Arriviamo
alla casa coloniale del rabbino più moderato di Jerusalem,
che sorge proprio di fronte al King David Hotel, ci accoglie
un uomo che sembra più un hippi californiano che un
rabbino ebreo, comunque è molto gentile, ci invita
ad entrare e ci offre un bel bicchierone di acqua ghiacciata.
Il rabbi, insieme al suo gruppo, si occupa di diritti umani,
con i palestinesi ma anche con gli ebrei. Si occupano dei
più deboli, dei disoccupati, dei poveri e della qualita
della loro vita, così come delle condizioni dei beduini.
Il gruppo lotta anche contro la demolizione delle case e cerca
di aiutare le famiglie a ricostruirle, basandosi sull'idea
che sia irragionevole demolire le case dei palestinesi e che
ciò causi solo un aumento dell'odio e della rabbia
verso gli ebrei. Comunque la loro priorità primaria
consiste nell'impedire un eccessivo uso della forza da parte
dell'IDF contro i palestinesi.
"Vorremmo parlare della società israeliana.
Molti ebrei scelgono di venire ad abitare in Israele perché
ne sono attratti e vogliono far nascere qui i loro figli.
In alcuni casi provengono da situazioni molto difficili, persecuzioni,
povertà, ma in altri casi gli ebrei che visitano Israele
decidono di venirci ad abitare perché sono attratti
da questa società nuova e in grande crescita. Esiste
poi un paradosso tra il calore della società israeliana
verso gli ebrei che l'animano e il cinismo della repressione
verso i palestinesi. Ma se si focalizza solo il conflitto
israelo-palestinese è molto difficile capire gli israeliani
ed accettarne l'atteggiamento. Se invece si focalizzano solo
le dinamiche interne alla società israeliana, allora
si scopre una società aperta e veramente straordinaria.
Forse per uno straniero non ebreo è difficile separare
le due cose, la società dal suo conflitto, ma se guardiamo
alla società americana che con i suoi ideali di libertà
ha sempre attratto moltissime persone, troviamo che anch'essa
è passata attraverso il medesimo processo di democratizzazione,
con la liberazione degli schiavi, l'emancipazione delle donne
e altre cose positive, mentre dall'altro lato perpetrava lo
sterminio dei nativi e la conquista dei loro territori. Così
allo stesso modo la società israeliana instaura nuove
dinamiche sociali tra le diverse identità degli immigrati,
mentre dall'altro lato combatte e reprime la popolazione palestinese.
Quello che è successo in America con i pellerossa,
si ripete oggi in Israele con i palestinesi."
Obietto che ciò che è successo in America è
avvenuto duecento anni orsono. Il rabbi si alza ed esce ad
occuparsi del suo bucato, oggi è giorno di lavanderia
per lui. Quando torna chiedo scusa per la gaffe -non c'é
problema, risponde- e prosegue:
"Cercavo di esporre una caratteristica della società
israeliana con la sua storia, i suoi miti, la sua letteratura,
che allo stesso tempo ignora l'altra dimensione. E' una dura
problematica ed è molto triste per me che Israele ripeta
gli stessi errori e anche i crimini commessi a suo tempo dagli
americani. Perché se guradiamo alla storia, un americano
dovrebbe provare senso di colpa e vergogna per ciò
che è stato fatto agli indiani d'America. E sono sorpreso
che, specialmente gli americani consapevoli di quella tragedia,
non siano attenti e preoccupati per ciò che Israele
sta facendo ai palestinesi. Ma sono convinto che se si approfondisce
la conoscenza della società israeliana, si scopre che
essa fonda le sue basi su di un grande idealismo che si esprime
nel processo di assorbimento delle diverse identità
degli immigrati, e questo è decisamente positivo ed
eccitante. Purtroppo più si ècoscienti di ciò
che accade ai palestinesi, più si nutre diffidenza
e indifferenza per questo processo di integrazione degli ebrei
del mondo. Qui sta il paradosso, ciò che chiamiamo
idealismo, cioé costruire una società equalitaria,
basata su valori di solidarietà umana, non trova posto
nella vita dei palestinesi che ne vengono brutalmente esclusi.
Bisogna capire che una società basata su una popolazione
immigrata e senza radici ha questa capacità di negare
cittadinanza alla popolazione nativa, giustificandosi in mille
modi, rivendicando il diritto alla sopravvivenza e alla lotta
per la sopraffazione come si fosse in una giungla dove vige
la legge del più forte, mentre si esprime grande solidarietà
e compassione all'interno di essa.
