GRANDI LAGHI AFRICANI

Caritas Diocesana di Bologna - Centro Missionario Diocesano

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6.

E' un servizio della Caritas Diocesana e del Centro Missionario Diocesano di Bologna per gruppi missionari e Caritas parrocchiali.


[Grida Burundi] [Aderenti alla campagna] [Notiziario N. 7]

I. Kabila, il ritorno di Mobutu

Lettere, petizioni, rapporti sono giunti sul tavolo di Laurent Désiré Kabila in occasione del suo primo compleanno da presidente della Repubblica democratica del Congo. Gli invitati hanno disertato la festa, ma qualche giorno dopo,è giunta la promessa di un regalo italiano: 18 milioni di $ Usa. Il nuovo franco congolese. La guerra dei baniyamulenge, atto 2°.

  • 1. La riconciliazione nazionale
  • Le tensioni etniche, soprattutto nel Kivu, non sono mai state così forti; il sentimento antitutsi, mai così violento, nonostante la promessa di dare la priorità alla riconciliazione del paese. La politica non è stata in grado di dare risposte né ai problemi della terra né dell'autorità dei capi tribù tradizionali né ai problemi della nazionalità, senza parlare delle bande armate, costituite sia dall'opposizione interna sia dalle opposizioni dei governi dei paesi limitrofi (Nalu - Uganda; ex Far - Ruanda; Cdd - Burundi; Unita - Angola), e da bande di mercenari.

    L'intervento delle Forze armate congolesi (Fac) a Beni e Butembo, invece di disperdere e sconfiggere le bande armate, ha provocato più morti tra la popolazione civile che tutta la campagna dell'Alleanza delle forze democratiche di liberazione (Afdl) per sloggiare Mobutu e conquistare lo Zaire, tra il settembre 1996 e il maggio 1997. I mayi-mayi dichiarano che non deporranno le armi se non verranno risolti i problemi sopra indicati. In tutto il paese, in particolare, nel Kivu, triomfa il sospetto: politici, professori e studenti universitari, capi tribù e uomini d'affari, sospettati di intrattenere relazioni con il "nemico" sono arrestati e incarcerati senza alcun processo. I casi più eclatanti sono quelli di Joseph Olengankoy, leader della formazione politica Forces Nouvelles (FONUS), inviato nell'est del paese da Tshisekedi, all'inizio della marcia di Kabila su Kinshasa, per trattare con lui. Olengankoy è stato condannato alla pena dimorte, poi commutata in 15 anni di reclusione. Masasu, consigliere speciale di Kabila per la sicurezza, è stato condannato a 20 anni di reclusione. Un anno di galera, invece, è stato comminato all'editore di Alarme, Bosange Yema, per aver pubblicato un articolo di Olengankoy. E' stato liberato, grazie alle pressioni dell'Unesco, il presidente di Forces Futures, il prof. Z'Ahidi Ngoma, incarcerato, tortutato, ridotto in uno stato pietoso tanto da non poter comparire. Tutti e sempre accusati di "complotto contro il regime".

    Altro passo verso la riconciliazione nazionale avrebbe dovuto essere il riconoscimento di quei politici e forze dell'associazionismo che si sono opposte a Mobutu, contribuendo a sconfiggerlo. L'incontro Kabila-Tshisekedi (30 maggio), a Lubumbashi, è stato spiato con speranza. La gente riteneva che l'attuale presidente e l'oppositore storico a Mobutu avrebbero potuto lavorare insieme, mobilitare le popolazioni e operare per la ricostruzione del paese. Ma nel rimpasto ministeriale, seguito tre giorni dopo all'incontro, non si è vista traccia di questa volontà. Se quattro ministri sono stati arrestati "per corruzione", sono stati confermati i ministri "tutsi" nei posti chiave.

