I Sogni dei Poveri |
ASSISI 24 Gennaio 2002
di Tonio Dell'Olio* |
Strano laboratorio di pace quello che si riunisce oggi in Assisi. Mentre mi accingo a risalire (Assisi deriva da ascesi) verso la Piazza che ne contiene l’evento, che come un catino ne raccoglie la trasparenza... non posso fare a meno di pensare agli sguardi di altri, dei tanti che guardano a questo avvenimento. Penso ai loro pensieri, scorgo le loro frasi inespresse, lasciate a metà nella mente, sommessamente abbozzate al vicino, al collega, alla compagna... Penso allo sguardo carico di sufficienza degli strateghi. Coloro che ben conoscono le leve dei conflitti, che sanno quali e quanti sono i carboni ancora caldi di odio che covano sotto la cenere appena raffreddata dal tempo. Tanto abili nel soffiare e nello spegnere. Intravedo l’ironia che sbalza fuori orgogliosa e tronfia dai petti rigonfi di decorazioni dei generali di mille battaglie, di coloro che da sempre hanno capito che c’è un solo modo per dirimere i conflitti e tutti gli altri sono solo accademie vacue, povere illusioni e vagheggiamenti inutili. “Che preghino, che preghino pure... tanto male non fa. Ma alla pace, a mettere ordine ci pensiamo noi”. E i capi delle diplomazie, quelli che un invito se lo sono cercato anche in questa platea per non rimanerne comunque mai assenti. Loro - solenni e fieri dei due o tre cognomi che di solito precedono il nome di battesimo - commenteranno a mezza voce quasi a confondersi con il bisbiglio delle preghiere secondo le varie tradizioni. Il planisfero è una scacchiera e loro sono coscienti di essere i rappresentanti del giocatore nella misura di dignità pari a una pedina. L’unico scatto che conoscono è quello di carriera per diventare torre da fante. Niente di più. A tutto questo, la preghiera di personaggi stranamente addobbati non serve. I politici sanno bene che il consenso è primario e si affrettano a rilasciare pubbliche dichiarazioni di pieno accordo con tutto quello che il Papa e i capi delle religioni vanno sforzandosi di fare. Se solo fossero riusciti ad occupare un posto anche sul treno che da San Pietro conduce alla città della pace, si sarebbero assicurati l’ elezione alla prossima tornata. Le sagge dottrine della concretezza politica invitano a fare i conti con i fatti e difficilmente da domani cambia qualcosa. Per questo hanno in mente l’ennesima interpellanza che metta in difficoltà l’avversario e faccia timbrare a se stessi il cartellino della presenza su quei fatti, su quelle questioni, in quella materia. Circa 1.500 i giornalisti che seguono l’evento. Un sano calcolo di audience ci suggerisce di “coprire” l’evento senza tralasciare alcun particolare. Anzi mettendo ben in rilievo proprio gli aspetti apparentemente più marginali che destano maggiore curiosità. Chissà perché poi nel gergo giornalistico si usa il termine “coprire” quando si deve dire che una testata si occupa di un fatto o che un operatore segue un avvenimento. Compito del giornalista dovrebbe essere esattamente quello di mettere in luce piuttosto che di coprire. Ma in questo caso forse a coprire ci riuscirà davvero chi non coglierà lo spirito e l’essenza più autentica di questa convocazione e penserà a tutti gli aspetti mondani e politici. La povera gente, quella certo disarmata, disarmata di tutto, di argomenti sottili come di cannoni a lunga gittata, di abilità diplomatiche come di potere mediatico e politico, quella sì riesce ad avere una luce di stupore negli occhi. La stessa che può contemplare nei bambini che si incantano dinanzi al presepe e riescono a cogliere particolari ed espressioni che i grandi nemmeno si sognano. Appunto il sogno! La preghiera e il sogno sono vicini di casa, parenti stretti. La preghiera fa trovare sulla terra un posto al sogno di Dio e rende possibile al sogno umano di attraversare i cieli e giungere all’ orecchio dell’Altissimo. La preghiera dei poveri di cui questi personaggi giunti da molto lontano sono i rappresentanti. Sì, perché in tanti angoli del globo sono proprio questi uomini di religione a stare a fianco alle fatiche e ai sogni dei poveri. A volte traducono le une e le altre in preghiera come stamani, altre volte li trasfigurano in anonima condivisione e in letti e in pane e in pianto e in bestemmia. Ma stamani no, siamo tutti d’accordo a chiedere nel sogno della preghiera il bene supremo che ogni povero sogna anche quando non riesce a dargli un nome. Oggi i cieli si aprono per poter udire il grido che invoca e supplica dal Medio oriente al Caucaso, dal Kivu al Chiapas, dalla Mongolia al Kashmir. E può succedere che a volte i poveri facciano sogni anche terra terra e non sempre li confidino a Dio, a volte si accontentano di sussurrarli agli uomini di Dio. A loro chiedono di non benedire più la violenza, di cancellare questa parola dai vocabolari delle loro liturgie e di accogliere la forza che solo in Dio fa confidare, né nella potenza degli uomini e né nelle loro armi ma solo in Dio. *coordinatore nazionale di Pax Christi |
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