Ora la domanda è, cosa ha spinto la società
israeliana da una visione socialista e progressista all'intransigenza
religiosa di questi ultimi anni?
All'inizio del ventesimo secolo, con il materialismo storico
e i regimi totalitari, si pensava fosse finito il tempo delle
organizzazioni religiose. Poi nella seconda metà del
secolo è rinato l'interesse per tutte le religioni,
cristianesimo, islamismo, giudaismo, buddismo e anche induismo.
In Israele abbiamo avuto una nuova vita per gli ebrei, all'inizio
gli ebrei ortodossi vivevano ai margini della società
e non prendevano parte alla vita politica del paese, ma oggi
sono diventati una delle forze di maggioranza del nostro parlamento,
la Knesset: il partito degli ebrei ortodossi occupa un quinto
dei seggi.
La società israeliana attuale si divide in 5 o 6 subculture
ed è sbagliato pensare che tutti gli israeliani seguano
la filosofia dei padri della patria, come Ben Gurion e altri,
essi sono solo un altro quinto della società israeliana.
Poi ci sono anche gli arabi israeliani che hanno voce in capitolo
e che sono oltre un milione di persone. Un altro gruppo importante
sono gli immigrati russi, un altro milione di persone e forse
più. Tutti costoro non sono veramente rappresentati
dalle politiche di Begin o di Sharon. Essi stanno imparando
solo ora a far sentire la loro voce e ad essere coinvolti
nella vita politica del paese. Gli europei difficilmente possono
comprendere a fondo una realtà così complessa.
Si è sempre detto che una volta che Israele attuasse
la pace con i palestinesi, allora ci sarebbero stati problemi
all'interno della società israeliana: oggi il conflitto
con i palestinesi favorisce l'unità di tutti gli ebrei
nella lotta per la stessa causa. Forse questo è vero,
non lo so. Ma, naturalmente, gli ebrei hanno paura dei palestinesi,
non si fidano e non vogliono fare alcuno sforzo per avvicinarsi
a loro, hanno molte buone ragioni per non farlo e non sono
disponibili a nessun compromesso, non gliene importa nulla.
E tutto ciò significa solo la continuazione e l'inasprimento
del conflitto.
Oggi l'apporto dell'Europa alla pace è molto importante
perché le Nazioni Unite non possono fare molto senza
il consenso degli americani, che sostengono Israele per molte
ragioni, non sempre giuste. E anche se gli europei incontrano
non poche difficoltà a criticare Iisraele, per le ragioni
storiche che tutti conoscono, è tuttavia molto importante
che l'Europa controbilanci il peso del sostegno americano,
spendendosi politicamente e finanziariamente in favore del
popolo palestinese.
La gente qui pensa che il mondo sia un posto pericoloso dove
vivere per un ebreo, perché hanno sempre dovuto sacrificarsi
e lottare per sopravvivere alle persecuzioni e a mille altre
difficoltà. Ma io non la penso cosìi, io credo
che il mondo sia un posto meraviglioso dove gli ebrei possono
vivere in pace affianco ai palestinesi. Iio non voglio vivere
al di qua di un grande muro che ci separa.
Molti ebrei guardano al periodo in cui viviamo e vedono una
terra promessa incompleta senza il Tempio che ne animava la
società. E pensano che questa terra sarà completa
solo quando sarà costruito il Terzo Tempio, perché
avere il Tempio significa essere in contatto con Dio. Il Tempio
rappresenta una sorta di connessione costante con Dio. Essi
pensano che ricostruire il Tempio sarebbe un bene per il mondo
intero e non solo per gli ebrei. Così vanno coltivando
questo obbiettivo che desiderano intensamente e profondamente
riuscire a realizzare. Il problema èche vogliono costruire
il Tempio laddove si erge il Duomo della Roccia, quella roccia
su cui Abramo offrì il figlio in sacrificio a Dio,
che è il terzo luogo santo della religione islamica.
E' chiaro che una cosa del genere appare impossibile e che
comunque creerebbe un'infinità di pericolosissimi problemi
e che non c'è alcun modo di convincere i mussulmani
a cedere il Tempio della Roccia agli ebrei perché ci
cotruiscano sopra il loro Terzo Tempio. Cosìi pensano
che se Dio vuole che sia costruito un nuovo tempio, allora
farà in modo che ciò sia possibile.
