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22-24 luglio 2002
Hebron:
la comunità israelita |
Mercoledì,
24 luglio 2002
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Parla
il portavoce della comunità israelita di Hebron:
"I nostri problemi: come puoi vedere in questo libro della
Torah che era nella mia casa, c'è un foro di
proiettile. Questo è il modo in cui viviamo da almeno
tre anni. Ci sparano addosso. La vita qui è molto difficile,
abbiamo avuto morti e molti feriti e anche persone salve per
miracolo. Ora hanno smesso di sparare perche l'esercito israeliano
è ritornato nei territori dell'ANP abitati dai terroristi.
Ora la situazione è un poco più sicura. Ma vedi,
il posto in cui viviamo è circondato da colline e queste
colline sono state date ad Arafat. E quando gliele hanno date
non c'erano i soldati israeliani, gli arabi potevano fare quello
che volevano ed erano in grado di spararci nelle case, creando
una situazione molto pericolosa, difficile e penosa per noi.
Ora la vita è un poco più facile e speriamo che
l'esercito mantenga le sue posizioni e non ci abbandoni nelle
mani degli arabi."
- Pensate di vivere così anche in futuro? Difesi dall'esercito?
"Bene; quando hanno sparato nella mia casa e hanno
mancato due delle mie figlie di tanto così, ho chiamato
un giornalista straniero per mostrargli i buchi nel muro. E
lui mi ha detto che quello era un modo molto pericoloso di vivere,
perché non me ne andavo via da qui? Io ho risposto che
potremmo traslocare a Gillo, vicino a Jerusalem, e lui mi ha
guardato sorridendo perché sapeva che sparano nelle case
anche a Gillo, da Beit Jalla. Dove dovremmo andare? Questa mattina
hanno tentato di far saltare un treno e il macchinista è
stato ferito. Se vai in autobus lo fanno saltare, se vai in
albergo ti sparano, se vai in un ristorante si fanno esplodere
dentro al ristorante. Per cui dove vai? Se vai a Tel Aviv si
fanno esplodere, ad Haifa è lo stesso. Se vuoi andartene,
dove potresti andare? Se scappo da Hebron faccio quello che
vogliono i miei nemici, è per questo che mi sparano addosso,
bum bum ... Così se vado a Jerusalem mi spareranno a
Jerusalem, e se vado a Tel Aviv mi spareranno a Tel Aviv.
Ma sai, quello che vuole Arafat non è Hebron, lui vuole
Tel Aviv e vuole Haifa. Due anni fa a Camp David, quando Barak
era primo ministro, offrì il massimo ad Arafat, ma Arafat
disse no. Questo gli americani l'hanno capito e anche Israele
l'ha capito. E anche se noi non eravamo d'accordo con le concessioni
di Barak, resta il fatto che Arafat le ha rifiutate perché
non vuole la pace.
Se in Italia un gruppo di terroristi si prende la città
di Milano e dichiara che quella città gli appartiene
e comincia a sparare alla gente, cosa farai tu? Dirai che vuoi
convivere con quelli che ti sparano in casa? O dirai: no, questa
è la mia casa e risponderai al fuoco nemico, perché
è tuo dovere difendere la tua casa e la tua famiglia?
Se qualcuno ti porta via la casa e spara ai tuoi figli, cosa
fai, scappi via? No, non credo che ci siano ragioni perché
noi ce ne andiamo via. Certo la situazione non è affatto
facile qui, ma sta a noi cercare di migliorarla e non di scappare
via."
- Ma che tipo di accordi auspicate per vivere un futuro pacifico?
"Prima di tutto, per avere un qualsiasi tipo di accordo
bisogna avere qualcuno con cui fare l'accordo e oggi noi non
abbiamo nessuno con cui fare accordi. E soprattutto ci vuole
qualcuno che voglia raggiungere un accordo. Ma oggi non credo
che i palestinesi vogliano fare la pace con noi. Ci vogliono
buttare a mare, questo si.
Negli ultimi due anni ci sono stati oltre 700 israeliani assassinati
dai terroristi suicidi che si fanno esplodere in mezzo ai civili
solo perché gli israeliani vogliono vivere in Israele.
Io penso che se un arabo vuole vivere in Israele può
farlo, se vuole farlo pacificamente. Inoltre, non ricordo bene
se ci sono 22 o 23 stati arabi che circondano lo stato di Israele,
mentre Israele è l'unico stato ebreo che abbiamo. La
gente dice che non dovremmo vivere qui, quando stavamo in Europa
c'è stato un olocausto che ha sterminato sei milioni
di ebrei. Vivevamo in Europa e ci dissero che non potevamo vivere
lì, ora viviamo in Israele e ci dicono che non dovremmo
vivere qui, non capisco in quale inferno vorrebbero che andassimo
a vivere?
