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testimonianze, informazioni
29 giugno - 1 luglio 2002
1
luglio |
Lunedì,
1 luglio 2002
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Oggi quattromila lavoratori disoccupati della Striscia di Gaza
hanno formato un corteo che si è fermato davanti al ministero
del lavoro a Gaza City, per chiedere dove sono finiti i soldi
che i paesi arabi hanno donato all'ANP per i lavoratori disoccupati
palestinesi. Io non c'ero, e non so quale sia stata la risposta,
ma penso che sia stata la solita risposta politica: parole che
volano nel vento, sollevano sabbia e non lasciano conseguenze.
In serata è giunta la notizia che hanno rapito un israeliano
a Rafah. Poi, dopo un paio d'ore, è arrivata la rettifica:
sono tre le persone arrestate a Rafah, due uomini e una donna,
e non si è capito se fossero collaborazionisti palestinesi
o israeliani sotto copertura. Di certo sono stati indicati come
i responsabili dell'identificazione del ricercato che viaggiava
sul taxi la mattina del 25 giugno e che fu colpito da un missile
lanciato da un elicottero Apache, che causò la morte
delle sei persone che viaggiavano insieme a lui e di alcuni
passanti.
Più tardi, poco prima della mezzanotte, una squadriglia
di elicotteri Apache è piombata come un uragano estivo
su di una casamatta della polizia palestinese lungo la cosiddetta
linea verde a est di Khan Younis. Truppe delle forze speciali
dell'IDF sono scese dagli elicotteri e hanno catturato i sette
poliziotti palestinesi in servizio di guardia nella baracca,
portandoseli via a bordo degli elicotteri. Prima di rientrare
la squadriglia ha compiuto un largo giro circolare dalla linea
verde, ha sorvolato verso nord-ovest Abassan, dove abitiamo,
poi Khan Younis a ovest e infine Rafah a sud, senza compiere
altre azioni ostili ma, a mio parere, solo per far sapere a
tutti che la ritorsione per l'arresto delle tre spie israeliane
aveva avuto luogo con successo. Dal confine con l'Egitto, sopra
Rafah, sono poi scomparsi a est oltre la linea verde, in territorio
israeliano. Inghiottiti da una notte senza luna, mentre in lontanaza
un bengala illuminava la zona intorno al check point di Al Tufah,
dove gli scontri notturni non hanno quasi mai battute di arresto.
Maurizio |
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Nasser
Hospital |
Domenica,
30 giugno 2002
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Parla il Dr. Hader El Gadera, primario del Nasser Hospital di
Khan Younis:
"In questo ospedale viviamo un emergenza continua, i nostri
chirurghi sono esausti, perché il nostro è l'ospedale
di riferimento per tutta la parte meridionale della Striscia
di Gaza. Gli scontri a fuoco qui sono quotidiani e riceviamo
vittime ogni giorno. E in qualunque momento dobbiamo essere
pronti a fronteggiare ogni tipo di emergenza.
Nella Striscia di Gaza siamo assediati dall'esercito israeliano
e non abbiamo libertà di movimento, io andavo a Gaza
una volta ogni due o tre giorni prima dell'inizio dell'Intifada,
per incontrare il ministro della sanità e per altri affari
correlati con la mia attività di primario del Nasser
Hospital. Oggi posso andare a Gaza una volta ogni due o tre
mesi, perché non ho mai la certezza di poter rientrare
in tempo nel mio ospedale. Questa è la situazione.
Per quanto riguarda le forniture farmaceutiche e gli altri approvvigionamenti
necessari al funzionamento dell'ospedale, dall'inizio dell'Intifada
sono diminuite considerevolmente, tuttavia possiamo far fronte
alla situazione generale e il nostro ministero della sanita
non ci fa mancare il suo appoggio coprendo tutte le forniture
di emergenza.
Per quanto riguarda i feriti, ne riceviamo ogni giorno, ma non
c'è una media standard: un giorno ne abbiamo ricevuti
cento, altri giorni due forse tre, dipende dagli eventi
All'inizio dell'Intifada, quando i ragazzini andavano a tirare
pietre al check point di Al Tufah, i militari israeliani risposero
con grandi quantità di bombe al gas velenoso che avevano
effetti sconosciuti su chi lo respirava. Alcuni avevano le convulsioni,
altri battevano la testa contro il muro: anche dopo essere stati
ricoverati e trattati con sonniferi, le convulsioni si ripresentavano
improvvise. Altri ancora presentavano macchie nere sulla pelle
che, nei casi meno gravi, sono sparite dopo alcuni mesi. Ma
molti altri sono morti a causa di questi gas. Purtroppo, a tutt'oggi
non conosciamo la natura del gas e non abbiamo un antidoto per
curare coloro che lo respirano. Il nostro ministero della sanità
ha mandato molti campioni di questo gas a diversi laboratori
stranieri, ma al momento non abbiamo ricevuto alcuna risposta.
