Se irrompe una forza più potente |
ASSISI 24 Gennaio 2002
di Don Diego Bona* |
Una domanda si sente circolare con sempre maggior insistenza: è ancora possibile, oggi, la pace? Questo desiderio del cuore dell'uomo, questa invocazione costante che sale a Dio dalla fede dei credenti e dalla tribolazione degli afflitti, questa promessa di Dio che illumina la notte di Betlemme e tutte le notti dell'umanità, sembra farsi sempre più lontana, come un miraggio, in questo tempo inquieto che ci è dato di vivere. Nella nostra memoria, breve come lo è la vita dell'uomo, riaffiorano due momenti in cui la pace sembrava vicina, quasi a portata di mano: la stagione della "Pacem in terris" che si saldava alla Carta delle Nazioni unite, quando l'arma nucleare rendeva evidente la follia e l'assurdità di una guerra capace di distruggere la vita sulla faccia della terra e l'anno 1989, quando la caduta dei muri di divisione e la fine dei blocchi contrapposti hanno aperto orizzonti di universalità e di casa comune. Ma nell'una e nell'altra occasione altre nubi si sono poi addensate minacciose, quali l'equilibrio del terrore e la repressione spietata prima e la frammentazione degli scontri etnici in seguito, insieme alla crescente ingiustizia nell'accesso e nell'uso dei beni della terra. Dopo l'11 settembre 2001 la prospettiva è diventata anche più oscura con la minaccia del terrorismo ovunque possibile ed una «guerra» in corso che non si sa fin dove possa arrivare. Ripetendo un gesto di quindici anni fa, che aveva sorpreso la gente semplice come gli osservatori più attenti, proprio perché inedito e fuori dalle nostre visioni abituali, il Papa ha invitato le religioni del mondo, le tante Confessioni che riuniscono masse di credenti, ad un incontro "religioso" ad Assisi, la terra di Francesco fratello universale. Non ad un colloquio tra le religioni, che pure nelle migliori intenzioni nasconde l'insidia delle incomprensioni e contrapposizioni; neppure ad una preghiera "comune" nel senso di una formula sincretista che possa essere accetta a tutti come un comune denominatore, ma a pregare per la pace: uniti dalla contemporaneità del tempo e in qualche modo dello spazio, la città di Francesco che della pace ha fatto il suo saluto, la sua benedizione e la sua regola di azione. Vogliamo leggere in questo gesto innanzitutto una forte affermazione di speranza, di fede e di coraggio: che la pace è possibile, che questa appassionata ricerca del cuore non è destinata al fallimento, che l'intelligenza e la buona volontà degli uomini sono capaci di costruire pacifica convivenza, che la promessa del Signore non si è allontanata. Un gesto che costituisce insieme occasione, richiamo ed invito a tutte le religioni, ed a ognuna di esse in particolare, a riscoprire la propria identità profonda e il ruolo e servizio nei confronti dell'umanità. Perché se per loro natura le religioni sono e devono essere vie alla pace in quanto, accompagnando l'uomo nella ricerca, conoscenza ed adorazione del Creatore e facendo riferimento alla paternità di Dio, aprono orizzonti di universalità e fraternità alla famiglia umana, elementi e fattori capaci di costruire una pacifica convivenza, di fatto non poche volte sono state ed ancora continuano ad essere fonte di conflitto, supporto della violenza. È chiaro che si tratta di deformazione e patologia del senso religioso, e se le religioni sono arrivate a tanto ciò non è dovuto al loro messaggio autentico ma all'infedeltà dei loro membri a tale messaggio. Occorre percorrere la strada della ritrovata autenticità ed è una strada che ha bisogno di conversione. Invitarle alla preghiera, insieme, nel silenzio e nella interiorità, ancora più se accompagnata dal digiuno che stacca dai condizionamenti mondani, è occasione per metterle a nudo di fronte a Dio che è l'unico Signore, fonte della verità e della giustizia, perché cadano le incrostazioni particolari, guariscano le infezioni patologiche e si raddrizzino le deviazioni interessate. Un gesto, infine, che evidenzia la debolezza dell'uomo che bussa al cuore di Dio perché "quanto più insormontabili sembrano le difficoltà ed oscure le prospettive" è necessario ricorrere alla preghiera "e pregare per la pace apre il cuore alla irruzione della potenza rinnovatrice di Dio" (Giovanni Paolo II). In tanti nel mondo intero, giovedì 24 gennaio, guarderanno ad Assisi come a una luce nella oscurità di un momento grave per la storia ed appare quanto mai vero quello che osservava Dante, ragionando sul nome della città "non dica Ascesi che direbbe corto, ma Oriente, se proprio dir vuole". Eppure non basta guardare, occorre condividere ed unire la nostra voce a quelle di tanti sinceri cercatori della giustizia e della pace. Pax Christi ritrova in questa chiamata alla preghiera la stessa autentica intuizione che fu all'origine della sua storia quando, nel dicembre del '44, una donna del popolo e un Pastore attento proposero una crociata di preghiera per la riconciliazione dei due popoli, francese e tedesco, in lotta. Il Dio della pace ha ascoltato quella invocazione e su questa ferma fiducia nella sua benevolenza arrendiamo l'apparire dell'arcobaleno della pace. *Vescovo di Saluzzo e presidente di Pax Christi Italia |
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