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http://www.repubblica.it/quotidiano/repubblica/19981206/esteri/18sony.html
Africa, l'autunno dei dittatori
Soyinka e la giustizia mondiale: "La tortura non vincerà"di STEFANO CITATI
ROMA - Quando Wole Soyinka parla la passione prende forma. Il volto tranquillo del Premio Nobel per la letteratura non si scompone nel raccontare le nefandezze commesse in
Nigeria né nel descrivere il futuro sognato per il suo paese. È la forza delle parole a dare colore e forza: "Ci sono
crimini che le frontiere degli Stati non possono proteggere, ci sono decisioni che dimostrano come sia ormai possibile
sradicare la cultura dell'immunità. Io non so che cosa accadrà a Pinochet; ma lui è un simbolo: non ci sono più
scuse per i Mobutu del mondo. I tribunali internazionali si dovrebbero moltiplicare: un passo fondamentale è stato
fatto, seppure in ritardo".
Soyinka è a Roma per dar man forte al progetto di cooperazione e solidarietà "Chiama l'Africa"; viene dagli
Stati Uniti, andrà in Germania. Ma soprattutto è tornato in Nigeria, il 15 ottobre, dopo quattro anni di auto-esilio,
dopo che il regime militare ha fatto cadere le accuse di "tradimento" e la condanna a morte. Giunto a Lagos le sue
prime parole sono state in ricordo delle vittime del regime, per coloro "che non sono più accanto a noi, ma si aspettano
da noi la continuazione della battaglia". Solo un morto non è stato ricordato: Sani Abacha il generale dittatatore e gran
nemico che voleva eliminare Soyinka così come aveva fatto con tanti altri oppositori. Né un accenno al nuovo leader
Abdulsalam Abubakar, che pure lo ha riabilitato, permettendogli di tornare a casa.
Soyinka è ancora titubante nel dare giudizi su Abubakar - salito al potere a giugno - attende di vedere se alle sue
prime aperture democratiche ne seguiranno altre, tanto da render la Nigeria capace di divenire democratica e disfarsi
dei militari che l'hanno dominata per tre quarti della sua storia post -coloniale. Intanto ieri si sono tenute le elezioni per i governi regionali (la Nigeria è una confederazione
composta di 36 Stati), prova generale per le presidenziali promesse per il maggio '99.
Soyinka descrive come sia possibile perpetuare il comando, "disumanizzando la società con torture, uccisioni e
incarceramenti e soprattutto ottenendo credito e appoggio da governi e industrie attratte dai guadagni. Pensate al
petrolio della Nigeria: fare affari democraticamente è molto complicato; servono accordi, mediazioni, firme, certificati.
Meglio allora comprare i tiranni, o imporli; a quel punto basta una telefonata per sbrogliare un affare. Per questo in
Africa un dittatore segue un altro. Mi vien in mente il grottesco fenomeno di Idi Amin in Uganda - fu appoggiato
da tutti, dagli americani ai sovietici. In Occidente spesso si dice che "l'Africa non è matura per la democrazia". Perché,
secondo voi l'Africa era invece pronta per la dittatura? Non aspettava altro? I regimi corrotti, si dice. Ma pensate cosa è successo in Italia; in Gran Bretagna - vendita di armi
sottobanco a paesi nemici, l'Iraq; negli Usa - no, non penso a Monica Lewinsky, ma ai finanziamenti illeciti (pare che
anche Abacha abbia inviato 500 mila dollari per appoggiare Clinton, ndr). Solo che da voi gli scandali non finiscono con un colpo di Stato, da noi sì. Eppure l'Europa ha sempre
trovato scuse per giustificare i dittatori. Penso al mio amico Ken Saro -Wiwa, impiccato dal regime nigeriano tre anni fa:
gli ambasciatori furono ritirati per un paio di settimane, poi tutto tornò come prima. Forse solo ora è nato un fronte
capace di opporsi ai regimi militari, di non dar credito e potere ai dittatori; di far aspettare fuori dalla porta i Mobutu del mondo, per piegarli".TORNA A: