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Kenya

“Uniamoci e la vita cambierà in meglio”

Le donne keniote stanno scoprendo la forza dei numeri: se mettono assieme le loro forze e qualche risparmio in gruppi da loro stesse creati, possono cambiare radicalmente la loro vita e quella delle loro famiglie e comunità. È un fenomeno che si diffonde in tutto il paese.
Eric Maino

Canti e risate riempiono l’aria, mentre venti membri del Nzoia Muungano Self–Help Group ritornano dai campi nel Kenya occidentale. Hanno appena ripulito dalle erbacce il campo di mais di un acro e mezzo della loro compagna di gruppo Anne Sikolia, dalle parti di Nzoia, nel distretto di Lugari. Domani il gruppo ha in programma la costruzione di una capanna di fango di due stanze per Veronica Sichangi, una vedova con quattro bambini.

Come dice il proverbio, gli stecchi legati insieme sono difficili da rompere. Forse è proprio questo che hanno in mente le donne keniote, formando gruppi in cooperativa in tutto il paese, associazioni destinate ad affrontare problemi sociali ed economici che si fanno sentire in modo particolare nelle aree rurali. Uno di questi gruppi è l’Nzoia Muungano, che è nato a metà degli anni ’90 e mette in condizione i suoi membri di crescere economicamente e socialmente. La ventiquattrenne Sikolia, madre di tre bambini, è una di quelle migliaia di donne che hanno tratto beneficio da gruppi come questo.

La giovane madre spiega che sarebbe stato un lavoro estremamente difficile e duro per lei sola, che le avrebbe preso tutto un mese, mentre ora, straordinariamente, il campo è stato ripulito in un solo giorno. La Sikolia è senza lavoro, suo marito se ne è andato a Nairobi cinque anni fa in cerca di impiego e non si è fatto più vivo. Naturalmente, se ne guarda bene dal mandare denaro, lasciando la famiglia a soffrire in povertà. La donna racconta tristemente che lei ed i suoi figli per molto tempo si sono potuti permettere un pasto al giorno, costretti a vivere con vestiti stracciati addosso, in condizioni pietose, come dei rifugiati.

Continua dicendo, però, che da quando è entrata nel gruppo, due anni fa, la sua vita è molto cambiata, in meglio naturalmente. Indica una capanna costruita da lei e dagli altri membri e gli utensili per la casa comprati per lei dalle colleghe tramite un fondo rotativo, ed anche degli attrezzi agricoli acquistati con fondi raccolti dal gruppo. Conclude, affermando: “ Prima di entrare nel gruppo detestavo i visitatori e, comunque, nessuno veniva a trovare una povera disgraziata come me. Mi sentivo un relitto dell’umanità, ma, ora, mi sento persino fiera di dare il benvenuto a chi mi viene a trovare a casa mia.” Il prossimo dicembre, durante la stagione del raccolto, i membri del gruppo l’assisteranno nella mietitura, aggiunge la Sikolia.

Helen Chepkorir ha molte buone ragioni per sorridere. La ventisettenne madre di cinque bambini vive molto meglio di cinque anni fa. E’ riuscita a mandare tre bambini a scuola, nutrirli e vestirli e pagare l’affitto di casa grazie al florido commercio di carbone da legna che vende all’ingrosso al mercato di Chukura, nel distretto di Uasin-Gishu. La donna appartiene al Gruppo Femminile di Chukura, costituito da piccole imprenditrici. Le donne, che fanno parte dell’associazione vi contribuiscono con 500 scellini ( 6,5 dollari ) alla settimana; il denaro raccolto circola regolarmente su base settimanale da un membro all’altro, secondo i loro bisogni.