    Osservatori politici ritengono che l'incontro di Kabila con il leader dell'opposizione Tshisekedi possa servire a ottenere l'appoggio di questi e, per suo tramite, a calmare le due regioni del Kasai, per il lancio della riforma monetaria, annunciata per il prossimo 30 giugno, 38° dell'indipendenza, 1° dell'era Kabila. Le due regioni, che avevano boicottato la riforma monetaria di Faustin Birindwa, mantenendo in corso la vecchia moneta, sono scese sul sentiero di guerra per sabotare l'annunciata riforma monetaria. Kabila ha minacciato la pena di morte ai sabotatori del franco congolese.

    Già il 1° luglio, infatti, si sapeva a Kinshasa della liberazione di Tkisekedi. Dopo una settimana, pur con qualche condizione, questi ha promesso di collaborare con il governo. Ha chiesto ai congolesi di "perdonare gli errori di Kabila, commessi nel suo primo anno di governo". A metà luglio, tuttavia, un gruppo di soldati hanno arrestato una quarantina di militanti dell'Udps, proprio in casa del loro leader.

    2. La repressione

    Sono state sospese le attività dei partiti, soppresse 110 organizzazioni non governative (Ong) di sviluppo e di difesa dei diritti dell'uomo, però sono state sostituite con una Ong governativa, Solidarité entre nous. Altro capitolo riguarda la stampa. «Il nuovo regime, in un anno, ha sbattuto in galera più giornalisti e militanti di organizzaizoni di difesa dei diritti umani che il precedente regime in sette anni», ricorda l'Asadho (Associazione per la difesa dei diritti umani in Congo). Se all'aeroporto di Kinshasa c'è più ordine e meno angherie per i passeggeri, all'interno del paese sono tornate le barriere sulle strade con la loro sequela di abusi: perquisizioni, sequestro di soldi e di prodotti vari, punizioni e arresti. A un posto di blocco, i "colpevoli di non pagamento" vengono gettati in una palude e costretti a rotolarvisi. Tanto che lo humor dei congolesi battezzò lo stagno: lac de ma liberation (lago della mia liberazione). Nelle città continua la pratica di far stendere le persone per terra e picchiarle sulle natiche, come facevano i coloni; le ragazze per la minigonna e i vagabondi per piccoli furti.

    Chi comanda fa ciò che vuole. Brutalità, sparizione di persone, esecuzioni caratterizzno gli intervemti delle forze dell'ordine per la "sicurezza" della gente. Il regime ha eseguito parecchie condanne a morte, senza alcun processo. Ridicolo pensare che i militari, in particolare, rispettino la proprietà dei beni, visto che non rispettano le persone.

    3. La miseria

    Si è ripetuto che Kabila ha frenato l'inflazione e consolidato la moneta. In effetti, a fime maggio c'è stato il tracollo del Nuovo Zaire (NZ). Per un $, a fine maggio, occorrevano 148.000 NZ. Per comprare un sacco di manioca, in febbraio, erano necessari 2,500 milioni di NZ, ma in maggio costava già 3 milioni di NZ. Il caro vita ha contagiato tutto: alimentazione, salute, scuola. La vita, già di una povertà estrema sotto Mobutu, è diventa miseria nera. Il rastrellamento della moneta ereditata da Mobutu, in vista del lancio del franco congolese ha fatto impazzire la gente. Le barriere e le angherie sulle strade, accrescendo le precarietà degli approvvigionamenti, rischiano di ridurre Kinshasa alla fame.

    4. L'esercito

    Kabila non è riuscito neppure a fondere i diversi eserciti che l'hanno portato al potere. Nelle Forze armate congolesi (Fac) figurano i baniyamulenge, primi arruolati nell'Alleanza delle forze di liberazione (Afdl); i ragazzi reclutati nella sua marcia vittoriosa su Kinshasa, detti "kadogo" (ragazzi soldato); gli ex katanghesi, chimati "balubakat", originari della regione di Kabila; gli ex dell'esercito di Mobutu. Senza unità di comando, anzi con due: l'una ufficiale congolese, l'altra effettiva tutsi-ruandese, l'esercito resta inaffidabile. I massacri, le sparizioni di persone, le uccisioni, le angherie sulle popolazioni vengono, il più delle volte, imputati alla componente tutsi-ruandese.

