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I Berretti Bianchi in Palestina


Notizie, testimonianze, informazioni

13-15 agosto 2002

Elenco contributi
Il Campo Profughi di Jabala
Giovedì, 15 agosto 2002


Mi sveglio alle 6.30 e trovo Leonarda in cucina. Mentre prendiamo il caffè, mi racconta di come è entrata in Palestina da Rafah, al confine con l'Egitto. La lunga fila dei palestinesi in attesa e la "breve" attesa sua e di una coppia israeliana che si era recata in Egitto per motivi di salute. Solite storie di apartheid. Ho avuto però conferma del fatto che è possibile entrare per vie diverse da quella più usata del Ben Gurion. Poi mi parla della serata trascorsa con gli amici palestinesi sul "battello ristorante" nel porto di Gaza.
Alle 8.30 vengono a prenderci e andiamo in uno dei Campi Estivi dove si svolgono attività per i ragazzi che devono recuperare degli svantaggi. Ci dividiamo in tre gruppi e facciamo le attività proposte insieme ai ragazzi: giochi di abilità, danza, canti, ovviamente per quanto siamo capaci, e anche in questa occasione Donato si dimostra all'altezza della situazione. Quando usciamo facciamo visita al campo profughi di Jabalia che ospita 96.000 persone e ritroviamo alcuni dei ragazzi che partecipavano al Campo Estivo del mattino. Famiglie senza acqua e in baracche poverissime, umide e senza luce, né naturale né elettrica... un bambino di 4 mesi che ha bisogno di integrare il latte materno in quale acqua potrà sciogliere il latte in polvere?
Torniamo alla sede dell'associazione che si cura dei campi estivi. Ci spiegano che si possono occupare di 250 bambini: per scegliere i più bisognosi c'è una prima selezione, sulla base delle condizioni sanitarie, effettuata dall'UNRWA e una seconda selezione, su base economica, effettuata dalla stessa associazione.
Ci prepariamo al rientro verso Gerusalemme e lasciamo questo pezzo di Palestina alle nostre spalle... Quando ritroviamo Nour in territorio israeliano ci racconta del poliziotto di Gerico (ovviamente palestinese) che da 5 ore aspetta per entrare a Gaza; noi abbiamo incontrato sei poliziotti israeliani che parlavano tranquillamente tra di loro sul posto di lavoro: sicuramente si davano da fare per accelerare la pratica del loro collega palestinese. Nel viaggio verso Gerusalemme nessuno di noi parla: la digestione delle immagini del Campo di Jabalia richiede un certo tempo
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Francesco

 
Khan Yunis
Mercoledì, 14 agosto 2002


E' lo stesso Nour che ci porta fino alla "frontiera" di Gaza; sembra una vera frontiera tra due stati, ma i palestinesi hanno solo un piccolo ufficio oltre la moderna struttura israeliana. I carri armati e le autoblindate non passano certo di qua. Dall'altra parte ci attende Halil con un altro pulmino; è il direttore di un'associazione che si occupa di diritti umani. Con lui percorriamo l'intera striscia di Gaza (circa 45 x 12 km).
Nel campo profughi di Khan Yunis (200.000 abitanti, 50% profughi), un uomo mi indica un bambino e a gesti mi fa capire che è divenuto sordo per un colpo di arma da fuoco. Nel centro cittadino visitiamo la sede dell'Associazione per i diritti umani; ci mostrano la mappa della Striscia di Gaza, con le città, i campi profughi, gli insediamenti che danno il pretesto ai militari di compiere le loro prevaricazioni, le riserve d'acqua potabile, vietate ai palestinesi, le strade per i coloni e quelle per i palestinesi, i due check point che dividono la Striscia in tre parti. Tra l'altro, nella Striscia di Gaza si trova l'insediamento più vecchio, costruito già nel 1948, che dimostra chiaramente quale fosse l'intenzione della leadership di Israele fin dall'inizio. Poi ci mostrano la ricca serie di proiettili raccolti nella Striscia di Gaza, della "guerra contro il terrorismo": dalle famose pallottole di "gomma" ai micidiali proiettili sparati dai carri armati.
Andiamo anche al campo profughi di Rafah: ancora case distrutte, fori di proiettili e tanti ragazzi che ci stringono la mano per avere un contatto col mondo che vedono solo su qualche televisore. Torniamo verso Gaza, passando di fronte ad un ospedale costruito con fondi europei. Ci fermiamo per un blocco stradale e Halil ci chiede se siamo disposti a dimostrare con i palestinesi per l'apertura; poi scende con il telefonino e discute con i militari; passa anche a loro il telefonino e alla fine ripartiamo senza dimostrazioni. Nel frattempo ci spiega che i coloni sono circa 4.000 e 7.000 i militari che si "preoccupano della loro sicurezza". I giacimenti di acqua, che si trovano prevalentemente nella zona nord, servono ad innaffiare fiori e fragole, mentre 1.200.00 palestinesi non hanno acqua potabile. La disoccupazione è al 65%, i rapporti sociali sono sempre più difficili. I figli non hanno rispetto per i padri: se non riescono a difendere se stessi come possono difendere i figli? Come possono provvedere al mantenimento, agli studi? La pesca era una delle possibili fonti di sostentamento, ma adesso è impossibile, per il restringimento del limite di allontanamento dalla costa.
Passiamo anche di fronte all'Università Islamica di Gaza, con i suoi 50.000 studenti e studentesse. Alle 17 ci fermiamo per mangiare un boccone in una trattoria, poi visitiamo un'associazione che si occupa del recupero dei ragazzi svantaggiati in età scolare. La sera saremo ospiti in un appartamento che l'associazione mette a disposizione per i volontari che lavorano nei loro campi estivi. Leonarda di Milano ci fa gli onori di casa
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Francesco