La Chepkorir, come molte altre donne sposate, non poteva far altro, in passato, che restarsene a casa ed attendere, per poter almeno mangiare, che il marito provvedesse ai bisogni essenziali della famiglia. Qualche volta il capo famiglia non riusciva a portare a casa un soldo, anche per due giorni di fila, e ciò significava che i membri della famiglia andavano a letto dopo aver saltato il pasto. Racconta che: “ Ad un certo punto, delle donne mi hanno avvicinato, offrendomi di dare vita insieme a loro ad un gruppo di mutua assistenza in cui si cercava di dare o di provvedere 100 scellini ciascuno ad ogni membro per metterlo in condizione di iniziare qualcosa. Ho preso l’idea al volo, senza esitare.”

All’inizio, con soli 500 scellini, cominciò con un piccolo negozio di drogheria e poca verdura; il gruppo consisteva di soli cinque membri che avevano raccolto, appunto, i fatidici 100 scellini a testa. I profitti fatti dal gruppo nel suo insieme l’aiutarono ad incrementare gli acquisti e a far fronte ai piccoli investimenti necessari per crescere. Nel corso del tempo si aggregarono altre donne ed il gruppo arrivò ad avere dodici membri. Ognuno di questi iniziò a contribuire una somma settimanale di 500 scellini e la negoziante fu in grado di ottenere un prestito di 6000 scellini ( 78 dollari ) per mettersi nel commercio del carbone da legna. Oggi, come rivenditrice all’ingrosso, è in grado di vendere ai negozianti.

La Chepkorir afferma che le sarebbe stato difficile, anzi, da sognarselo, mettere insieme 6000 scellini tutti insieme, invece, questo prestito le ha consentito di fare un balzo in avanti, anche perché le condizioni del prestito prevedono zero interessi e sono estremamente agevolate. La donna conclude spiegando che da quando gli affari hanno cominciato ad andar bene sono terminati i problemi della sua famiglia, ed afferma: “ Ho finalmente potuto litigare liberamente ed aspramente con mio marito, accusandolo di fregarsene della famiglia, dato che, non dandosi da fare, riusciva a guadagnare veramente troppo poco. Ad un certo momento il matrimonio ha rischiato di saltare, ma oggi riesco a sopperire ai suoi magri guadagni e viviamo in armonia.”

La formazione e l’adesione ai gruppi di mutua assistenza varia da un posto all’altro, ma la questione di fondo rimane il fatto che ogni membro deve conoscere perfettamente quali sono gli obiettivi del gruppo. A quel punto, l’aspirante membro deve essere in grado di versare una quota che va dai 200 ai 500 scellini, che dipende dalle condizioni economiche individuali di ciascun associato. I gruppi di donne sono ben organizzati, indicono elezioni annuali per i posti direttivi, come il presidente, il tesoriere ed il segretario. Sono dotati di statuti e regolamenti che governano l’attività e garantiscono che i membri si attengano scrupolosamente agli obiettivi predeterminati.

Lydia Wamboi, Presidente del Kongoni Women’s Self Reliance Group spiega che alcune regole sono davvero severe. Se, per esempio, una donna omette di pagare una rata senza spiegazioni può venir pesantemente multata o perfino espulsa dal gruppo. La Presidente, madre di sei figli, separata dal marito a causa di scontri e litigi dovuti all’estrema povertà, racconta che la maggior parte dei gruppi che si trovano in attività non possiedono né uffici, né beni d’alcun genere. Lavorano e si incontrano alternativamente in casa dei vari membri e, in definitiva, questa è una situazione che aiuta le associate a comprendere i problemi che affliggono ognuna di loro.

La Wamboi afferma che le discussioni durante gli incontri riguardano qualsiasi argomento: ci si scambia le idee sui propri diritti, sull’alimentazione, sulla crescita dei figli e si discute del flagello dell’AIDS. Si parla liberamente anche di cose molte personali, come la fedeltà e la pianificazione famigliare. Questi gruppi sono di grande aiuto nel creare eccellenti relazioni fra le donne associate, che spesso si sentono addirittura come sorelle. Sylvia Nyongesa afferma perentoriamente: “ Noi ora si pretende rispetto nella comunità, e prima di tutto dai nostri mariti.”