    5. Il culto della persona

    Dispotismo e culto della persona vanno insieme. Per promuovere la sua immagine, Kabila ha scovato "l'evangelista" Dominique Sakombi, già cantore di Mobutu. Sakombi, ripropone oggi le ispirazioni avute nella prima dittatura: pellegrinaggi, feste. Ogni telegiornale inizia con un canto a Kabila, come accadeva per Mobutu: un dittatore vale l'altro. La scritta, L'homme qu'il fallait (l'uomo che ci voleva), campeggia con la foto di Kabila su grandi pannelli, disseminati nelle città. E pare stia comodo anche sul fondo schiena delle donne, stampato sui maputa (pareo). Nello stesso stile, il presidente perdona e premia chi ha punito ieri. Fa sfoggio della sua generosità, con i soldi dello stato, e si crea la sua clientela. O, al contrario rinchiude in galera i suoi più stretti collaboratori.

    Un governo, quello di Kabila, che ha scontentato tutti, all'interno e all'estero, isolando il paese. La stampa di Kinshasa ride sul conflitto Kabila-Museveni, aspiranti leader di un nuovo panafricanesimo. E' certo che i suoi padrini, Yoweri Museveni e Paul Kagame, l'hanno snobbato, rifiutando l'invito alla celebrazione del 1° anniversario di governo.

    Determinante, comunque, nell'alienarsi l'appoggio della comunità internazionale è stato il suo atteggiamento ostile e provocatorio nei confronti della Commissione Onu, inviata per accertare i crimini di guerra, commessi durante la conquista dell'allora Zaire. Lo scontento della gente e dell'opposizione tradizionale a Mobutu, pur scalcinata come era, forse meritava un poco d'attenzione. Il non rispetto delle promesse, degli impegni assunti e del calendario elettorale gli hanno allienato la gente, che pure l'aveva accolto in liberatore, poco più di un anno fa.

    Questo non ha impedito al nostro sottosegretario Rino Serri, con giustificato disappunto delle Organizzazioni non governative di promettere 18 milioni di $ a Kabila. A chi gli chiedeva il perché di questa generosità italiana il Sottosegretario Serri ha risposto: "Non è Kabila che destabilizza la regione, ma l'Uganda e il Rwanda."

    Bologna, 27 luglio 1998 Giacomo Matti

    II. La guerra degli alleati

    La rivolta dei baniyamulenge, scoppiata il 2 agosto 1998, contro il governo di Kabila, ha avuto come immediata conseguenza la divisione degli alleati che avevano sostenuto il presidente del Congo nella conquista del potere poco più di un anno fa.

    Zimbabwe, Namibia, Angola si sono schierati con Kabila. Combattono nella stessa formazione, oltre all'esercito congolese, agli inaffidbili mayi mayi, il Nalu, una guerriglia che si oppone al governo ugandese; le ex Forze armate ruandesi e gli interhamwe, che combattono il governo ruandese; l'ala armata del Comitato nazionale di difesa della democrazia e il Partito per la liberazione del popolo hutu in lotta con il governo del Burundi. A metà settembre, questo schieramento è stato raggiunto da Gabon, Sudan e Ciad. Secondo certi interpreti Francia e Ghedaffi soffierebbero sul fuoco.

