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31 gennaio 2003
Refusenik:
Uri, 18 anni |
Venerdì,
31 gennaio 2003
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Sono cresciuto in una famiglia di
sinistra e non c'è stato un evento particolare che abbia
inciso sulla mia coscienza politica per spingermi a rifiutare la
divisa.
Forse è stata più una sorpresa scoprire che ero anch'io
un pacifista, se pacifista può essere la definizione più
appropriata: io comunque mi rifiuto di partecipare a qualunque organizzazione
o azione che abbia lo scopo di togliere la vita. Coltivo questa
convinzione fin da quando avevo sedici anni.
E' stato allora che ho realizzato di essere in qualche modo un pacifista,
o quanto meno vicino all'idea di pacifismo.
Quando venne il tempo di presentarmi all'esercito ho iniziato a
scrivere lettere in cui spiegavo il mio rifiuto alla leva, così
mi hanno invitato a presentarmi alla commissione per l'obiezione
di coscienza, che è preposta ad ascoltare chiunque rifiuti
il servizio militare per ragioni di coscienza.
I commissari devono valutare se l'obiettore è veramente
sincero, nel qual caso viene esonerato dal servizio di leva. Esiste
anche una commissione per le donne che però è molto
diversa. In teoria entrambe le commissioni dovrebbero sottostare
alle stesse regole, ma in realtà la commissione per gli uomini
non esonera mai nessuno.
Su oltre duecento persone che si sono presentate davanti alla commissione
per gli uomini, circolano voci non confermate che solo due persone
sono state esonerate dal servizio militare, tuttavia non se ne conoscono
i nomi e neppure le motivazioni.
Questa commissione in teoria dovrebbe esonerare tutti gli obiettori
di coscienza, ma il trucco sta nel fatto che non sono tenuti a riconoscere
ed esonerare chi fa obiezione selettiva di coscienza, così
in pratica vengono tutti considerati obiettori selettivi e mandati
alle loro basi dove un ufficiale decreta loro un periodo di carcere
che non può superare i 35 giorni.
Quando sono stato ricevuto dalla commissione per essere ascoltato,
non mi hanno prestato alcuna attenzione e mi hanno spedito alla
base dove avrei dovuto prendere servizio.
Lì mi sono presentato ad un ufficiale, il quale, senza processo
e senza avvocato, mi ha condannato a quattordici giorni di carcere
nella prigione numero 6. Poi sono stato liberato e dopo due giorni
rispedito alla base dove mi hanno dato 28 giorni di carcere, e così
via, dall'agosto scorso ad oggi sono stato in carcere sei volte
per un totale di 133 giorni.
Un mese fa, quando mi hanno liberato per l'ultima volta, ho chiesto
di essere visitato da uno psicologo, perché ero stufo di
andare avanti e indietro. Ho incontrato ogni specie di psicologi
dell'esercito, ma purtroppo nessuno di loro si è convinto
che io fossi pazzo a sufficienza per non andare nell'esercito.
In questi giorni dovrei ripresentarmi alla base, ma ho deciso di
disertare e di prendermi due settimane di vacanza dalla prigione.
Sono stufo di passare dall'ufficio dell'ufficiale che sentenzia
quante settimane di carcere dovrò fare ogni volta. Odio quell'ufficio.
La legge prevede che dopo due settimane dalla data in cui dovrei
presentarmi alla base divento ufficialmente un disertore. In teoria,
la polizia militare dovrebbe venire a cercarmi a casa, ma non ce
n'è bisogno perché mi presenterò direttamente
alla prigione militare numero 6, evitando così l'inutile
commedia dell'ufficiale della base.
Un mio amico, Jonathan, è stato in carcere sette volte per
un periodo complessivo di 196 giorni, lui si è anche appellato
all'Alta Corte Israeliana, ma non è servito a nulla. Ho l'impressione
che l'Alta Corte sia d'accordo con l'esercito sul fatto che l'obiezione
di coscienza sia di esclusiva competenza dell'esercito stesso.
Nessuno è in grado di dire con certezza per quanto tempo
possa durare questo continuo dentro e fuori dal carcere. Il servizio
militare obbligatotio dura per tre anni. In passato la procedura
voleva che dopo 90 giorni di detenzione complessiva si ottenesse
l'esonero, ma oggi non è più così e non ci
sono leggi chiare che determinino con certezza il periodo di carcere
per un obiettore di coscienza.
Ho anche parlato con due o tre avvocati ma non ci possono far nulla.
L'unica alternativa pare sia di presentarsi di fronte alla corte
marziale, nessuno ci ha mai provato, ma il rischio sarebbe di essere
condannati fino a tre anni di detenzione. E' vero che dopo sarei
fianlmente libero, ma, vedi, gli ultimi quattro mesi e mezzo sono
stati già abbastanza duri per me e tre anni sarebbero decisamente
troppo lunghi.
In carcere la vita non è affatto divertente, ma neppure troppo
dura. La prigione militare è organizzata come una normale
base militare, ci sono quattro compagnie ed ognuna è composta
da diversi tipi di prigionieri.
Siccome la detenzione di poche settimane è considerata breve,
al massimo 35 giorni, gli obiettori vengono mandati alla Compagnia
A, dove non ci sono celle, ma semplici tende da campo e non ci sono
criminali, assassini o drogati, ci sono solo obiettori.
La vita non è troppo male, ma mi irrita tutta quella disciplina,
tutta quella dovuta obbedienza. A volte ci permettono di lavorare
in cucina.
Alcuni di noi si rifiutano di indossare l'uniforme, allora vengono
mandati in isolamento, dentro una vera cella in muratura che misura
poco più di due metri quadrati. Dentro ci stanno due detenuti
e una guardia che li controlla a vista per impedire eventuali suicidi.
Ci ho fatto la guardia qualche volta, i turni sono di quattro ore,
non è così dura come può sembrare, non c'è
altro da fare che rimanere seduti a leggere per tutto il tempo.
Saluti
Curzio
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