Picchiate quel giornalista!
Il Malawi rischia di perdere la sua invidiabile posizione di paese più stabile ed aperto dell’Africa australe perché troppi politici avidi di potere usano sempre più spesso la violenza, l’intimidazione, vecchie e nuove leggi liberticide contro i giornalisti con l’intento di soffocare la libertà di stampa ed imbavagliare gli oppositori. Esperti di politica e professionisti della comunicazione di grande esperienza lanciano un grido d’allarme denunciando che la libertà di stampa sta diventando sempre più un lusso piuttosto che un diritto della gente che vive in uno Stato nominalmente democratico come questo. E’ un fatto: i giornalisti che denunciano la corruzione che serpeggia fra gli alti ranghi governativi vengono fisicamente perseguitati, rapiti o messi in prigione: la mia esperienza fa testo!
Qualche settimana fa il mio collega Raphael Tenthani, vice presidente del Media Institute of Southern Africa (MISA), sezione del Malawi, nonché corrispondente della BBC, mi ha informato che la polizia mi stava cercando. Il 7 gennaio la polizia mi ha interrogato per tre ore al suo quartier generale per il Malawi meridionale che si trova nel quartiere di Chichiri a Blantyre. Mi hanno chiesto soprattutto perché scrivo articoli contro il governo, hanno preso nota delle mie risposte ed affermazioni facendomi sapere che sarei dovuto ritornare lì dopo che l’interrogatorio fosse stato inoltrato e presentato da loro alle autorità governative.
Tutto questo succedeva 5 mesi dopo che ero stato trattenuto, esattamente domenica 12 agosto 2001, all’aeroporto Chileka di Blantyre da membri dei Giovani Democratici, un gruppo giovanile alleato dell’United Democratic Front ( UDF ) che sta al governo del Paese. Mi trovavo all’aeroporto per scrivere dell’arrivo dei capi di stato che partecipavano al Summit 2001 del Southern African Development Community ( SADC ) che in quell’occasione veniva ospitato dal Malawi. Sette giovani, che indossavano distintivi ufficiali dei servizi di sicurezza del SADC, mi hanno avvicinato e chiesto di lasciare l’aeroporto, accusandomi di scrivere quelle che definirono stupide storie contro il Presidente Bakili Muluzi ed il governo sul settimanale Mirror. Il Mirror viene pubblicato dall’ex Ministro Brown Mpinganjira che, da quando si è dimesso, ha costituito un gruppo di pressione anti governativo assai critico dell’amministrazione Muluzi.
I giovani mi accusarono di essere una spia di Mpinganjira, nonostante gli avessi mostrato una tessera di accreditamento stampa ufficiale del SADC ed altri documenti. Dopo avermi picchiato duramente mi accusarono anche di essere un sostenitore del gruppo di pressione denominato National Democratic Alliance di Mpinganjira. Venni salvato da un ufficiale di polizia che mi portò ad un vicino commissariato, dove riscontrarono che mi ero lievemente incrinato la mascella. Venni trattenuto alla stazione di polizia per tre ore e secondo l’ufficiale che mi aveva salvato lo aveva fatto semplicemente per tenermi al riparo e al sicuro, tanto che non venne spiccato alcun ordine di arresto.
Nonostante nel ’94 abbia fatto ritorno alla democrazia multi partitica il governo del Malawi ha continuato a dare addosso alla libertà di stampa, anche se uno degli elementi portanti del ritorno alla democrazia fosse proprio l’assicurazione della libertà giornalistica di stampa e d’espressione. Poco dopo la sua elezione nel ’94, Bakili Muluzi ha impedito al giornale The Democrat di pubblicare una sua vecchia fotografia che lo ritraeva in divisa di detenuto. La foto era stata presa dopo che a Muluzi erano stati inflitti sei mesi di detenzione quando, ancora giovane, aveva rubato sei sterline e dieci scellini. Nel 1995 il Presidente Muluzi ha portato in tribunale la Blantyre Newspapers Ltd per aver diffuso la notizia che il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale lo avevano criticato per aver costruito una casa da miliardari nel centro commerciale di Blantyre.
Muluzi si era permesso di prendersela anche, in generale, con la qualità del giornalismo del paese, minacciando i membri dell’Associazione Giornalistica del Malawi (JAMA ) di non avere nessuna intenzione di starsene tranquillo e lasciar discreditare se stesso ed il suo governo dalla robaccia che producevano. In diverse occasioni la polizia ha arrestato dei giornalisti nella pratica del loro professione, con l’accusa d’aver scritto quelli che il governo definisce tout court articoli “insultanti”.
Nel gennaio del ’98, per esempio, militari dell’esercito sono entrati con la forza negli uffici del Daily Times distruggendo computers e picchiando i giornalisti presenti. Si trattava della selvaggia risposta ad un articolo del giornale che affermava che l’AIDS dilaga nell’esercito malawiano. Il Ministro della Difesa del momento, Joseph Kubwalo, sostenne il raid contro il Daily Times affermando che ogni giornalista e giornale che provoca l’esercito scrivendo articoli negativi sul suo conto ne dovrà subire le conseguenze.
Nel giugno dello stesso anno il governo ha chiuso il giornale Take Part, sponsorizzato dai tedeschi, che promuoveva diritti umani e democrazia con la scusa che si trattava di una pubblicazione di proprietà straniera. Tre mesi più tardi, a settembre, il governo ha ordinato la chiusura del giornale d’opposizione National Agenda, con la scusa che i suoi veri proprietari non erano registrati all’Ufficio del Registro Generale. Il proprietario, Thabwa Kaiya, venne messo in prigione per diversi giorni e Kaiya stesso spiega che dopo essere stato preso di mira diverse volte da gentaglia mandata dal governo si è deciso a chiudere il giornale per paura di lasciarci la pelle.