    Hanno invece fatto fronte comune, sotto la bandiera dei baniyamulenge, Uganda, Ruanda, Burundi, l'Unione per la liberazione totale dell'Angola, la guerriglia guidata da Savimbi; il Flec-Fac, un gruppo indipendentista di Cabinda e una neonata opposizione nazionale a Kabila. Questa, battezzatasi Rassamblement democratique du Congo, raccoglie ex militari mobutisti e nuovi oppositori, quali Forces du Futur, di Z'Ahidi Ngoma. Su questa coalizione e sull'opposizione interna al Congo hanno steso il loro mantello gli Stati Uniti. E ciò spiegherebbe come le forze degli aggressori, coagulatesi "attorno" ai baniyamulenge rivoltosi, fossero già infiltrati a Kinshasa, almeno dal mese di luglio, e come, in pochissimi giorni abbiano occupato le città e le regioni dell'est, già sotto il loro controllo, ma anche il sud ovest, prendendo Inga, la più grande centrale idroelettrica del paese, nonché le basi militari di Kitona e Mbanza Ngungu, cercando così di ostacolare l'avanzata delle forze angolane.

    Le avvisaglie dello spezzarsi dell'asse Kabila - Yoweri Museveni (Uganda) - Paul Kagame (Ruanda) si sono avute a metà maggio 1998. Invitati al Convegno per lo sviluppo e la democrazia e alla celebrazione per il 1° anniversario dell'autoproclamazione presidenziale di Kabila, i due hanno snobbato l'invito, preferendo incontrare il presidente eritreo. Tra Kabila e Museveni, esistevano già contestazioni sugli accordi per lo sfruttamento ugandese di miniere d'oro in territorio congolese. La stampa congolese ha, infine, segnalato con ironia, la pretesa di Kabila di competere con Museveni per diventare il leader di un nuovo panafricanesimo.

    Benché già a maggio, la situazione precipitasse in Kivu, nel rimpasto di governo, i ministri di origine tutsi (Bizima Karaka e Bugera) sono rimasti ai loro importanti posti.

    Per motivi clientelari, ma anche per i sopprusi, le angherie e ruberie commesse dai militari "tutsi", Kabila ha affidato a ufficiali katanghesi (congolesi della sua regione d'origine) posti sempre più importanti nell'esercito, prendendo le distanze da sia dai ruandesi ed ugandesi sia dai baniyamulemge, che avevano imposto il loro dominio amministrativo e politico sul Kivu del sud e del nord. Il gruppo armato dei baniyamulenge, ferro di lancia dell'Afdl, che aveva portato Kabila al potere, non accettando di essere subalterno e temendo di essere sparpagliato ai quattro angoli del paese, si è ammutinato, ma ha subìto una dura repressione. Numerose le pene capitali. Kabila aveva buone ragioni per prendere le distanze dai "tutsi", nazionali o ugandesi e runadesi che siano. A metà luglio ha sostituito il Capo di Stato Maggiore delle Forze armate congolesi (Fac), James Kabare, comandante di origine ruandese, con Célestin Kifua, capo della polizia ed ex ufficiale delle Forze armate zairesi. Poi, il 27 luglio, un comunicato ufficiale: La Repubblica democratica del Congo ringrazia i militari ruandesi e di altri paesi stranieri per il sostegno dato all'esercito congolese durante la liberazione dello Zaire. Kabila, decidendo di porre fine alla presenza di forze militari straniere, ufficialmente sul suo territorio, offre ai banyamulenge e ai loro alleati il pretesto per una nuova guerra. Il 2 agosto i baniyamulenge, sostenuti da Uganda, Ruanda, e Burundi, al comando di James Kabare, insorgono contro la dittatura di Kabila.

    Nel frattempo, parte dell'opposizione interna al presidente del Congo, Z'Ahidi Ngoma, Wamba dia Wamba, ex ufficiali dell'esercito zairese di Mobutu, i ministri Bizima Karaka e Bugera tessono accordi tra di loro e con gli ex protettori del capo dello stato del Congo. Non si spiega altrimenti come il due agosto, con lo scoppio della rivolta dei baniyamulenge, a Kinshasa ci siano uomini in armi, che nel giro di due o tre giorni aprano fronti di guerra nella capitale, a Inga (Basso Congo), nelle basi militari, a Kisangani e, naturalmente nel Kivu. La ribellione dispone di aerei, di mezzi pesanti. L'intervento ugandese, ruandese e burundese è rafforzato dal sostegno americano. Prova del coinvolgimento degli Stati Uniti, secondo fonti diplomatiche della regione, sarebbe la trattativa di questi con Angola e Zimbabwe per "permettere un'uscita onorevole" ai "tutsi", duramente sconfitti a Kinshasa e nel Basso Congo.