Se un arabo vuole vivere in Israele all'interno della società
israeliana e nel rispetto delle nostre leggi, può farlo.
Se non vuole vivere qui con noi, può andare a vivere
in uno dei tanti paesi arabi. Ma se vuole vivere qui e combatterci,
allora deve sapere che noi risponderemo combattendo. Questo
è l'unico posto che abbiamo, dove altro dovremmo andare
a vivere? Se gli arabi vogliono l'autonomia nelle città
in cui abitano, non m'importa, a patto che non insegnino ai
loro figli a farsi esplodere in mezzo agli ebrei. La sicurezza
in Israele deve essere nelle mani degli israeliani.
Hebron è la prima città del popolo ebreo, qui
il re David consolidò lo stato di Israele, Hebron è
più antica di Roma, Hebron è la città dove
è vissuto Abramo e se qualcuno viene a dirmi che gli
ebrei non possono vivere ad Hebron perché non appartiene
agli ebrei, beh allora ....
Vedi, il mio ufficio è nell'antico quartiere ebraico
di Hebron che è stato costruito nel 1540 da ebrei spagnoli
emigrati dalla Spagna sotto il regno di Isabella la Cattolica,
nel 1492. Dalla Spagna sono emigrati in Turchia e da lì
un gruppo di loro è venuto a stabilirsi a Hebron e ha
fondato questo quartiere dove ci troviamo ora. Qui hanno abitato
fino al 1929, in quell'anno 67 ebrei furono assassinati e 70
feriti dagli arabi, mentre il resto della comunità fu
espulsa dall'autorità britannica. Nel 1931 un gruppo
di 30 famiglie tornò a vivere qui, ma nel 1936 gli inglesi
accolsero le petizioni degli arabi ed espulsero tutti gli ebrei.
Non ci fu più alcuna comunità ebraica ad Hebron
fino a dopo la guerra del 1967 quando, nel 1968 un gruppo di
famiglie si trasferì di nuovo ad Hebron, all'interno
di un campo militare fino al 1971. Quando il primo edificio
sulla collina di Qirryat Arba fu pronto, essi vi andarono ad
abitare, non perché non volessero restare ad Hebron,
ma perché il governo israeliano non lo permetteva. Poi
nel 1979 un gruppo venne a vivere in questo quartiere nonostante
il governo, l'anno seguente, in seguito ad un attacco terroristico
che uccise sei persone, il governo israeliano riconobbe finalmente
la comunità ebraica di Hebron e concesse l'autorizzazione
per la ristrutturazione dell'antico quartiere ebraico e per
il suo ripopolamento. Così oggi tutta l'area in cui viviamo
è di proprietà ebrea e sorge sull'area dell'antico
quartiere ebraico distrutto ed evacuato nell'estate del 1929."
Saluti
Maurizio |
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Hebron |
Lunedì,
22 luglio 2002
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Sono
andato ad Hebron con uno dei bus blindati israeliani, con
un mezzo palestinese sarebbe stato probabilmente impossibile.
Sul bus la maggioranza sono giovani soldati, ma anche civili,
alla fine è quasi pieno e partiamo. Non mi pare ci
possa essere pericolo di attentati, sia per i controlli all'entrata
della stazione centrale degli autobus, sia perché i
viaggiatori civili sono tutti evidentemente ebrei.
Dopo un paio d'ore di viaggio a sud di Jerusalem, in una terra
abitatissima, coltivata ma anche, almeno ai miei occhi, molto
arida, arriviamo ad Hebron. Devo incontrare il portavoce della
comunità israelita, scendo dal bus proprio di fronte
al suo ufficio e mi si affianca una vecchia Citroen con a
bordo David, il portavoce, che però mi dice che sono
in ritardo e che lui ha un altro appuntamento e che non ha
più tempo per parlare con me. Pazienza, tornerò
domani. La Citroen sgomma nella strada deserta e mi lascia
solo alla pensilina di cemento ad aspettare un nuovo bus che
mi riporti a Jerusalem.
Il paesaggio è punteggiato da soldati, sul tetto di
un edificio di fronte a me e anche alla mia sinistra, dall'altra
parte della strada sul lato di una rotonda. Poi ne arrivano
una dozzina che danno il cambio a quelli sul posto, nessun
altro per strada se non qualche rara auto che passa diretta
chissà dove, i negozi, o quello che ne rimane, sono
tutti sprangati. Ricompare David, il portavoce, il turista
americano che stava aspettando non è ancora arrivato,
per cui se voglio seguirlo in ufficio potremo finalmente parlare
un poco.
