Cresce la lotta al crimine domestico
Fino a pochi anni fa la violenza domestica era vista dalla società ghaneana come una questione banale che non meritava attenzione ed interesse. Ciò era del tutto comprensibile, poiché abusi del genere, soprattutto a danno delle mogli, erano visti come qualcosa d'inevitabile, ritenuto normale all'interno del matrimonio. Ancor oggi alcuni uomini si mostrano increduli quando gli si fanno domande riguardo il modo di comportarsi in ordine a questi abusi, senza parlare della loro meraviglia quando, a volte, arrivano ad essere arrestati…!. Per quanto riguarda le vittime, non denunciano questi abusi, perché sono cresciute credendo sia accettabile, perfino normale, che un uomo picchi sua moglie a casa sua.
Emile Francis Short, Commissario per i Diritti Umani e la Giustizia Amministrativa, riconosce che la situazione si presenta in questi termini, ed afferma: " Molti ghaneani credono ancora che la violenza su una donna da parte di suo marito sia una questione che si risolve nell'intimità familiare, della quale né polizia né la comunità dovrebbero occuparsi." Conseguentemente con questo modo di pensare è sempre stato molto difficile per le donne denunciare alle autorità la violenza domestica. Il fatto poi che la polizia la consideri spesso una questione privata, piuttosto che un crimine, ha sempre costituito un gravissimo ostacolo all'incriminazione dei mariti violenti, anche quando messi sotto accusa dalle mogli.
Recentemente, però, i problemi delle donne hanno ricevuto più attenzione, soprattutto grazie all'aumento dell'attività dei gruppi femminili, che sembra espandersi di giorno in giorno. Insieme a ciò, bisogna dire che ha anche contribuito a migliorare le cose un certo atteggiamento di attenzione del governo verso i problemi delle donne e dei bambini. L'attuale governo, guidato dal Presidente John Kufuor, ha creato, per esempio, un Ministero "ad hoc" per donne e bambini e la polizia sembra ora, nel suo insieme, molto più attenta al problema.
Due anni fa la polizia ha creato l'Unità "Donne e Giovani" (WAJU), destinata ad occuparsi delle vittime della violenza domestica; nel corso della prima metà del 2002, secondo un portavoce del WAJU, sono stati denunciati 679 casi di violenza matrimoniale, mentre oggi non meno di 35 fra donne e bambini si recano in media ogni giorno alla polizia esponendo casi che richiedono un'assistenza assai complessa. L'Unità possiede solo sette uffici in sei delle dieci regioni del Ghana: una presenza inadeguata ad affrontare l'enorme numero di casi di donne che denunciano abusi e violenze. Per cercare di far fronte alla situazione, la WAJU ed altre organizzazioni, hanno organizzato seminari per sensibilizzare atri dipartimenti di polizia sul problema della violenza domestica. E' stato anche proposto di includere lo studio e la sensibilizzazione su questo tipo di problema nei corsi d'addestramento dei poliziotti.
Nonostante sembri che di questi tempi il problema si stia ridimensionando, sul fronte femminile in senso lato, non si può dire siano raggiunti i risultati sperati. I recenti sviluppi della situazione in Ghana tendono, purtroppo, a limitare e compromettere la libertà e l'emancipazione della donna, nel suo complesso. Non è passato un anno da quando, per esempio, si è finalmente placata la fobia collettiva per una serie di misteriosi omicidi verificatasi tutti puntualmente ai danni delle donne.
Fra il '99 e l'inizio del 2001, i movimenti delle donne nelle aree urbane, specialmente di notte, sono stati fortemente limitati dal terrore generato da una catena d'omicidi che le ha viste vittime. Più di trenta donne sono state uccise in questa serie di delitti ed attualmente un uomo è sotto processo, accusato di aver organizzato i vari omicidi. A neanche un anno da questi episodi criminali concatenati, i media si sono messi a concentrare la propria attenzione su altre storie di uomini che uccidevano le loro mogli per futili motivi. La gran quantità di parole che si sono spese e si spendono su questi omicidi ha finito per impaurire e sconcertare molti ghaneani.
Gladys Asmah, il Ministro delle Donne e dei Bambini, ha espresso una chiara condanna di quegli omicidi, descrivendoli come: " Il risultato di una pericolosa cultura emergente nel paese, in base alla quale gli uomini si accaniscono con violenza contro le donne, non perché le sospettano di qualche colpa, ma semplicemente per controllarne la sessualità ed il comportamento sessuale. Si sta verificando un inaccettabile aumento della violenza domestica, poiché ci si dimentica che i litigi in famiglia possono e devono essere risolti senza ricorrere alla violenza o all'uso delle armi."
