Il CEAS è composto di 15 persone che sono distribuite in 4 gruppi. Due di questi si occupano direttamente di lavoro nell'interno della Bahia e due nella città. C'è anche il gruppo di redazione, che pubblica i Quaderni del CEAS e il gruppo aministrativo. Come opera sociale della Compagnia di Gesù, il CEAS si è caratterizzato per la volontà di incorporare sempre più i laici nel suo stile di attuazione e decisione di lavoro.Il nostro obbietivo principale è sviluppare quello che chiamiamo di lavoro di base. Ossia, un lavoro politico-educativo con i settori popolari, cercando di raggiungere il pubblico più carente, la parte più povera della società. Così, accompagniamo, qui a Salvador, le lavandaie, gli abitanti dei quartieri popolari di basso reddito, gli operai, i lavoratori del settore informale e i gruppi eclesiali popolari. Nell’ interno, lavoriamo con i piccoli agricoltori, occupanti di terre inproduttive e, principalmente, persone delle regioni rurali che percepiscono appena 1 salario minimo lavorando con caffè, cacao e canna da zucchero.
In questo lavoro, cerchiamo di favorire ed incentivare la partecipazione e l'iniziativa propria ed autonoma dei gruppi popolari con i quali lavoriamo. Così, cerchiamo di contribuire per contrastare la nostra storia di esclusione sociale ed autoritarismo, dove le elites vogliono sempre decidere per la gente.
Per questo, dedichiamo più tempo a quello che chiamiamo di lavoro diretto, che consiste nell'accompagnare le popolazioni nei luoghi dove abitano, attraverso le visite alle famiglie, piccoli incontri tra vicini e lavoratori interessati nel discutere e ripensare le loro vite, attività di incamminamento colletivo della soluzione dei problemi, reivindicazioni di beni sociali per le comunità, ecc.
In diverse occasioni, abbiamo contribuito anche in alcune lotte concrete, come la lotta per l'abitazione e per il rispetto dei Diritti Umani.
Non vogliamo con questo un lavoro assistenziale, ma approfundire una esperienza particolare che implichi un'altra forma di relazione tra l’opera sociale che rappresentiamo e le persone con le quali lavoriamo.
In questi anni di attività, alcune piste rimangono valide per illuminare le nostre attività, come:
a) coltivare una visione processuale del tempo: con la persistenza di chi ha sperimentato 450 anni di storia, affrontare il dificile compito di trasporre questi tempi di amarezza per un altro tempo di estate e calma. Questo senza calpestare il ritmo dei poveri, che non sempre è lo stesso delle istituzioni politiche di mediazione;
Questi anni di esperienza ci portano anche dubbi, che ogni tanto ci offrono punti per ripensare e valutare il nostro lavoro. Forse l'inquietudine più drammatica è la seguente: in un paese dove la povertà e la miseria sono così grandi e crescenti, che parola di speranza, di ottimismo, di direzione del cammino possono essere pronunciate? Ogni tanto, accompagnare un gruppo di lavoratori è sapere che non si può andare molto oltre i limiti di quel momento ed anche comprendere che le vie d'uscita sembrano non appartenere al presente. In altri momenti, si può avere una chiarezza maggiore rispetto ai cammini da intraprendere e all'utopia. Però, i dilemmi di un tempo che si rivela povero nelle sue prospettive devono essere anche un momento di riflessione che contribuisca alla costruzione di nuovi elementi utopici.b) imparare anche, insieme alle persone umili e poveri, il miglior modo di contribuire per la sua e la nostra crescita. Questo significa che una informazione tecnica che portiamo deve essere collegata col vissuto del gruppo che vogliamo accompagnare;
c) non abbiamo una proposta definita e precisa della società, neanche un modello già pronto. Appena crediamo che, qualsiasi progetto, solamente sarà valido ed eseguibile se conta sempre con la partecipazione critica e autonoma della gente. Siamo certi che sarà sempre sospetto qualsiasi progetto che non migliori le condizione di vita della popolazione e non integri la sua partecipazione responsabile, anche se appare come nuovo;
d) cerchiamo di essere aperti alle nuove questioni che sorgono, tanto dentro dei gruppi con i quali lavoriamo come negli ambienti simili al nostro con i quali abbiamo contatto, per esempio, dei problemi ambientali, sulla questione femminile, della gioventù, dei neri, ecc;
e) la modestia delle nostre risorse, tanto umane come materiali, limita le possibilità della nostra intervenzione nel sociale. Ma, al tempo stesso, ci dà un maggiore realismo e ci avvicina delle condizione di vita del popolo.
Dinanzi a tutto ciò, resta la certezza e la disposizione per continuare, essere presenti e proseguire.
Salvador, febbraio 1996
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