacciano; allora le orde erranti potranno trovare il tempo di riprendere il controllo di se' e di domandarsi da dove e' venuta la tempesta;
allora delle persone integre rientreranno in contatto con le proprie convinzioni piu' profonde, per il servizio del bene comune, per fare germogliare una "nuova democrazia", radicata culturalmente nelle nostre realta' d'Africa Centrale.
Che cessi la costrizione delle armi, che cessino le demagogie al livello dei nostri paesi e dei giochi d'influenze internazionali, che emergano dei governi che riflettano delle scelte, piu' consapevoli e libere che sia possibile, formulate dalle popolazioni ridivenute serene.
...
A guardare gli avvenimenti con un occhio piu' analitico e piu' oggettivo, ci si accorge che, se da una parte e dall'altra dei gruppi in conflitto, c'e' violenza e vendetta, ci sono delle masse innocenti e tranquille che ne sono le vittime.
E' a loro insaputa e contro la loro volonta' che le ambizioni di conservare o di impadronirsi del potere hanno costruito dei piani e dei metodi nefasti per raggiungere i loro fini: il potere voluto per se' stesso, a scapito del popolo.
Ci si accorge anche che, nelle etnie in conflitto, ci sono da una parte e dall'altra gli uomini che deplorano questa follia, e che fanno quello che possono per salvare delle vite umane, a rischio di farsi passare per traditori e, qualche volta, di subire la sorte di coloro che hanno aiutato, o cercato di aiutare, a salvarsi. Cosi' quando si considera la storia un po' in prospettiva, si scopre che molti Tedeschi che si opponevano al regime nazista hanno subito la stessa sorte degli Ebrei che hanno salvato o hanno cercato di salvare. In Germania, bisognava distinguere un Tedesco da un nazista; in Libano, un musulmano da un islamista;
in Rwanda, bisognerebbe distinguere un Hutu da un membro delle milizie della morte o della guardia presidenziale che vuole mantenersi, attraverso un genocidio, al potere; distinguere un Tutsi da certi membri del FPR che vogliono impadronirsi del potere con la forza, ed eliminare ogni opposizione.
Da tutte e due le parti si e' ucciso "per il potere".
...
Le nazioni si impietosiscono sulle folle innumerevoli di vittime disperse in tutti i paesi dei Grandi Laghi; c'e' molta buona volonta'; e la logistica degli aiuti umanitari rende omaggio al genio e alla generosita' umana per i servizi di urgenza.
Ma chi deve intervenire "per domani"?
Chi deve svelare i disegni segreti di alcuni cervelli ben riparati che hanno suscitato e che continuano a sostenere il "torchio dei poveri"? Si dice che e' necessario l'intervento di una "forza" internazionale per fare rispettare i "diritti di tutti", perche' i dadi sono truccati, sia in Burundi che in Rwanda (anche se le situazioni non possono essre confuse). Quali sono le leve del dialogo e della verita'? ...

3 agosto 1994


Invece di costruire dei muri ideologici,
che separano le etnie,
costruiamo insieme delle strade e dei ponti,
che incoraggiano e uniscono.
dicembre 1995

Rimaniamo accoglienti per tutti, per arricchirci di valor multipli apportati dalle differenze delle etnie e delle razze.
Le nazioni piu' forti sono quelle che sono riuscite a conciliare le differenze. E' una follia assalire delle persone pacifiche, sol perche' sono di una o di un'altra etnia.
Nessuno fra noi ha scelto i suoi genitori e quindi la sua etnia. Noi li accettiamo e li difendiamo.
27 settembre 1996

Oggi, quando si parla di Universita', si pensa prima di tutto all'insieme delle conoscenze che elargisce.
All'inizio, nel 1230, si pensava prima di tutto alla Comunita' degli alunni e dei professori provenienti da tutte le nazioni per ascoltare dei maestri competenti.
E' questa accezione, del dialogo delle etnie, che formava l'Universalita'. Bukavu deve lottare per ritornare alla fonte.
La nostra felicita' dovrebbe essere quella di vedere tutte le etnie attorno ai Grandi Laghi stare fianco a fianco come dei fratelli, e arricchirsi delle loro differenze con un dialogo costante.
19 ottobre 1996




(Vi chiediamo di tradurre e diffondere questo messaggio in altre lingue, escluso il francese e l'esperanto;
se fate una traduzione, per favore mandatela anche a noi)



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http://www.peacelink.it/users/bukavu/csol/congosol.html
Ci scusiamo con tutti coloro che hanno gia' ricevuto questo documento. --------- -------------------------------------------------------------------



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