Esther Appiah, funzionario responsabile del WAJU, sostiene che: " In Ghana gli abusi sulle donne sono ormai arrivati ad un livello allarmante, poiché i compagni maschi, soffrendo di un forte complesso di superiorità, ritengono che le donne non possano pensare con la loro testa e rappresentino, in fondo, una privata proprietà. Alcuni uomini ritengono perfino di avere il diritto di pensare e decidere per conto delle loro mogli e compagne." Appiah afferma che, anche se di questi tempi sempre più donne denunciano la violenza domestica, la maggior parte di loro continua a subire, nel timore di essere additata e messa in difficoltà, ma anche a causa del grande ritardo con cui i tribunali risolvono i loro casi dopo che sono stati denunciati.
Angela Dwamena-Aboagye, direttore esecutivo dell'Ark Foundation, un'organizzazione non governativa che lavora per i diritti delle donne e dei bambini, afferma che: " La maggior parte delle donne non sa nemmeno che cosa potrebbe fare, come potrebbe reagire quando viene fatta oggetto di violenza, si esercita una pressione sociale tale su queste vittime che generalmente si rifiutano di denunciare alla giustizia i colpevoli." Secondo la direttrice, la maggioranza delle donne ghaneane preferisce che chi le maltratta non vada in galera, ma, piuttosto, gli venga impedito di continuare a infierire; in ogni caso, l'associazione si impegna per educare le donne a denunciare sempre e comunque la violenza, ogniqualvolta la subiscano. L'Aboagye inoltre fa presente che è importante sollecitare il Parlamento a rivedere le leggi che sanciscono i casi di violenza, poiché, spesso, i giudici si lamentano di non trovare gli strumenti adatti e necessari per punire i colpevoli dei vari casi che si presentano.
Amnesty International, il custode internazionale dei diritti umani, nel suo rapporto più recente ha espresso due preoccupazioni riguardo al Ghana, ambedue riguardanti donne e ragazze, la pratica della mutilazione genitale e la violenza domestica: la prima è considerata reato dal '94.
Il Procuratore Generale e Ministro della Giustizia, Nana Akufo-Addo, ha fornito assicurazioni che la Costituzione sarà presto rivista per affrontare in modo più adeguato i problemi delle donne relativi alla violenza domestica e alla legge sulla successione legittima. Akufo-Addo ha affermato che il Ministero della Giustizia sta attivamente prendendo in considerazione delle proposte legislative riguardanti la violenza domestica, mirate a migliorare la protezione delle mogli che la subiscono. Egli ha riconosciuto che c'è ancora tanta strada da fare per educare la gente riguardo a problemi femminili, come, la mutilazione genitale e il tradizionale stato di servitù, con uno sforzo che dovrà durare a lungo nel tempo, poiché si tratta di pratiche culturali che non si spazzano via con la semplice promulgazione di una legge.
Il Procuratore si è infine lamentato del fatto che nella Costituzione non esiste alcun riferimento ai crimini legati al traffico di donne e bambini, sostenendo, però, che la manchevolezza esistente nel quadro legislativo ghaneano è stato identificata ed il codice di procedura penale del '60, in particolare la legge 29, saranno al più presto modificati per disporre di strumenti legislativi adeguati contro questi crimini. Al momento, la legge sulla modifica del codice di procedura penale si trova all'attenzione del Parlamento; contiene, fra le altre cose, nuovi provvedimenti finalizzati a proteggere le donne incinte e con neonati che si trovano in carcere. Ciò significa che le donne in queste condizioni non dovrebbero essere più condannate al carcere, ma piuttosto a pene alternative da stabilirsi caso per caso.
Si è saputo che la nuova legge, oltre a definire la violenza domestica a delineare precisamente i contorni del crimine per poterne incriminare i responsabili, contiene dei provvedimenti che permetteranno alle donne di ottenere protezione dall'autorità per tenere a distanza e sotto controllo i mariti violenti. Questo è uno degli elementi che è sempre stato fortemente invocato dai fautori di una nuova legge, poiché si ritiene che la protezione potrà salvaguardare molte donne che vogliono disperatamente farla finita coi maltrattamenti, senza sentirsela di denunciare i loro mariti. Inoltre, la legge sulla successione legittima dell'85 deve essere rivista, poiché non fa chiarezza sulle situazioni poligame e sul concetto d'eredità congiunta fra la moglie sopravvissuta ed i figli, nel caso in cui la prima non sia la genitrice di tutti i bambini.
La violenza domestica ha un costo altissimo per la società ghaneana. Non si tratta infatti solamente di un abuso dei diritti umani delle sue vittime, ma comporta tutta una serie di gravi effetti negativi collaterali. Per esempio, lo sviluppo emotivo di bambini che ne sono testimoni, subendone danni gravissimi per loro e per tutta la società. Troppo spesso da situazioni del genere nascono fenomeni delinquenziali e pregiudizievoli per la società, quali, rapine, gravidanze precoci e criminalità di strada.
