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La Repubblica / Inserto Affari & Finanza
lunedì 30 novembre 1998
Guerra all'ultimo carato
LE RISORSE MINERARIE DEL CONGO TORNANO AL CENTRO DI IRRISOLTE QUESTIONI DI
POTERE FRA LE GRANDI POTENZE
di LEO MANTOVANI
Laurent Désiré Kabila, l'autoproclamato presidente della Repubblica Democratica
del Congo (ex Zaire) è arrivato a Roma lunedi scorso, prima tappa di una
"offensiva di charme" diplomatica che lo ha poi portato a Bruxelles e a Parigi,
dove ha partecipato al summit francoafricano del 27-28 novembre. Kabila tenta in
questo modo di rompere l'isolamento internazionale del suo governo. Nel corso
del suo breve soggiorno romano, Kabila ha incontrato il Papa, che ha voluto
rassicurare in merito alle libertà religiose e alla sorte dei fedeli cattolici
del suo paese (quasi la metà della popolazione) e il Presidente Scalfaro insieme
al ministro degli Esteri Lamberto Dini, ai quali ha esposto il suo punto di
vista sulla guerra civile che dall'agosto scorso insanguina il suo paese.
Un conflitto sconvolgente che ha molte cause e ha provocato in Congo (ex Zaire)
una violenta escalation su scala regionale, che nel gioco delle alleanze
incrociate ha provocato la presenza in quel paese di truppe di almeno sei
diversi paesi africani: Uganda, Ruanda e Burundi (alleati dei ribelli); Angola,
Namibia e Zimbabwe, sostenitori del Presidente Kabila. Tra tutti i fattori in
gioco, che vanno dall'analisi della personalità di Kabila, alle implicazioni
strategiche della regione e dei paesi coinvolti, l'aspetto economico è tra i più
importanti, visto che sono in molti a vedere nelle ricchezze minerarie del Congo
(ex Zaire) la vera posta in gioco della guerra intercongolese.
Il Presidente Kabila dopo la cacciata di Mobutu e la conquista del potere è
riuscito in breve tempo ad inimicarsi l'opinione pubblica internazionale a causa
del braccio di ferro con l'Onu, ai cui ispettori ha impedito d'indagare sui
massacri di popolazioni hutu nei campi di rifiugiati dell'est del paese.
Kinshasa, malgrado l'isolamento internazionale nel quale era venuta a trovarsi,
era riuscita ad abbozzare una timida ripresa economica, fondata sul rilancio del
settore chiave del suo sistema economieo: quello minerario.
Protagonisti in questo settore sono tutte società appartenenti allo stato:
Gécamines (per i metalli non ferrosi), Miba (per i diamanti), Kilo Moto (per
l'oro). La dilagante corruzione degli "anni Mobutu" aveva causato un vero
saccheggio delle ricchezze del paese (a cominciare dai diamanti più facilmente
commercializzabili) e pure un grave deterioramento degli equipaggiamenti
minerari, al punto di ridurre drasticamente tutte le varietà di minerali
estratti. Per fare un esempio, quando nel maggio 1997 Kabila raggiungeva la
capitale, la produzione di rame e di cobalto della Gécamines, aveva toccato il
livello più basso della sua storia, rispettivamente di 38.000 tonnelhte annue
per il primo e 3.000 per il secondo. Per il nuovo governo, quindi, la priorità
era quella di ridefinire una strategia per Gécamines, che avrebbe dovuto
anzitutto privilegiare l'estrazione di cobalto dalla miniera di Kolwezi (nel
Katanga), per approfittare dei suoi elevati corsi mondiali.
Ma per il cobalto le potenzialità del Congo-Kinshasa sono enormi, visto che
oltre al giacimento di Tenke Fugurume (uno dei maggiori del mondo) esso possiede
le maggiori riserve mondiali. In una seconda fase gli investimenti avrebbero
dovuto concentrarsi sul rame, con l'obiettivo di tornare al livello diproduzione
del 1988 equivalente a 400.000 t. annue. Vennero cosi stabilite le grandi linee
della politica mineraria congolese: 1) lotta contro furti e corruzioni; 2)
rifiuto della privatizzazione della Gécamines, malgrado le pressioni contrarie
della World Bank; 3) aumento delle tasse sul1'esportazione delle materie prime.
Kinshasa, vista la catastrofica situazione del proprio settore estrattivo aveva
deciso di lasciare alla Gécamines (da sempre la società più importante, che
genera oltre la metà degli introiti del paese) la gestione degli affari
correnti. Il suo stato maggiore venne pertanto autorizzato a costituire secondo
una propria discrezionalità, delle joint-ventures internazionali, ma
dall'inverno scor
so all'interno dell'équipe dirigente della società si è prodotta una spaccatura
in merito ai criteri di scelta dei partners stranieri.