    La mancanza di credibilità di "questa ribellione", composta da ex del regime di Mobutu, alleati ai "tutsi", è il motivo principale della loro sconfitta nella capitale, nel Basso Congo e nel Katanga. Ma a Kisangani, terza città del paese, in gran parte della regione orientale, come nei due Kivu infuria la guerra. La popolazione attende di essere liberata dagli invisi "ruandesi", che rubano, stuprano, uccidono con prepotenza. La situazione è esplosiva nel Kivu. La violenza non ha limiti, alimentata anche della presenza di 6-7 gruppi armati di opposizione ai governi dei paesi limitrofi (cfr. sopra), gruppi a volte in lotta tra di loro, non facilita la composizione del conflitto fra gli stati implicati.

    Considerazioni

    Le organizzazioni non governative, le associazioni umanitarie come le chiese sono d'accordo nel definire la "ribellione dei baniyamulenge" un'aggressione esterna. Indicano, tuttavia, i motivi e le cause che hanno portato ad essa:

    * la dittatura di Kabila, caratterizzata dalla violazione massiccia dei diritti della persona, della sopressione delle libertà e delle attività dei partiti, del disprezzo dell'opposizione a Mobutu, più o meno seria che fosse, ma soprattutto l'inconsiderazione della società civile, il non rispetto del calendario politico ed elettorale;

    * la delusione della popolazione che dopo un anno e mezzo di governo si è ritrovata in condizioni simili se non peggiori a quelle lasciate da Mobutu;

    * Kabila ha preso il potere con le armi ed ha contratto "debiti di guerra" con i suoi alleati;

    * la mancata soluzione del problema della cittadinanza dei baniyamulenge;

    * l'eterogeneità della composizione dell'esercito congolese e la frammentarietà del comando;

    * la presenza di elementi stranieri, al soldo di Uganda e Ruanda, nel governo;

    * la non espulsione delle ribellioni armate, che dal Congo attaccano i governi di Uganda, Ruanda, Burundi, Angola;

    * l'isolamento in cui è stato relegato il paese, in seguito agli ostacoli posti da Kabila allo svolgimento della missione dell'Onu sui crimini commessi nei confronti dei rifugiati ruandesi a partire dall'ottobre 1996 al maggio 1997.

    Tutti questi elementi hanno eroso la base, il piedestallo sul quale Kabila, il liberatore, si era issato.

    Sarebbe ingenuo, però, dimenticare le cause esterne:

    * Uganda, Ruanda e Burundi, vogliono, con questa guerra, liberarsi dai loro oppositori armati in Congo;

    * al tempo stesso vogliono mantenere il loro controllo sulle due regioni del Kivu e continuare a sfruttarle, cfr. nota 1;

    * interessi regionali e internazionali oltre a certi Stati premono per lo smembramento del Congo.

    I silenzi e le assenze

    Il tentativo di impossessarsi di parte del Kivu era avvenuto nel 1996, con il bombardamento dei campi profughi, nell'indifferenza totale della comunità internazionale, anzi con l'opposizione degli Stati Uniti a qualsiasi intervento. Oggi si ripete la stessa storia. Tutti invitano Kabila a trattare, ma nessuno condanna l'aggressione del paese.

    Le gravi inadempienze, l'incapacità di governo, gli equivoci con cui Kabila ha assunto il potere non giustificano né l'aggressione né l'indifferenza della comunità internazionale se non pensando che alcune lobby e stati vogliamo la spartizione del Congo e l'annessione pura e semplice del Kivu al Ruanda.

    Giacomo Matti

    Bologna, 30 settembre 1998