La violenza sulle donne costituisce anche una delle cause principali di povertà nelle comunità del paese. Una ricerca, condotta nel '98 dal Centro di Documentazione sui Diritti Umani e Studi di Genere, ha scoperto che molte donne che sono state ferite dai loro mariti hanno dovuto spendere parte delle già limitate risorse della famiglia in cure mediche o hanno dovuto rinunciare ad attività produttive fino a quando non si sono ristabilite. Lo studio ha anche costatato che, quando le donne hanno denunciato gli abusi alla polizia, è stato fatto ben poco. Nel 65% dei casi i responsabili sono stati semplicemente ammoniti verbalmente, nel 10% non è stato fatto nulla e, solo nel 3% dei casi, è stato arrestato qualcuno.
La ricerca ha anche accertato che alla maggioranza delle donne che denunciavano violenze è stato chiesto di portare pazienza coi propri mariti, di farsi consigliare dai membri della famiglia o addirittura, senza mezzi termini, di ritirare la denuncia e togliersi di torno. Solo nel 2% dei casi è stato chiesto alle donne di formalizzare le loro accuse. Sebbene i casi di violenza domestica finiscano ormai nei tribunali ordinari, si ha l'impressione che, comunque, ci sia ancora qualcosa che non va nell'atteggiamento delle donne, un freno, dei problemi, nel rivolgersi alla giustizia. Molte di loro hanno troppa paura ad andare avanti nel procedimento penale o si preoccupano del fatto che, se processano il marito, perdono le risorse necessarie per mantenere i figli.
Nel '98 il Parlamento ha integrato le leggi esistenti, con nuove definizioni di questo specifico genere di violenza sulle donne ed ha aumentato le pene. I legislatori hanno posto al bando la pratica del "trokosi", in osservanza alla quale le ragazze sono ridotte in schiavitù per espiare reati commessi da membri della famiglia. Hanno promulgato norme di legge per proteggere donne accusate di stregoneria, hanno raddoppiato le condanne obbligatorie per stupro, definito crimine le tentate violenze carnali e i matrimoni forzati, aumentando infine le pene per incesto e prostituzione infantile. Ma, questi provvedimenti legali non sono bastati a sradicare queste pratiche o crimini; neanche la mutilazione genitale femminile che, a detta del Ministero delle Donne, viene praticata in più di un terzo delle comunità rurali del paese.
Molti ritengono che le leggi esistenti destinate a proteggere donne e ragazze sarebbero fatte rispettare meglio se ci fossero più donne nei posti chiave di governo o nella macchina statale, ma, anche in questo caso, le donne non sono certo aiutate o incoraggiate a crescere in questi ruoli e posizioni di potere. Dei 200 membri del Parlamento, solo 17 sono donne e dei 79 Ministri, solo sei sono di sesso femminile. Solo 7 dei 110 Capi Distretto è donna e nessuna donna ha mai ricevuto l'incarico di Ministro Regionale. Dwamena Aboagye sostiene che i partiti politici e le istituzioni governative sono tutti dominati dagli uomini e, se al loro interno le donne vogliono sopravvivere, devono comportarsi come loro, finendo per prendersi sberleffi e appellativi non certo lusinghieri.
Ciò che oggi comincia a preoccupare diversi osservatori è che, nonostante oltre il 51% della popolazione del Ghana sia femminile, solo un minuscolo manipolo di donne osa cimentarsi con le prove elettorali. La Professoressa Takyiwa Manu, docente dell'Università del Ghana che lavora su temi legati ai diritti delle donne, ha espresso la sua preoccupazione in merito a questa latitanza. A suo avviso le donne dovrebbero divenire consapevoli del fatto che spetta loro lo stesso diritto degli uomini di partecipare alla politica locale e che, facendolo, possono influenzare le decisioni che le riguardano, per il loro bene, poiché nessun altro lo farà mai per loro conto.
Nadia Ibrahimah, segretario regionale del sindacato, fa riferimento alle recenti elezioni alle assemblee distrettuali e al Parlamento che hanno visto una partecipazione minima delle donne, afferma che alle donne manca il coraggio di presentarsi alle elezioni per il timore di essere ridicolizzate, maltrattate o, come minimo, di non essere prese sul serio. Secondo la Ibrahimah il ruolo femminile nel buon governo della cosa pubblica può venir accresciuto se le donne si decidono a partecipare di più, candidandosi alle elezioni.
In ogni caso i problemi del fronte femminile non sono certo solamente legati alla politica e ai politici, ma riguardano piuttosto il mondo delle tradizioni e la necessità di sbarazzarsi di certi tabù. Recentemente si è saputo che alcuni insegnanti si sono rifiutati di trasferirsi ad insegnare a Krotease, un villaggio del Ghana orientale, poiché gli abitanti di quella località sono ancora particolarmente legati a certe pratiche e tabù tradizionali, come per esempio l'allontanamento dal villaggio delle donne nel periodo mestruale. In quel caso, anche il capo del distretto, in persona, si è dichiarato contrario al fatto che l'assemblea esecutiva da lui presieduta prendesse qualsivoglia decisione concernente le pratiche culturali tradizionali della gente, facendo andare su tutte le furie molti ghaneani convinti che certi tabù siano manifestazioni incivili e di retroguardia