La popolazione vive nella paura, nessuno vive in sicurezza né
in libertà, tutte queste cause creano gravi stress nelle
fascie più deboli della popolazione, e lo stress causa
depressione, e aborti spontanei e altre patologie che affliggono
la nostra popolazione.
Nelle ultime settimane ci aspettiamo un'invasione della Striscia
di Gaza da un giorno all'altro e la temiamo perchè è
sotto gli occhi di tutti ciò che sta succedendo nella
West Bank, dove hanno chiuso gli ospedali e né feriti
né ammalati possono accedere ai servizi sanitari. Così
li lasciano morire per strada senza che nessuno possa aiutarli,
in quanto l'esercito israeliano impedisce ai gruppi di pronto
soccorso di prestare aiuto e cure ai feriti o agli ammalati,
anche a causa del
coprifuoco.
Così viviamo nell'attesa di ciò che può
capitarci nel prossimo futuro.
Io non mi occupo di politica perché naturalmente sono
concentrato sulle esigenze del mio ospedale. Ma come cittadino
comune penso che la soluzione politica a questo conflitto debba
essere presa dalla comunità internazionale. Sfortunatamente
la comunità internazionale parla di aiuto e di comprensione
ma non fa nulla di concreto. Tutti sono concentrati sul problema
dei martiri suicidi che si fanno esplodere in mezzo alla popolazione
civile israeliana, ma nessuno si
domanda perché accade tutto ciò. Come medico,
io so bene che per curare una malattia occorre rimuoverne le
cause e, una volta rimosse le cause, gli effetti scompaiono.
A mio modo di vedere il problema, questa strategia vale anche
per la nostra situazione di conflitto.
Abbiamo oltre un milione di abitanti nella Striscia di Gaza,
altri due milioni nella West Bank e sette milioni sono all'estero
in esilio, molti di loro sono divenuti apolidi e senza una patria
riconosciuta. Ora io credo che se si vogliono rimuovere le cause
di tanta violenza occorre una soluzione politica e una pace
giusta che soddisfi le aspirazioni di libertà e indipendenza
del nostro popolo."
Parla il chirurgo Dr. Salim Saker:
"Noi chirurghi siamo sempre a disposizione per qualsiasi
emergenza, grazie a Dio. E spesso lavoriamo 24 ore su 24 per
far fronte agli impegni della sala operatoria.
Il problema piu difficile da affrontare, per noi qui nella
parte meridionale della Striscia di Gaza, è il semaforo
di Abu Holi. Spesso abbiamo la necessità di trasferire
dei pazienti all'ospedale di Gaza, ma le ambulanze rischiano
di rimanere bloccate indefinitamente al semaforo, con grave
rischio per la vita dei pazienti. Come chirurgo ho trattato
pazienti con problemi all'arteria femorale, nonostante io
non sia specializzato in quella materia, perché purtroppo
l'alternativa era di esporli ad un più elevato rischio
di morte trasferendoli all'ospedale di Gaza ed esponendoli
ad un attesa indefinita al semaforo di Abu Holi. Sono molti
i pazienti deceduti a causa di soste prolungate arbitrariamente
a quel semaforo.
Per quanto riguarda i bambini, abbiamo avuto una piccola vittima
di soli tre mesi di vita, morta in seguito ad un bombardamento
israeliano. Inoltre molte madrei abortiscono spontaneamente
a causa della guerra e i loro figli non possono neppure sentire
il profumo della vita. Quando ci sono i bombardamenti io danzo
insieme ai miei figli per distrarli dalla paura, ma io sono
un medico, non tutti riescono a vincere la paura delle bombe
e della morte e, inevitabilmente, trasmettono la loro paura
anche ai loro figli.
Maurizio
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Breve
storia del PPP |
Sabato,
29 giugno 2002
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Breve storia del partito popolare palestinese, tratta da una
dispensa universitaria intitolata "LETTURE DI SCIENZE
POLITICHE", preparata e raccolta da Mukhaimar Abusada,
assistente all'università di Al Azhar di Gaza City,
presso la Facoltà delle Arti, Dipartimento di Sociologia
e Scienze Politiche, pubblicato nel secondo semestre A.A.
1998/99.
Il Partito Popolare Palestinese (PPP), ex Partito Comunista
Palestinese (PCP), fu istituito nel 1982 per raccogliere i
comunisti palestinesi della West Bank, di Gaza, del Libano
e della Giordania. Il PPP è uno dei cinque grandi partiti
non islamici della West Bank e di Gaza.
