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I Berretti Bianchi in Palestina


Notizie, testimonianze, informazioni

10-18 luglio 2002

Elenco contributi
Jerusalem
Giovedì, 18 luglio 2002


Città caotica fatta di case ammonticchiate sulle colline circostanti la vetusta città vecchia, città affollata, sudaticcia, vecchi arabi con abiti tradizionali, kefia e bastone, alcuni con turbanti ottomani ormai in via di estinzione si aggirano ancora in un ambiente che li vede scomparire lentamente, donne palestinesi e suore cristiane si confondono nella folla, soldati in armi spuntano dalle finestre sopra la porta di Damasco, sotto, le donne vendono foglie ed erbe nei loro costumi tradizionali mentre un venditore d'acqua in abiti moderni versa bicchieri ai pochi che si fermano per bere da quel suo enorme arnese d'ottone.
All'interno la polizia fa sfollare le venditrici di foglie, mentre fuori un milite apre un pulmino diretto nella West Bank. a Betlemme non si può andare, è chiusa.
Ieri notte una fila di giovani arabi attendeva il mattino di fronte ad un ufficio del Ministero degli Interni, l'entrata barricata da sbarre di ferro lucido e passaggi obbligati blindati da catene e altre sbarre attendono che l'ufficio apra per richiedere il documento d'identità, senza il quale non possono né lavorare né andare a pregare nella loro moschea di al Aqsa sulla Spianata del Tempio.
Oggi la città è presidiata da centinaia di soldati con M16 a tracolla e polizia con giubbetti antiproiettile, da ieri sera si celebra la distruzione del primo Tempio e sono migliaia gli ebrei che confluiscono verso il Muro del Pianto. I giovani sono quasi tutti armati, uno con i riccioli biondi cammina scalzo insieme agli amici con la bandiera sullo zaino e porta a tracolla sulla gabbana nera degli ortodossi un fucile che somiglia molto a quello di Rambo, un M16 con l'aggiunta del cannoncino sparagranate. Un rabbino esce dalla sinagoga dei giovani ebrei, piazzata in piena zona araba, con la pistola in tasca.
Per raggiungere il Muro del Pianto, dove a migliaia da ieri sera e per tutta la notte e ancora oggi sostano e pregano continuamente, bisogna passare attraverso i metal detector della polizia, strano concetto di sicurezza dove gli armati passano sotto il metal detector senza problemi mentre gli inermi devono svuotare le tasche ed aprire le borse.
Ieri sera, dopo un poco, ci siamo stufati di stare in mezzo a tutta quella folla in preghiera e stavamo risalendo uno dei vetusti lastricati della città santa per tornare verso l'ostello, io avevo appena finito di dire che non mi sembravano poi né tanto cattivi né aggressivi, quando un nugolo di giovani scalmanati ha cominciato ad urlare che loro odiano gli arabi mentre prendevano a calci le porte di ferro dei negozianti del suk palestinese sotto gli occhi indifferenti delle truppe schierate per garantire la sicurezza.
Il nostro nonno, A. di Torino, che non li sopporta, si è fermato in mezzo alla strada. Di fronte due poliziotti. Ho cercato di lisciargli un poco il pelo che gli si era inturgidito lungo tutta la spina dorsale, ma era diventato duro come un macigno, impietrito di fronte a quelle urla che ricordavano tanto uno qualunque delle centinaia di film sul nazismo. Poi i poliziotti hanno capito e si sono avviati con molta flemma verso la banda di scalmanati per farli tacere. Due giovani palestinesi sono usciti di casa e chiedevano a due giovani fidanzatini ebrei perché gli stronzi gridavano tutto quell'odio, i due ebrei cercavano di spiegar loro che nessuno odia gli arabi, esclusi pochi estremisti, poi si sono allontanati. E anche i due giovani palestinesi sono rientrati in casa. Il nonno si èripreso e abbiamo proseguito verso l'ostello.
Normalità? Follia? Complesso di interiorizzazione dell'oppresso, che si spalma sull'intera società?
Jerusalem, città ritrovata e persa, abbandonata e riconquistata, faro e riferimento per oltre quattro miliardi di credenti, città sporca, infelice?
Jerusalem, troppo amata, troppo importante, troppo vissuta, troppo antica; troppa cultura, troppa ignoranza; troppo di tutto.
Città di Dio che conta le lacrime delle donne, che confusione!!!
Saluti
Maurizio

 
Kussufin Road
Sabato, 13 luglio 2002


Alla fine della Kussufin Road, alcune torrette dell'IDF difendono la by-pass road ad est del semaforo di Abu Holi. A ridosso del muro prefabbricato e del filo spinato che separano le torrette dal territorio palestinese sorgono una mezza dozzina di casette dal tetto di eternit, tanto vicine alle torrette israeliane che i soldati possono guardare dentro alle case dei palestinesi a occhio nudo. Da ogni finestra della casa si vede una diversa torretta, tutte a meno di dieci metri dalla casa.
La famiglia che abita le casette sulle dune a ridosso del filo spinato è felice di vederci e subito ci mostra i fori degli ultimi proiettili che i soldati annoiati hanno sparato dentro una delle loro case, solo per intimidirli, costringendoli a muoversi carponi nelle stanze.
Uno degli uomini della famiglia è laureato in pedagogia, mentre la sorella si laurea in lingua inglese durante le prossime tre settimane; il primo esame sarà di poesia e lei presenterà uno studio su T.S.Elliot.