Da un lato i "nazionalisti", i quali impauriti dal potere economico politico dei
giganti minerari preferivano riporre la loro fiducia nelle piccole compagnie (le
cosiddette "juniors") nordamericane come 1'Eurocan (poi Tenke Mining) di Adolph
Lundin o l'American Mineral Fields (Amf) di Jean Raymond Boulle, che tra l'altro
avevano finanziato entrambe lo "sforzo di guerra" di Kabila. Ai "nazionalisti"
si opponevano i "realisti", che in seguito prenderanno il sopravvento e che
danno credito alle voci della stampa su dafricana, mettevano in dubbio la
capacità di mobilitazione finanziaria e di dotazione tecnologica di queste
piccole società, ritenendo preferibile privilegiare accordi con colossi minerari
"collaudati" del calibro di Anglo American Corporation De Beers, Gencor-Billiton,
Union Minière, etc. Così il 7 gennaio 1998 i contratti con Tenke Mining e Amf
vennero ricusati, per essere affidati a un consorzio, guidato ovviamente dalla
Anglo American Corporation-De Beers, del quale fanno parte oltre ad altre so
cietà sudafricane anche l'australiana Bhp, le canadesi Falconbridge e First
Quantum, la belga Union Minière e la cinese China non-ferrous Metal.
Alla fine di luglio, cioè alla vigilia dello scoppio dell'insurrezione
intercongolese i diamanti, che nel periodo Mobutu venivano contrabbandati o
ceduti per intero ai quattro uffici della De Beers, concessione subito revocata
da Kabila, Kinshasa decise di affidare la sicurezza della Miba (Minière de
Bakwanga il maggiore produttore nazionale) a una società britannica
specializzata e a un gruppo di ex-paracadutisti belgi. La lotta contro le frodi,
l'accresciuta sorveglianza all'aeroporto, l'obbligo di regolare le transazioni
per bonifico bancario e non in banconote e un controllo più severo dei diggers
(gli scavatori individuali) hanno fatto lievitare la produzione. Congo-Kinshasa
è il quarto produttore mondiale di diamanti con 17 milioni di carati prodotti
nel 1997. La guerra civile ha cosî scatenato una verae propria "corsa ai
diamanti e all'oro da parte di personalità di paesi implicati nel conflitto
nell'ex-colonia belga.
Secondo alcuni osservatori, componenti della famiglia di Robert Mugabe (il
Presidente dello Zimbabwe) come il cugino Tony Gara, risulterebbero molto attivi
nel contrabbando di diamanti. Il Wall Street Journal rileva inoltre come il
generale Vitalis Zvinavashe (comandante del contingente zimbabweano nella Rdc)
sia anche il maggiore azionista della holding che controlla la Zvinavashe
Transport (Zt), società che ha l'appalto del trasporto nel paese di Kabila delle
munizioni prodotte dalla Zimbabwe Defense Industries (Zdi). Per il conglomerato
zimbabweano, che già riforniva Kinshasa nei mesi precedenti alla ribellione, la
guerra si è rivelata un "grosso affare", visto che ha dovuto raddoppiare il
proprio personale per fronteggiare la domanda congolese. Ma la Repubblicà
Democratica del Congo non è in grado di pagare le forniture e così personaggi
considerati "amici" della leadership zimbabweana s'installano nella Rdc.
E' in questo modo che Billy Rautenbach, uomo d'affari bianco nato in Zimbabwe,
pilota di rallye famoso in tutta l'Africa Australe e proprietario di una
fabbrica di assemblaggio di autoveicoli Hyundai in Botswana, ha potuto firmare
in settembre un'accordo decennale con il Presidente Kabila, grazie al quale è
stato nominato amministratore delegato della Gécamines. Kabila avrebbe poi
"arruolato" Ramy Golan, un trafficante distintosi nel'appropriazione dei
diamanti e delle materie prime nel "periodo Mobutu", notizia che ha diffuso
apprensione tra gli operatori europei per la sorte dei diamanti grezzi bloccati
dal governo. Questi lotti venivano un tempo assegnati con aste mensili,
e oggi potrebbero invece essere venduti ad Anversa da intermediari libanesi,
israeliani o belgi e permettere cosi a Kabila di finanziare l'esercito
governativo.
Ma anche alti ufficiali ugandesi vicini al presidente Museveni, sarebbero
implicati nel contrabbando di oro e diamanti tramite trafficanti libanesi.
All'inizio di agosto le truppe ugandesi hanno occupato il Kivu congolese e con
esso Isiro, capoluogo della regione aurifera sull'alto corso del fiume Uele
(centri di Kilo e Moto Watsa).
Già in passato nella storia africana, è accaduto di assistere a guerre che
avevano le ricchezze minerarie come posta di una vittoria militare; basterà
ricordare il Biafra e il Katanga e per questo motivo una secessione del Congo
-Kinshasa non è assolutamente da escludere.