No alla guerra permanente, in piazza contro la riforma dei codici militari
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È un coro di no quello contro la riforma dei codici penali militari. La legge delega che concederebbe al Governo la possibilità di rivedere e modificare i Codici penali militari di pace e di guerra (approvata al Senato e ora in discussione alla Camera) non piace a nessuno. Non piace ai pacifisti che la considerano come la via verso la normalizzazione e la legittimazione giuridica del concetto di “guerra permanente”, non piace a giornalisti e operatori di Ong che la vedono come un mezzo per imbavagliare e censurare le notizie considerate “scomode” dai vertici militari, non piace neppure a molti settori interni dell’apparato militare a causa della militarizzazione a tutto campo dei cosiddetti reati comuni. «Da una parte – spiegano i promotori della campagna contro la riforma - si ampliano i reati militari, facendo ad esempio diventare reati quelle che erano considerate semplici infrazioni disciplinari come la sottoscrizione di appelli. Dall'altra parte si aggira l'articolo 11 della Costituzione prevedendo l'applicazione automatica del codice di guerra a tutte le missioni all'estero».
Il nodo fondamentale della delega prevede infatti l’applicazione del codice penale militare di guerra a tutte le missioni all'estero. Il che significa che le leggi di guerra saranno valide anche in missioni definite «di pace» e applicate non solo ai contingenti impegnati sul territorio, ma anche al personale civile, compresi giornalisti e operatori delle Ong. Immediata conseguenza di tutto ciò: dure condanne (dai 2 ai 20 anni di carcere) per i giornalisti che raccolgano, pubblichino o diffondano notizie militari senza l'autorizzazione degli Stati maggiori delle Forze armate.
Ma l'iter della legge non è così scontato. A febbraio le commissioni riunite Difesa e Giustizia della Camera hanno già approvato un emendamento proposto da Elettra Deiana di Rifondazione Comunista che per il momento ha sottratto al governo la possibilità di modificare il codice militare di guerra. Dopo una lunga serie di rinvii e polemiche la legge torna in discussione alla Camera e riprendono anche le azioni di pressione. Martedì dalle 15 davanti a Montecitorio si svolgerà un sit- in a cui parteciperanno parlamentari, giornalisti, ong, associazioni e movimenti. Intanto la mobilitazione prosegue anche per altre vie: una petizione popolare contro la delega e un mail bombing per i deputati della Camera.