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Zambia

Un passo avanti delle donne

La società civile zambiana ha definito un fraudolento inganno la bozza di riforma agraria presentata dal Governo perché persevera nel tentativo di assegnare tutta la terra nelle mani del Presidente della Repubblica. Suscita interesse invece la proposta di riservare il 30% della terra alle donne.
Singy Hanyona

Il Governo ha presentato una bozza di riforma agraria che contiene la seguente perentoria affermazione: "Tutta la terra dello Zambia é completamente assegnata al Presidente e sarà da lui detenuta in eterno per conto del popolo zambiano." Ma, la Zambia Land Alliance (ZLA), una coalizione di organizzazioni della società civile, si oppone con forza ad una risoluzione del genere, definendola inappropriata e poco efficiente. Il 94% della terra dello Zambia ricade sotto un sistema di possesso consuetudinario che la ZLA sostiene essere poco efficiente e troppo oneroso, specie per gran parte della gente povera. Nelle sue argomentazioni riguardanti la nuova bozza, l’Alliance afferma, fra l’altro, che assegnare tutta la terra al Presidente apre la strada a possibili gravi abusi da parte dell’Amministrazione pubblica.

La ZLA sostiene, piuttosto, che: " Tutta la terra deve essere assegnata allo Stato, non al Presidente." aggiungendo, in merito all’intenzione eccessivamente ambiziosa del Governo di promuovere l’assegnazione di titoli di proprietà nelle aree rurali, che sarebbe meglio prendere in considerazione, almeno in via transitoria, l’affitto della terra, mantenendo l’attuale sistema di possesso consuetudinario. In ogni caso, la conversione immediata e diretta della terra in terra statale andrebbe evitata. Questa terra, secondo la ZLA, deve continuare a rimanere nelle mani degli stessi gestori, evitando che le comunità locali perdano i loro diritti tradizionali sulla terra che affitteranno in un secondo tempo dallo Stato.

Se non si procede prudentemente come viene suggerito, si corre il rischio di non riuscire ad arrestare le vendite incontrollate di grandi appezzamenti terrieri da parte di speculatori senza scrupoli che estromettono i contadini poveri a beneficio di pochi abbienti mega proprietari terrieri. Un fenomeno che si è sviluppato pericolosamente soprattutto nel corso degli ultimi sette anni, per effetto della Riforma Agraria del ’95.

La Land Alliance sostiene esserci troppa ambiguità sull’argomento da parte di molti attori interessati e coinvolti nella questione della terra, compreso il Ministero della Terra stesso. Un’ambiguità che emerge, soprattutto, quando si va a vedere la terminologia usata nella bozza di riforma agraria e, in particolare, nella parte che riguarda il sistema amministrativo relativo a:
" Terra di proprietà consuetudinaria, titoli di proprietà e terra in affidamento."

Secondo la ZLA, bisogna dimostrarsi attenti e sensibili alla voce di molti zambiani che esprimono la convinzione che la terra è sacra e convincersi che non si tratta di qualcosa che si può impunemente considerare e trattare con semplici ordinanze ed atti amministrativi. Una questione di fondo e di capitale importanza, poi, va tenuta principalmente in conto e deve restare alla base di ogni ragionamento. Secondo l’Alliance:" Dal momento che la terra di proprietà consuetudinaria è considerata appartenere all’intera comunità, non può essere permessa la proprietà individuale. "

La Chiesa Cattolica si è fatta avanti con decisione nel sostenere i principi sociali che proteggono gli interessi dei più deboli e delle minoranze della società. La Commissione per la Giustizia e la Pace (CCJP), entrata nel dibattito, afferma che in nome dello sviluppo ci si dovrebbe sforzare di ottenere il massimo per i più svantaggiati, i contadini poveri, aumentando il più possibile il loro grado di proprietà della terra. Uno studio del CCJP, condotto sull’impatto della Riforma Agraria del ’95 sulle condizioni di vita dei contadini più indigenti dello Zambia, rivela che qualsiasi minaccia alla disponibilità della terra ha conseguenze potenzialmente disastrose. Ed è per questa ragione che il Direttore del CCJP, Joe Komakoma, afferma che ogni istituzione impegnata nel garantire il benessere dei poveri dovrebbe seriamente darsi da fare perché si formuli e quindi sviluppi un’appropriata riforma agraria nazionale.

Fino a non molto tempo fa non esistevano titoli di proprietà per la terra detenuta con la modalità tradizionale (consuetudinaria). Ciò comportava che i detentori non potevano far uso della terra come garanzia per ottenere prestiti bancari. Perfino quando veniva concentrata e data in subappalto gestionale non era spesso sufficiente per garantire attività economicamente efficienti su larga scala. Inoltre, i detentori tradizionali non sono quasi mai in stati in grado di praticare rilevamenti topografici adeguati della loro terra per poterla assegnare o distribuire.