 
Il campo estivo di Nurshanse
Martedì, 13 agosto 2002


Ancora non sappiamo se il coprifuoco verrà tolto, ma ci rechiamo al Medical Relief con Imad; ci sono tre persone che lo aspettano per una visita. Imad ci invita ad andare con Rudeina al vicino Campo profughi di Nurshanse. Rudeina lavora per una associazione che si occupa di handicap fisici e psichici, e lei stessa guida un’auto con modifiche che la adattano alle sue possibilità. Mentre viaggiamo con lei ci racconta dei suoi progetti di costruire una casa; suo marito ha un piccolo negozio e lei aspetta un bambino e l’appartamento dove vivono adesso non sarà più sufficiente.
Quando arriviamo al campo le attività dei bambini del campo estivo sono in pieno svolgimento: si canta, si recita, si dipinge e si fanno giochi di abilità; qui le attività sono finanziate dal ministero della
gioventu’ e della salute dell’ANP; il responsabile dell’UNRWA ha recentemente invitato i bambini a non usufruire dell’apposita area verde perché i militari potrebbero interpretare come sospetti i movimenti dei bambini e sparare. Mi domando se non fosse piu’ opportuno invitare i militari ad evitare di sparare in questa zona, ma io non sono un funzionario delle Nazioni Unite. Tra le attività dei bambini è compresa anche la lettura di giornali e riviste: i bambini che non sanno leggere ritagliano le foto che ritengono più interessanti; mentre prendo appunti Fadih mi chiede di scrivere anche il suo nome. Tornando al Centro passiamo per Dinnabeh, il villaggio dove il marito di Rudeina ha il negozio e ci fermiamo a bere una bibita. E’ l’ora della preghiera e quando l’Imam arriva alla moschea si ferma per salutarci e darci il suo benvenuto. Il dottor Imad ci dice che dobbiamo ripartire per Gerusalemme per poi ricongiungerci ad un altro gruppo e così ripartiamo in direzione sud. Ancora posti di blocco, strade interrotte, alberi sradicati, e contadini a piccoli gruppi che osservano e commentano gli ultimi danni subiti.
Passiamo vicino all’insediamento di Mehola sulle rive del Giordano: sembra un’oasi di verde in mezzo al deserto, ma salta agli occhi la recinzione che vieta l’accesso ai non autorizzati. Non ho visto direttamente l’apartheid del Sudafrica, ma la cura delle strade che portano agli insediamenti e la continua distruzione di quelle che servono ai palestinesi mi richiamano fortemente questo concetto. Arriviamo a Gerusalemme alle 18 circa, 4 ore di viaggio per i soliti 90 chilometri. Recuperiamo la valigia di Donato che l’Alitalia aveva smarrito e che è stata portata all’Hotel Ambassador.
Al Jerusalem incontriamo Nour e altri tre giovani, Tom e Annik, svizzeri, e Thomas, francese, che verranno con noi a Gaza. Chiedo ancora perché il programma cambi così improvvisamente....
Francesco