"Sono nata qui, alla fine della Kussufin Road ventidue anni fa, anche i miei fratelli sono nati qui. Mia madre è nata a Khan Younis nel 1948 ed è venuta ad abitare qui dopo essersi sposata. Qui ha dato alla vita sei fratelli e sei sorelle, ma oggi vivono in queste case solo quattro dei miei fratelli, mentre io e la mia sorella minore viviamo con i nostri genitori. In tutto siamo in trentasei, compresi i figli dei miei fratelli.
Mio padre avrebbe voluto portarci in un'altra casa, ma non possiamo starci molto e quindi non ne vale la pena. Non c'è modo di andarcene da qui e non c'è nessuno che può aiutarci. Se abbandonassimo le nostre case, non sapremmo dove andare, non c'è una soluzione alla nostra condizione, dobbiamo per forza restare in questo posto fino alla morte."
"Hanno costruito le torrette quando hanno finito la by-pass road che permette ai coloni di andare negli insediamenti, sono più di dieci anni ormai, è da allora che viviamo così, ma dall'inizio dell'Intifada i soldati si sono fatti più pericolosi, prima non venivano nelle nostre case a minacciarci e non ci sparavano come fanno dall'ottobre del 2000."
"Noi non possiamo dormire come tutti gli altri perché ci aspettiamo che arrivino in qualsiasi momento. Vengono in silenzio e bussano improvvisamnete alle nostre porte... Vengono una volta la settimana nel cuore della notte, aprono la porta ed entrano in casa. A volte impediscono ai bambini impauriti di andare in bagno e quando voglio andare io, vorrebbero venire con me, ma io mi rifiuto e non permetto loro di seguirmi in bagno a vedere che faccio. Il soldato mi capisce ma non dice nulla, resta in silenzio."
"I bambini hanno paura e mia madre inizia ad urlare quando i soldati tentano di toccarmi, io ho paura, ma non lo permetto, e loro mi dicono brutte parole. Mia madre mi dice sempre di mettere vestiti brutti per non attrarli, perché sono tutti soldati molto giovani, non ci sono vecchi fra di loro."
"Tutti i soldati israeliani sono nostri nemici, nessuno di loro è buono e fanno di tutto per mostrarsi nemici.
Io studio inglese e il mese scorso stavo preparando un esame, sono all'ultimo anno di università e nelle prossime settimane ho diversi esami da superare per ottenere la laurea in lingua inglese. Ma durante la notte arrivano i soldati e io perdo la concentrazione e non riesco più a studiare perché ho paura di ciò che possono farmi, non ho paura dei loro fucili o della loro forza, ma di ciò che potrebbero farmi ...
Quando sono andata all'esame ho spiegato la mia situazione al professore, ma lui mi ha detto che viviamo tutti in cattive condizioni. Io ho provato a insistere chiedendogli di venire a vedere dove vivo, ma lui non è venuto, aveva paura, perché nessuno vive così vicino ai soldati come noi e nessuno vuole credermi quando lo racconto."
"Di notte non possiamo aprire le finestre anche se fa molto caldo, perché loro ce lo hanno proibito e anche perché poi potrebbero guardare dentro, ormai penso che possano vedere dentro anche con le finestre chiuse.
A volte mio padre non vuole aprire la porta ai soldati e allora mia madre si arrabbia perché non va bene che vada lei ad aprire, lei è una donna. Ma se non apriamo la porta i soldati sparano dalla finestra e mia madre soffre di reumatismi e quando sparano dentro le nostre camere non può muoversi carponi come facciamo noi."
"Se qualcuno di noi si ammala e ha un'urgenza di notte, non possiamo andare all'ospedale e l'ambulanza non può venire fino a qui. E non potremmo neppure chiamarla per telefono perché hanno sequestrato il cellulare di mio fratello e ci hanno proibito di avere il telefono. Non possiamo uscire quando è buio, a causa del coprifuoco, e nessuno può venire da noi. Siamo molto stanchi di vivere così."
"Tre mesi fa sono entrati in una casa laggiù e l'hanno riempita di esplosivi, prima di demolirla, poi sono tornati con i carriarmati; molti soldati erano nascosti dietro il muro per difendere il lavoro del bulldozer. Uno dei miei fratelli si è messo davanti al bulldozer per cercare di fermarlo, per impedire che distruggessero tutto, ma alla fine hanno fatto esplodere la casa e ci sono passati sopra, spianando tutto con il bulldozer e hanno distrutto anche tutte le nostre piante di ulivo. Grazie a Dio mio fratello è ancora vivo."
"Una volta sono entrati con i cani, erano pastori tedeschi, hanno annusato dappertutto, i bambini avevano paura, mentre i cani annusavano anche i nostri piatti nella cucina, e dopo abbiamo dovuto lavare tutto, perché i cani sono sporchi e puzzano."
"Una sera ero seduta sulla soglia di casa a lavare i piatti, loro mi hanno vista con la telecamera, quella sul traliccio, così sono venuti e mi hanno chiesto se aspettavo un terrorista, ma io stavo solo lavando i piatti e non aspettavo nessuno. Ho avuto paura che volessero uccidermi, ma hanno visto i piatti e mi hanno creduto."
"Possono farci tutto quello che vogliono in nome della loro sicurezza, anche se noi non facciamo nulla di male, non tiriamo sassi e tantomeno spariamo, altrimenti ci hanno avvisato che vengono e demoliscono immediatamente tutte le nostre case senza alcun preavviso.
Ci osservano tutto il tempo con quella telecamera sul traliccio, la vedi che ci sta osservando? Se qualche straniero viene a trovarci, allora vengono e vogliono sapere tutto, chi è, perché è venuto e che cosa fa. No, con voi e diverso voi non siete palestinesi."