Hebron sorgeva in una piccola valle circondata da un anello
di colline, qui ha vissuto Abramo per almeno 25 anni, ma non
si sa se sia partito da Hebron o da Beer Sheeba, dove anche
ha vissuto, per andare ad immolare il proprio figlio
in sacrificio, come DIO gli aveva chiesto di fare sulla roccia
dove ora sorge la cupola dorata del tempio detto appunto 'della
roccia'. Siti archeologici sparsi nella valle testimoniano
abitati vecchi di oltre quattromila anni, qui vi è
anche la tomba dei patriarchi, che però non ho visto.
Nella città che sorge nella valle abitano 750 ebrei,
ce n'erano duemila prima dell'inizio dell'Intifada, di questi
563 circa sono israeliani, 94 statunitensi e 94 di altre nazionalità.
Mescolati a loro, senza soluzione di continuità, abitano
anche 20.000 palestinesi. Quando, dopo il 1967, gli ebrei
sono ritornati ad Hebron rivendicando le loro proprietà,
i palestinesi hanno iniziato a costruire una selva di abitazioni
sull'anello di colline che circondano la valle: oggi abitano
160.000 palestinesi su quelle colline. E' evidente che i pochi
ebrei, per altro armatissimi, si sentono assediati. David
mi mostra la sua casa con i sacchetti di sabbia alle finestre,
i soliti fori di proiettile già visti mille altre volte
nelle case dei musulmani, in Palestina e in Bosnia. Mi mostra
anche dove, grazie a DIO, le sue figlie sono scampate ad una
raffica di kalashnikov tra la porta del bagno e il corridoio.
mi mostra le foto dei morti, un bambino di appena dieci mesi
e un insegnante elementare; l'ultimo è il ministro
del turismo, in visita ad Hebron il giorno dell'attentato
che gli è stato fatale.
David si lamenta che l'esercito è arrivato troppo tardi
e che ci sono stati troppi morti prima che arrivassero i soldati
a presidiare le colline due anni fa. Ora la vita è
un poco più tranquilla, nessuno riesce più a
sparare in casa degli ebrei perché i 180.000 palestinesi
sono confinati nelle loro case dal coprifuoco. Negozi sprangati,
economia inesistente, gli ebrei locali vanno a fare spesa
nell'insediamento sull'unica collina che sono riusciti ad
occupare. Cancelli guardati a vista e all'interno una comunità
pulita con casette nuove e prati d'erba dove vivono circa
15.000 coloni.
Dopo il colloquio me ne torno alla fermata dell'autobus, sulla
panchina sotto la pensilina di cemento, sulla mia destra un
nuovo soldato presidia la postazione sul tetto di un edificio,
mentre quello sulla rotonda siede all'ombra di un telo mimetico
affianco ad un mucchietto di sacchetti di sabbia. Mi alzo
e m'incammino verso il soldato alla rotonda, ma quando mi
avvicino quello sul tetto tira sassi davanti ai miei piedi.
Alzo le mani, voglio solo sapere quando passa l'autobus, così
quello alla rotonda parla all'altro sul tetto (piu o meno
così) - Alex non far l'asino, è un giornalista
venuto a parlare con il portavoce - poi mi dice che l'autobus
passa ogni ora. Me ne torno alla mia panchina, che sembra
più sicura, anche se Alex mi pare un gran burlone e
continua a tirar sassi al suo amico sulla rotonda che cerca
di pararli con i piedi. Poi si mettono a discutere di politica,
lo capisco perché ripetono spesso la parola democrazia,
quello sulla rotonda si scalda e attraversa la strada fin
sotto il tetto, capisco altre due parole: Palestina e Gaza.
Due ebrei barbuti su di un pulmino Chevrolet nuovo, si fermano.
- Vado a Jerusalem - mi fanno di no col dito. Un'ambulanza
donata dagli americani passa e ripassa mentre i due continuano
a discutere. Poi all'improvviso passa l'autobus e prosegue
in un nugolo di polvere su per la collina. L'amico di Alex
mi dice che ripasserà, mi risiedo. Si ferma un altro
ebreo barbuto che mi chiede se voglio un passaggio - no grazie,
vado a Jerusalem, aspetto l'autobus. Mentre salgo sul bus,
che finalmente è arrivato dalla direzione giusta, saluto
l'amico di Alex che continua il suo discorso con il burlone
sul tetto. Sul bus altri soldati, sembrano provati, non so
da cosa, forse dal caldo che non allenta la sua morsa in nessun
angolo di questa terra polverosa.
La vita ad Hebron è dura per tutti.
Non è facile essere il popolo prediletto da DIO.
Saluti
Maurizio
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