Il PPP fu ammesso al Consiglio Nazionale Palestinese nel 1987
ed il suo leader fu eletto al Comitato Esecutivo dell'OLP.
Il PCP era illegale nella West Bank e a Gaza, ma le sue attività
erano tollerate perché sosteneva metodi non violenti
per ottenere la fine dell'occupazione israeliana.
L'organizzazione politica di massa del PPP nella West Bank
e a Gaza ha favorito un ruolo primario del PCP nella partecipazione,
organizzazione e leadership durante la prima Intifada.
Il PCP fu istituito nel 1982, ma esistevano comunisti palestinesi
fin dagli anni venti. La natura del conflitto israelo-palestinese
ha forzato i compagni palestinesi a raggrupparsi a partiti
comunisti di altre nazionalità.
Nonostante fin dal 1919 esistesse in Palestina un partito
socialista costituito da arabi ed ebrei, questa unione si
disintegrerà due anni più tardi e la sua maggioranza
si raggrupperà nel PCP, che fu riconosciuto come sezione
ufficiale del Comintern in Palestina e che comprendeva ancora
comprendeva arabi ed ebrei. Fu il conflitto palestino-sionista
durante le due guerre mondiali a dividere i comunisti arabi
da quelli ebrei, quando gli uni istituirono la Lega Nazionale
di Liberazione e gli altri il Partito Comunista israeliano.
La creazione dello stato di Israele nel 1948 divise la Lega
di Liberazione Nazionale tra coloro che erano residenti in
Israele e quelli che vivevano nella West Bank e a Gaza. Gli
arabi residenti in Israele si unirono al Partito Comunista
israeliano, mentre i compagni palestinesi della West Bank
si unirono al Partito Comunista giordano. Dopo l'annessione
della West Bank alla Giordania, avvenuta nel 1950, i comunisti
palestinesi abbandonarono la lotta per l'indipendenza della
Palestina in favore di una maggiore integrazione con i compagni
giordani.
Ma quando Israele occupò la West Bank nel 1967, i comunisti
palestinesi furono separati dalla loro leadership giordana.
Inoltre, l'aumentare delle differenze ideologiche all'interno
del partito comunista giordano segnò il punto piu basso
nell'influenza politica e organizzativa dei comunisti palestinesi.
La priorità dei comunisti palestinesi era ora quella
di porre fine all'occupazione israeliana e di restaurare relazioni
con i loro compagni della Striscia di Gaza. A questo scopo,
i comunisti palestinesi crearono, nel 1975, l'Organizzazione
Comunista palestinese da una branca del Partito Comunista
giordano.
I compagni della West Bank iniziarono quindi a relazionarsi
con i loro compagni della Striscia di Gaza, perseguendo un
progetto di unificazione del partito. Tuttavia, i comunisti
di Gaza rifiutarono questo progetto fino alla formazione di
un partito comunista palestinese indipendente, che venne alla
luce nel febbraio del 1982 col nome di Partito Comunista Palestinese.
Dopo la sua istituzione, il PCP sostenne la soluzione di due
stati per due popoli e chiamò i palestinesi ad un mutuo
riconoscimento dello stato di Israele e di quello palestinese.
In seguito al collasso dell'Unione Sovietica, il PCP cambiò
il suo nome in Partito Popolare Palestinese e diminuì
l'enfasi sui principi marxisti-leninisti.
Il PPP è uno dei maggiori fautori di una convivenza
pacifica tra israeliani e palestinesi e dell'istituzione di
uno stato indipendente di Palestina nella West Bank e a Gaza,
accanto allo stato di Israele. Per queste ragioni, il PPP
sottoscrisse gli accordi di Oslo e sostenne i negoziati di
pace.
Oggi il PPP non ha rappresentanza all'interno dell'Autorità
Nazionale Palestinese, perché, pur partecipando alle
elezioni del 1996, nessuno dei suoi candidati fu eletto. Il
comunismo era un ideologia molto popolare tra le classi più
acculturate della società palestinese, ad esempio;
gli studenti comunisti palestinesi ebbero il controllo del
consiglio studentesco dell'Università di Bir Zeit per
molti anni prima del 1982. Ma da quando il PCP e in seguito
il PPP hanno perso il sostegno morale e finanziario dell'Unione
Sovietica, i comunisti palestinesi sono divenuti una minoranza
all'interno della società palestinese.
Vi invio questa breve storia nella speranza di ricevere una
lettera di solidarietà per i lavoratori disoccupati
di Khan Younis e Rafah e per i loro presidi permanenti, di
cui vi ho già scritto in precedenza.
Maurizio
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