Sentiamo ordini gridati dentro un megafono, poi un carroarmato solleva un nugolo di sabbia, probabilmente stanno facendo il cambio della guardia, arriva il turno di notte.

"Questo bambino è molto piccolo, è il figlio di mio fratello, la prima parola che ha pronunciato dopo essere nato non è stata babbo o mamma, ma 'tak', sparo. Quando vede i soldati ha sempre molta paura e chiama 'mamma, mamma...'.
Alcuni psicologi stranieri inviati dalle Nazioni Unite sono venuti per parlare con i nostri bambini, ma non sono stati in grado di trovare nessuna soluzione. Quando se ne sono andati, dopo cinque mesi, erano più depressi di noi. Non c'è speranza per noi, non c'è futuro."

La notte passa, accompagnata da esplosioni e raffiche lontane, verso ovest. Qui invece regna il silenzio, il muezzin non può cantare alle quattro del mattino, come in ogni altro posto della Striscia di Gaza, perfino i galli sembrano essere introversi su queste dune di sabbia alla fine della Kussufin Road.
Maurizio

 
Polvere
Mercoledì, 10 luglio 2002


Tra la solita polvere e il sole cocente già la mattina presto -qui la natura non si risparmia- che con il sudore ti crea addosso un bell'impasto appiccicaticcio, passano le giornate di ordinaria violenza. I pacifisti a volte hanno bizzarre idee, ora si sono messi in testa che andare a dormire nelle case di poveri cristi che vivono vicino alle zone israeliane possa in qualche modo dissuadere i militari dal ripetere le loro quotidiane angherie -possono chiamarsi così i colpi di fucile nei bidoni dell'acqua, le incursioni notturne nelle case, gli arresti arbitrari, la distruzione di case e coltivazioni con enormi bulldozer protetti da carri armati. Forse non è niente di nuovo rispetto a quello che già si sa, ma cosa potrebbe esserci di nuovo in questa terra: la libertà, la fine dell'occupazione. Ebbene, questa bizzarra idea pare funzionare, almeno un pochino. Se ci sono questi osservatori stranieri un po' scalcinati, senza alcuna investitura ufficiale, almeno per quella notte, quella famiglia e tutto il circondario dormono tranquilli, almeno così pare. E allora viene da chiedersi, perchè mai l'ONU non è qui. Quale potere può mai avere una nazione sull'insieme di tutte le altre. Ma che razza di storia è questa.
Qui c'è un posto che si chiama Striscia di Gaza, completamente circondato dall'esercito israeliano. Non si entra e non si esce se non quando lo decidono loro. All'interno ci sono continue incursioni finalizzate a far posto a nuovi insediamenti di coloni, a erodere il già precario equilibrio psichico della gente, senza il benchè minimo rispetto dei diritti umani. Gli abitanti vivono prigionieri avendo perso ormai ogni speranza e nessuno muove un dito.
E' in corso un genocidio, noi ne siamo testimoni oculari, capaci di fare quel poco che è nelle nostre possibilità. Certo è che la sola testimonianza non cambierà la storia ... almeno questa.
Saluti dalla Striscia di Gaza
Licio