Carissimo,
c'è
da pensare che nel calendario perpetuo del Cielo, a partire da quest'anno,
il ventisette di ottobre sarà sempre ricordato come la "festa del Padre".
Sì, perché
al Signore nostro Dio non era forse mai capitato di vedere i suoi figli
sulla terra che, pur chiamandolo con nomi diversi, gli si fossero rivolti
tutti insieme per chiedergli qualcosa.
Aveva sempre
dovuto ascoltarli in "separata sede".
Spesso, con una
stretta al cuore.
Non di rado, nascondendo
agli uni gli appuntamenti segreti avuti con gli altri, per non suscitare
gelosie. E non è infondato il sospetto che, se alle richieste dei figli
(compresa quella della pace) non ha risposto con la generosità che gli
è congeniale, forse è perché l'ha trattenuto il pudore del padre che vuole
essere giusto con tutti, ma che teme di essere accusato di particolarità
verso qualcuno.
Ora, finalmente,
per la prima volta nella storia, se li vede arrivare tutti insieme. Si
son messi "d'accordo" almeno su una cosa: chiedere al padre che sia lui
a metterli "d'accordo".
Ed ecco che, accogliendo
l'iniziativa del Papa, saliranno ad Assisi per pregare, in rappresentanza
di tutti gli uomini della terra, non solo i capi delle confessioni cristiane,
ma anche i "leaders" delle grandi e piccole religioni: dagli ebrei ai
musulmani, dai confuciani agli shintoisti, dagli induisti ai seguaci di
Budda.
Gli scettici coglieranno
solo la dimensione scenografica dell'avvenimento, giudicandolo semmai
come un bel "colpo d'occhio". Ma chi crede in Dio non mancherà di avvertire
il bel "colpo di schiena" con cui l'umanità, stesa a terra da oscuri presentimenti,
tenta di disarcionare, "in extremis", la paura della catastrofe planetaria.
Quale preghiera
risuonerà ad Assisi?
Nella liturgia
cattolica, ce ne sarebbe una molto bella che dice così: "Donaci, o Padre,
il possesso dei beni eterni nei quali crediamo e speriamo con amore di
figli".
Temo, però, che
Dio, alla richiesta degli uomini, possa replicare press'a poco così: "Senz'altro,
questi beni eterni, di cui la pace costituisce la sintesi, ve li concedo
fin da ora. Ma non basta credere e sperare in essi con amore di figli.
Dovete credere e sperare anche con amore di fratelli!".
Ecco il punto.
Ed ecco il senso di questa salita ad Assisi, divenuto monte delle beatitudini:
occorre credere e sperare nella pace con amore di fratelli, oltre che
di figli.
Il Padre non
è disposto a parcellizzare il suo asse ereditario seguendo i muri perimetrali
delle nostre divisioni. La pace non si divide. Non si lottizza. Non si
frantuma. È come un disco la cui musica non si può far godere da più,
persone rompendolo in più parti.
Non c'è una
pace rossa e una pace bianca. Non c'è una pace cattolica e una pace anglicana.
Non c'è una pace ortodossa e una pace musulmana. C'è una sola pace: quella
del Padre. E chi, per accaparrarsela, colloca i recipienti di carta stagnola
delle sue ideologie o delle sue divisioni, compie un sacrilegio.
La pace è
un valore senza frontiere. Lo ha detto più volte Giovanni Paolo II. Anche
senza frontiere religiose, naturalmente. Queste, anzi, devono essere le
prime a cadere.
E non solo nell'atto
della implorazione.
Non basta,
cioè, fare una tregua nel momento in cui si implora la pace, come il minuto
di silenzio che a volte si osserva negli stadi, prima che esplodano le
rivalità.
È urgente
che tutti quelli che invocano la pace sulla "montagna" siano disposti
a porre segni di pace tra di loro nella "pianura" della vita quotidiana.
Solo allora avranno
senso le scale della preghiera per la pace, quando i figli tenteranno
di consolidare i ponti di sagge convergenze religiose, economiche, politiche
e sociali.
Ma c'è un'altra
urgenza. Quella che coloro i quali invocano la pace riscoprano atteggiamenti
penitenziali comuni. Intuiscano insieme le vie della riparazione per la
complicità di tanti peccaminosi silenzi. Percorrano di comune accordo
itinerari di giustizia, e pongano veramente l'uomo come principio architettonico
del loro impegno nello spazio e nella storia. Con grande coraggio profetico!
Un coraggio che
denunci i guasti degli egoismi corporativi, le sperequazioni economiche,
l'idolatria del profitto, lo sterminio per fame tollerato se non provocato
dai ricchi ai danni di tutti i Sud della terra, la crescente produzione
di armi e il loro commercio clandestino, la militarizzazione del territorio
e dello spazio, le discriminazioni razziali, la tragica esposizione debitoria
dei poveri del Terzo Mondo, il "business" di certi ipocriti aiuti economici,
l'imperialismo culturale veicolato dai mass-media...
È su questo principio
di solidarietà delle religioni tra loro e delle religioni con l'uomo che
esse si giocano oggi la propria vocazione planetaria.
Ed è forse da queste
"cospirazioni" sulla prassi della pace, più che dalle tante accademie
intellettuali, che nascerà una nuova temperie di comunione tra i popoli
del mondo.
È questa la nube
della speranza, dalla quale ci auguriamo tutti di essere avvolti.
Ed è anche l'unica
"iniziativa di difesa strategica di cui oggi la terra ha veramente bisogno.
26 ottobre 1986
+ don TONINO, Vescovo
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