Un disastro nazionale annunciato
Sebbene in occasione delle celebrazioni della Giornata Mondiale dell'AIDS, il ministro della Sanità Pubblica Sam Ongeri abbia dichiarato che l'incidenza della malattia è scesa dal 14% del '99 al 10,2% di quest'anno, si tratta di cifre campione che non possono essere considerate affidabili, considerando che sono percentuali statistiche che prendono in considerazione solo le donne che si rivolgono alle cliniche prenatali. In realtà, i Kenioti non possono purtroppo permettersi alcuna forma di autocompiacimento, se tengono presente, per esempio, che il Distretto Centrale di Nyeri soffre di un incidenza del 40%, mentre gran parte dei Distretti della Provincia di Nyanza si attestano intorno al 30%.
Con circa 2,2 milioni di kenioti infettati dal virus dell'AIDS, su una popolazione di 28m milioni, è sempre più difficile per il governo sostenere il peso di una calamità tanto grave, considerando che deve far fronte anche ad altre malattie molto diffuse, spesso epidemiche, come la malaria, il colera e la tubercolosi. All'inizio del mese scorso il dottor Meshack Onguti, direttore del Kenyatta National Hospital, il più grande ospedale e clinica universitaria del paese, ha affermato che più dell'80% dei ricoverati è malato di AIDS. Onguti ha aggiunto che la triste situazione, associata al collasso delle strutture sanitarie cittadine, vanifica ogni sforzo di offrire servizi sanitari di qualità accettabile alla maggioranza della popolazione.
Il Kenya, però, si sarebbe potuto risparmiare questa tragica situazione se il governo avesse gestito seriamente i programmi di controllo e contenimento dell'AIDS. Sebbene il primo tentativo di affrontare l'epidemia sia stato fatto già nell'85, solo un anno dopo che era stato diagnosticato il primo caso di AIDS nel paese, interventi seri sono stati attivati solo dopo che l'epidemia è stata dichiarata disastro nazionale nel '99.
Come si vede il governo ci ha messo niente meno che 15 anni per rendersi conto della devastazione che l'AIDS stava provocando. Il paese non è riuscito a prendere esempio dal vicino Uganda che è stato considerato un esempio di successo nella lotta contro l'epidemia in Africa. L'Uganda ha diagnosticato il suo primo caso nell'82 e quando il presidente Museveni è andato al potere nell'86 l'AIDS è stato dichiarato subito disastro nazionale. L'Uganda, a quei tempi, si è impegnato in una seria campagna su base volontaria di test porta a porta, mentre Museveni menzionava l'AIDS in quasi tutti i suoi discorsi. A partire dal '93, per lo meno in alcune zone, l'incidenza della malattia ha cominciato a stabilizzarsi o, addirittura, a calare. Museveni era sostenuto dal suo governo e dal musicista Phylli Lutaya, ora deceduto, la cui canzone ( Solo e Spaventato) ha ispirato negli anni '80 gli ugandesi nella loro lotta contro l'AIDS.
In Kenya, invece, nessun politico ha mai parlato apertamente di AIDS, prima che Moi lo dichiarasse un disastro nazionale. A tutt'oggi nessuna celebrità e nessun politico ha mai fatto conoscere pubblicamente la propria condizione rispetto alla malattia. A ciò si aggiunga la mancanza di impegno politico generale che ha fatto sì che la devastazione causata dall'epidemia non si fermasse affatto.
Nel '92, il governo, consapevole del ruolo delle Infezioni Sessualmente Trasmesse (STI ) nella diffusione dell'AIDS, ha dato vita al NASCOP, Programma Nazionale per il Controllo dell'AIDS/ STI, finanziato fino al '99 dalla Banca Mondiale nell'ambito dei suoi programmi STI. Un'iniziativa che ha ottenuto qualche successo; nel corso della sua vita di progetto l'incidenza delle STI è scesa del 9%.
Assieme alla dichiarazione dell'AIDS come disastro nazionale, nel '99 è stato messo in piedi il Consiglio Nazionale per il Controllo dell'AIDS (NACC), emanazione della Legge sulle Imprese di Stato, cui era stato assegnato il compito di coordinare gli sforzi nel campo della prevenzione e del controllo dell'AIDS. Il NACC esiste tuttora, ha un presidente di nomina presidenziale ed un direttore che è pure Segretario del Consiglio. I membri comprendono i rappresentanti dei vari Ministeri, il settore privato, esponenti religiosi, organizzazioni femminili che si dedicano alla lotta all'AIDS e gente comune sieropositiva.
Ma, fin dalla sua creazione, questa entità si è sempre dovuta muovere fra polemiche e paralizzanti controversie; diversamente dai precedenti programmi per il controllo dell'AIDS, che erano gestiti dal Ministero della Sanità, questo organismo prendeva vita direttamente dall'Ufficio del Presidente. Gli oppositori del governo hanno sempre visto questo patrocinio come un raggiro di Moi e della sua gang per impadronirsi dei ricchi fondi dei donatori.
Quando si parla di AIDS e di questioni ad esso legate è diventato anche difficile capire quale Ministero ne sia responsabile; girano molto spesso comunicazioni e disposizioni totalmente divergenti che provengono rispettivamente dall'Ufficio del Presidente e dal Ministero della Sanità. Questa confusione ha raggiunto il massimo nel luglio del 2001 al culmine della campagna per l'utilizzo dei farmaci generici, quando l'allora Ministro dell'Ufficio del Presidente Marsen Madoka ed il Ministro della Sanità Ongeri hanno preso pubblicamente posizioni totalmente diverse sulla questione.
Vale anche la pena di notare che, finalmente, l'AIDS è entrato a far parte integrante delle campagne elettorali, con i politici che si preoccupano di dibatterne liberamente. Vedremo se Kibaki, vincitore delle elezioni dello scorso dicembre, saprà fare meglio di Moi.
E' anche incoraggiante vedere che i gruppi religiosi, che una volta in un modo o nell'altro ostacolavano la lotta contro l'AIDS, si trovano ora in prima linea. Quest'anno durante la celebrazione della Giornata Mondiale dell'AIDS, hanno promesso di combattere l'AIDS nei loro luoghi di culto, soprattutto per porre fine alla discriminazione e alla vergogna.
Come ha detto il dottor Peter Piot, Direttore del Programma delle Nazioni Unite contro l'AIDS (UNAIDS), ad una conferenza internazionale nel 2000: " Non abbiamo bisogno di un'arma super tecnologica per combattere l'AIDS, le risposte, le soluzioni, in Africa già si conoscono." Nel caso del Kenya, una serie di possibili importanti contributi alla soluzione del problema potrebbero venire: dall'elaborazione di direttive praticabili e coerenti, dalla creazione di più centri di volontariato e di assistenza, da una nuova specifica legislazione sull'AIDS, dal rafforzamento dei servizi domiciliari ed, infine, dalla disponibilità dei farmaci antiretrovirali per tutti i pazienti