La Nyongesa, una ragazza, madre di due figli, racconta che ha tratto grande beneficio dal suo gruppo, spiegando: “ Un momento importante è stato quando abbiamo raccolto il denaro ed ho potuto comprarmi una vacca da latte. Adesso posso vendere il latte, tenendone un po’ per i miei due bambini. La loro salute è molto migliorata e posso comprare cibo e vestiario con il ricavato delle vendite. In un mese guadagno circa 3000 scellini (39 dollari ), molto di più di quello che si guadagna in media in questa zona rurale.”

È, inoltre, molto importante il fatto che le donne tramite questi gruppi si rendono consapevoli dell’energia, della potenzialità e delle capacità che possiedono per migliorare la propria vita. Loro, normalmente, tradizionalmente, raccolgono la legna, vanno a prendere l’acqua, mantengono l’orto, cucinano, lavano, senza però trarre alcun guadagno da queste onerose attività. All’inizio, quando le donne hanno cominciato a formare questi gruppi di mutua assistenza, hanno incontrato molti ostacoli, primo fra tutti, l’opposizione dei mariti. Le donne sposate si vedevano impedire la partecipazioni alle riunioni da parte di mariti che le accusavano di infedeltà; alcune furono costrette ad abbandonare le associazioni per l’aggravarsi delle pressioni ricevute a casa, ma quelle che hanno tenuto duro sono ora molto ammirate da tutti.

Neanche a dirlo, sono proprio gli uomini che erano più contrari all’attività delle loro mogli, che ora ne godono i maggiori benefici. In molte case dove gli uomini erano degli alcoolizzati e non facevano niente per sostenere la famiglia è ora facile vedere delle donne che hanno assunto il ruolo di capo famiglia, di colui che porta a casa il necessario per vivere e tirare avanti. In alcuni posti, come il Distretto di Lugari, i gruppi sono così potenti da riuscire perfino a condizionare le idee della gente. In molti casi, prima delle elezioni, i politici si servono dei gruppi femminili per procacciarsi i voti.

Sull’onda dei grandi successi ottenuti, il fenomeno dei gruppi femminili di mutua assistenza ha praticamente indotto molte donne a creare a loro volta delle associazioni; l’adesione a un gruppo femminile è oggi estremamente popolare e all’ordine del giorno in tutti i villaggi. I contributi settimanali e le visite reciproche sono diventati una routine, che coinvolge moltissime donne, ruotando da un membro all’altro delle associazioni.

Lo scopo di fondo d’ogni gruppo è quello di dare modo a ciascun membro di vivere meglio, di sentirsi amato e protetto, sottraendo più vite possibili alla solitudine, alla pena ed alla disperazione. Il governo, venuto a conoscenza dell’importanza di questi gruppi sociali, ha cominciato ad incoraggiare le donne a registrare i loro gruppi al Ministero degli Interni. Nel distretto di Lugari ci sono già 3050 gruppi registrati, secondo il responsabile dello sviluppo distrettuale John Kianda. Il funzionario, inoltre, spiega che gran parte di questi gruppi è molto attivo e prevede che, possibilmente con qualche aiuto esterno, queste associazioni possano andare molto lontano.

Kianda è estremamente soddisfatto del fatto che i gruppi sono diventati un centro di discussione e di scambio di idee: un elemento di riferimento che alle donne è sostanzialmente sempre mancato da quelle parti. Spiega, infine, che registrare un gruppo costa 300 scellini e che l’atto va rinnovato ogni anno. In ogni villaggio infine è stato nominato un assistente allo sviluppo comunitario locale, con l’incarico di aiutare i gruppi a trovare i locali per gli incontri, le discussioni e lo sviluppo delle idee.

Il professor Arthur Okwemba del Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università Moi ritiene che questo movimento possegga caratteristiche di grande originalità nell’ambito del processo di miglioramento delle condizioni di vita e sociali del paese. A suo parere, infine, molti di questi gruppi, se riceveranno adeguata assistenza finanziaria dal governo e dalle banche, potranno fare molta strada ed ottenere un rimarchevole successo.