Il Sindacato dei Giornalisti del Malawi fa notare quanto sia assurdo che, dopo che è stato impedito ai giornalisti di lavorare liberamente durante la dittatura mono partitica di Banda e del suo Malawi Congress Party, sia tuttora impossibile operare senza restrizioni, dopo il collasso di quel regime autoritario nel ’94. Il Presidente ad interim del sindacato, Mavuto Banda, fa notare come le stesse persone che si sono a suo tempo apertamente dichiarate a favore della democrazia e dei valori della libertà di stampa ne impediscano ora la piena maturità. Banda afferma che si sta assistendo ad un andamento delle cose assai preoccupante, in cui si vedono i politici che sono andati al potere in nome della democrazia voltare decisamente le spalle agli strumenti ed ai valori più genuini della democrazia stessa che hanno propugnato.
Nel frattempo, molti osservatori internazionali dei problemi dei media hanno condannato l’amministrazione Muluzi per il suo accanimento contro i giornalisti. Uno di questi è il Comitato Canadese per la Protezione dei Giornalisti ( CCPJ ) che l’11 ottobre scorso in una lettera a Muluzi ha espresso la sua preoccupazione per il deteriorarsi della libertà di stampa in Malawi ed in altri paesi membri del SADC. Oltre a questo il CCPJ ha preso atto di quello che mi è successo e nella sua lettera ha scritto a Muluzi che “ (da un governo democratico) non dovrebbe venire assolutamente mai permesso che venga inflitto a nessun giornalista il trattamento che è toccato a Ligomeka, che è stato picchiato brutalmente solo perché faceva il suo dovere professionale.”
Oltre ad essere afflitti dalla violenza, dalla censura e dai più svariati tentativi del governo di metterli a tacere i media malawiani soffrono di una minaccia ancora più pervasiva alla loro libertà: la maggior parte della stampa e delle radio private non religiose è posseduta da uomini politici. Ci sono diversi motivi per cui le cose stanno così. Storicamente, negli anni del partito unico dal ’64 al ’94 il dottor Hastings Kamuzu Banda ed il suo Malawi Congress Party hanno mantenuto uno stretto controllo sul paese, imponendo in maniera ferrea la cultura del silenzio. In quegli anni una sola emittente radio di proprietà governativa trasmetteva solo ciò che Banda voleva che il popolo sentisse, sapesse e capisse. C’era un solo editore, la Blantyre Print and Publishing Company, gestita dal partito di Banda che pubblicava il Daily Times ed il suo settimanale Malawi News.
A nessun’ altra organizzazione o individuo era permesso pubblicare giornali. Per tutti i trent’anni in cui l’MCP è stato al potere il Malawi non ha avuto una televisione. I cittadini di questo paese hanno tirato un enorme respiro di sollievo quando Banda è stato sconfitto e Muluzi è andato al potere. Per la fine del ’94 c’erano già più di trenta testate nel paese, lo stesso in cui fino a quel momento c’erano stati solo due giornali di proprietà del dittatore. Purtroppo questo slancio è finito presto, dimostrandosi un’illusione, ed oggi i politici possiedono gli unici due quotidiani che si stampano in Malawi. Aleke Banda, vice presidente dell’UDF e la sua famiglia possiedono il Daily Nation ed il settimanale collegato Week End Nation, mentre la Blantyre Print and Publishing Company, fondata dal defunto Kamuzu Banda e storicamente legata al Malawi Congress Party, è proprietaria del Daily Times e del suo settimanale Malawi News.
I politici controllano anche i più importanti settimanali. The Mirror è di proprietà di Brown Mpinganjira, il leader della National Democratic Alliance all’opposizione, mentre l’Enquirer appartiene ad un funzionario dell’UDF di nome Lucious Chikuni. Altri due settimanali, The Chronicle e il People’s Eye sono di Robert Jamieson e Chinyke Tembo, professionisti della comunicazione, spesso accusati di ricevere sostegno finanziario dai capi dell’opposizione. Nel ’94 il governo dell’UDF ha deciso di fondare un giornale governativo, il Weekly News, per dare cassa di risonanza alle sue iniziative e fare da contraltare all’informazione negativa che proveniva dalla stampa d’opposizione.
Come nel caso della carta stampata, la proprietà dei cosiddetti media elettronici è fortemente legata ai personaggi al potere. La Malawi Broadcasting Corporation e Television Malawi sono dello Stato e fungono da voci ufficiali del governo e dell’United Democratic Front che sta al potere. Anche due stazioni radio private hanno legami diretti con uomini di governo. Radio Power 101 FM è di proprietà di Oscar Thompson, figlio di Harry Thompson, un vecchio ministro e parlamentare UDF. Capital Radio è di Alaudin Osman, un ex addetto stampa di Muluzi.
Alla luce di tutto questo non può certo sorprendere il fatto che il Paese sia di questi tempi preda di giornali legati all’UDF, dal momento che l’amministrazione Muluzi ha deliberatamente e molto probabilmente illegalmente utilizzato denaro pubblico per lanciare o promuovere giornali di proprietà di sostenitori dell’UDF stesso. E’ veramente dura la vita dei giornalisti indipendenti che lavorano in Malawi. Tenthani del MISA dice che la stretta presa dei politici sui media è una morsa assai dura da sopportare, tanto che quasi tutti i giornali posseduti da validi professionisti privati indipendenti vanno a finire male e muoiono trovandosi a dover cercare di sopravvivere in un ambiente che gli é del tutto avverso e praticamente impossibile da sopportare.