Una delle maggiori preoccupazioni riguardanti la Riforma Agraria del ’95, attualmente in fase di revisione, consiste nel fatto che erode potenzialmente l’assetto dell’autorità tradizionale, riducendo al contempo la sicurezza alimentare complessiva del Paese. Inoltre, ha il grave difetto di attribuire troppa discrezione nell’amministrazione della terra da parte del Governo, nel nome del Presidente della Repubblica.
La CCJP ritiene che le riforme, in generale, e l’Agraria, in particolare, dovrebbero essere mirate ad uno sviluppo integrale, in linea con i principi di giustizia economica e sociale. Il suo rapporto solleva la questione con queste parole: " All’ordine del giorno oggi non c’è solo e semplicemente la questione della distribuzione della terra per ottimizzare la produzione agricola, ma, il fatto che si mette, addirittura, in gioco la struttura sociale del paese nel suo complesso. La nuova Riforma Agraria non vorrà per caso significare la marginalizzazione dei contadini e la loro espulsione dalle terre di loro proprietà per finire in baraccopoli degradate? "

Con l’andar del tempo è diventato sempre più difficile per i politici e l’Amministrazione convincere i contadini che sarebbe nel loro interesse che registrassero la terra e ne acquisissero i titoli di proprietà: delle terre che considerano appartenergli: terre passate di mano in mano e arrivate a loro per diritto di nascita dai loro antenati.

Tutte preoccupazioni che traggono origine anche dall’esperienza negativa di altre nazioni che si sono trovate in gravi difficoltà per aver messo mano a Riforme Agrarie che mancavano di una valenza sociale appropriata. In questi Paesi si sono verificate gravi rivolte, scatenatesi contro leggi inique e oppressive, infliggendo alla popolazione lutti e sofferenze immani. Nel vicino Zimbabwe, per esempio, il conflitto causato dal tentativo di ridistribuire le grandi proprietà del latifondo ai senza terra. è ancora aperto, fra il Governo del Presidente Mugabe e gli ex proprietari terrieri bianchi.

L’attuale bozza di Riforma Agraria zambiana propone di trasformare gran parte della terra, attualmente in proprietà consuetudinaria, in terra statale, al fine di accelerare il processo di re distribuzione fondiaria e promuovere un rapido sviluppo economico del Paese. Il documento contiene, fra l’altro, anche una fortissima iniziativa di "genere", la proposta di riservare alle donne il 30% della terra del Paese. Un provvedimento quasi "rivoluzionario" in un continente dove le donne hanno pochissimi diritti e un mare di doveri.

Il Green Living Movement, un gruppo di pressione ambientale, ribadisce, da parte sua, che la nuova legge di Riforma Agraria non deve minacciare, ma, al contrario, aiutare i contadini, conferendo loro maggiori poteri e forza, specialmente alle donne contadine. Alex Mumbi, del movimento Land Policy Focal Person (LPFP), afferma, da parte sua, che è necessario, pur nel contesto di un assetto fondiario liberalizzato, proteggere innanzitutto gli interessi dei piccoli proprietari terrieri. E aggiunge che le Riforme Agrarie devono anche dimostrarsi particolarmente sensibili nei confronti dei problemi delle donne, per far si che vengano rispettati e garantiti i loro sacrosanti diritti. Le donne dovrebbero assolutamente avere gli stessi diritti degli uomini rispetto alle questioni di carattere fondiario, sostiene con forza l’LPFP.

La bozza di Riforma Agraria, nella sua terza sezione, afferma che: " Le attuali leggi non discriminano nessuno sulla base del sesso." Ma, secondo gli analisti, questa affermazione non è veritiera poiché esistono ancora parecchie leggi consuetudinarie e ordinarie di argomento fondiario che sono di per se stesse discriminatorie in questo senso e, non a caso, oltre il 90% della terra è di proprietà degli uomini e non delle donne, nel Paese.

Gli analisti legali affermano, a loro volta, che l’assetto del possesso della terra in Zambia è sostanzialmente un retaggio coloniale, legato all’amministrazione inglese della Rhodesia del Nord che prese in carico quella precedente della British South Africa Company, la storica BSA.

L’avvocato Patrick Matibini sostiene che all’origine della lontana Riforma Agraria del ’75 ci fu il tentativo di reato della Development Bank of Zambia di acquistare grandi appezzamenti di terra ad un prezzo gonfiato. Oppure, secondo altri, la promosse un discorso fiume del primo Presidente Repubblicano Kenneth Kaunda, in cui affermò: " Sono necessarie riforme specifiche perché tutte le aree libere e tutta la terra abbandonata, a Lusaka e intorno a Lusaka, come in tutte le altre città, divenga di proprietà dell’autorità locale."
Anche oggi, come allora, c’è purtroppo da domandarsi con inquietudine quali interessi stiano dietro e ispirino al Governo l’attuale proposta di Riforma Agraria..!