Forzare questa tendenza, oggi, sarebbe disastroso, almeno
come portare un elefante in un negozio di vasellame cinese.
Ma l'idea di costruire un nuovo tempio diventa possibile
in una dinamica nostalgica, dove gli ebrei ritornano alla
terra promessa per ripristinare ciò che è stato
un tempo. Questo lo si può comprendere, ma bisogna
avere una grande capacità di ragionevolezza, bisogna
stare molto attenti a non perdere la testa, è molto
facile diventare irragionevoli quando gli Stati Uniti offrono
il loro appoggio incondizionato.
E' lo stesso con i palestinesi, quando Israele non rispetta
le risoluzioni dell'ONU. La gente qui pensa che si può
fare di tutto, che il mondo li sostiene. Ma in realtà
è molto, molto pericoloso."
Saluti
Maurizio
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Jabalia
Camp è il campo di rifugiati più grande della
Striscia di Gaza, vi abitano circa 80.000 rifugiati in un
area di 2,5 km quadrati, con una densità di circa 32.000
persone per chilometro quadrato, in un abitato senza infrastrutture,
con tubature dell'acqua e delle fogne improvvisate, così
come gli allacciamenti alla corrente elettrica.
La maggioranza dei rifugiati che vi abitano sono stati sfollati
dopo la costituzione dello stato di Israele nel 1948, altri
dopo la guerra del 1967 e così via. Tutte queste persone
hanno lo status di rifugiati e di conseguenza incontravano
molte difficoltà ad andare a lavorare in Israele prima
di questa Intifada, oggi è del tutto impossibile. La
disoccupazione ha superato il 70% e questo provoca grandi
frustrazioni e tensioni all'interno del campo, riflettendosi
negativamente sulle relazioni interfamiliari, tra moglie e
marito così come tra padre e figli. A causa di queste
difficoltà, le priorità economiche delle famiglie
vengono destabilizzate cosìi che, ad esempio, i disabili
vengono trascurati e i giovani hanno difficoltà ad
accedere allo studio.
Molti si arrangiano coltivando la terra e praticando qualche
piccolo commercio, per altro l'UNRWA (United Nations Relief
Work Agency) provvede ai servizi sanitari e alle strutture
scolastiche così come alle forniture alimentari (50
kg di farina al mese per ogni famiglia, per un totale di circa
10.000 famiglie) sostenendo, sia pure in maniera insufficiente,
le esigenze primarie della pura sopravvivenza degli abitanti
del campo.
All'interno del campo non ci sono ospedali, solo piccole cliniche
sostenute dall'UNRWA, dall'ANP e dall'UPMRC (Union of Palestinian
Medical Relief Commitees).
Il funzionario del Medical Relief che mi parla, spiega che
lavora nel campo ad un programma chiamato "Community
based rehabilitation program" dove, con il suo staff,
si prende cura dei disabili nelle loro case, seguendoli negli
esercizi di riabilitazione e nella consulenza familiare,
con lo scopo di integrare il più possibile i disabili
all'interno della comunità.
Alla domanda sul perché mai non ci siano cantine sotto i
palazzi e perché mai non ci siano rifugi antiaerei
nella Striscia di Gaza, egli mi risponde che, "dopo cinquant'anni
di guerre, che non abbiamo voluto noi, abbiamo costruito le
nostre case senza cantine e le nostre comunità non
hanno rifugi per difendersi da eventuali bombardamenti perché
abbiamo creduto che il futuro dopo gli accordi di Oslo fosse
migliore o almeno che sarebbe migliorato nel tempo. Nessuno
poteva immaginare che ci saremmo trovati coinvolti in una
seconda Intifada. E' vero che se oggi bombardassero la Striscia
di Gaza ci sarebbero centinaia di migliaia di morti,
ma tuttavia non crediamo che gli israeliani arriverebbero
a tanto. Comunque ormai non possiamo più farci niente,
avremmo dovuto pensarci prima, ma non ci aspettavamo una seconda
Intifada."
A breve, oltre un centinaio di membri delle famiglie dei due
attentatori del bus Emmanuel attaccato vicino a Tulkarem il
17 luglio e già in stato di arresto dopo aver provocato
sette morti, tra cui un bambino, e oltre quindici feriti,
andranno ad ingrossare le file dei diseredati della Striscia
di Gaza, dove saranno deportati. Mentre le loro case saranno
fatte saltare e spazzate via dai bulldozers.
Saluti
Maurizio
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