Battuto il governo, «missioni di pace» libere da censura
E'l'ennesima «botta» ad una riforma dei codici di pace e di guerra a cui da mesi lavora il ministro della difesa Antonio Martino. E potrebbe essere l'ultima prima del ritiro della proposta. Ieri, al momento di cominciare a votare con scrutinio segreto gli emendamenti al testo che da mesi fluttua di settimana in settimana nel calendario della Camera, la maggioranza è andata sotto di diciotto voti (quindici hanno votato con la sinistra, tre si sono astenuti).
Nota a sinistra e nel movimento per le norme che mettono in pericolo la possibilità di raccogliere e diffondere informazioni sulle missioni «di pace» dell'esercito, la riforma dei codici di pace e di guerra pensata dal ministro Martino cambierebbe la vita soprattutto ai militari che da un giorno all'altro vedrebbero ristretti, e di parecchio, i propri diritti. Competenza esclusiva sui loro reati al tribunale militare, nessun diritto di riunione o di protesta anche solo tramite una raccolta firme, responsabilità penali pesanti per errori anche non gravi, sarebbero il pane quotidiano di militari che, sia pur ben pagati e volontari, da tempo chiedono qualche diritto «civile» in più. Proprio per questo durante le audizioni in commissione giustizia e difesa i Cocer di tutti i corpi militari dissero parole di fuoco contro la proposta in aula. Fece rumore la dichiarazione del colonnello dell'aeronautica Ermanno Peschiulli che spiegò ai deputati come con la riforma «diventerebbe reato militare la semplice utilizzazione non autorizzata di sistemi telefonici e informatici, oppure la dichiarazione mendace in materia di autocertificazione». Concludendo: «Questa concezione non trova riscontro in nessuna democrazia, né in Europa, né altrove eccezion fatta per la Repubblica popolare cinese».
Da allora per un pezzo della maggioranza, e in particolare di An, quel testo è cancellato. Rimane in vita per Martino, che l'ha promosso, e per un pezzo del governo. Non tanto per il testo in se, ma perché a meno di un anno dalle elezioni si vorrebbero ridurre o evitare le figuracce.
Ieri sembrava proprio che i pasdaran del «rispettiamo il programma» avessero avuto la meglio. Rimandata per mesi di settimana in settimana, la discussione sui codici sembrava essere stata piazzata lì nel mezzo dell'ordine del giorno della camera per essere affrontata e conclusa senza grandi incidenti. Prova provata, il modo in cui la scaletta era stata comunicata all'opposizione, alle 20.30 di lunedì sera. «Pensavamo fosse un colpo di mano per far passare il testo» ridevano ieri pomeriggio gli oppositori, particolarmente vivaci nella sinistra radicale. Elettra Deiana di Rifondazione comunista in mattinata aveva addirittura già diffuso un comunicato durissimo in cui attaccava Martino: «Non ha avuto esitazione a far valere la sua pressione affinché fosse portato a termine l'iter del provvedimento di delega al governo sulla revisione delle leggi penali militari». E invece una volta arrivati in aula, al momento di votare a scrutinio segreto il primo dei tredici emendamenti presentati dall'opposizione, la sorpresa: è passato il testo presentato dall'opposizione che in un sol colpo modificava strutturalmente l'impianto di tutta la legge, stabilendo che durante le missioni di peacekeping ai militari si sarebbe applicato il codice di pace (la riforma serve a rendere strutturale l'uso del codice di guerra).
A favore della proposta firmata da Silvana Pisa dei Ds, hanno votato 225 parlamentari, mentre quelli dell'opposizione presenti erano in tutto 210.E dato che i presenti della destra erano 218 e i voti contro sono stati solo 200, il conto è presto fatto. Quindici voti della destra a favore dell'emendamento più tre astenuti (Collavini, De Ghislanzoni e Falsitta).
La riunione del «comitato dei nove» che ha immediatamente seguito la batosta, non è servita a trovare l'accordo. Il presidente della commissione giustizia Gaetano Pecorella di Forza Italia ha proposto di sdoppiare il testo facendo votare alla Camera solo la parte di riforma e sostanziale abolizione del codice di pace. Al senato, dove l'opposizione ha meno voti e spesso combatte di meno, sarebbe stato votato il resto del testo. «Niente da fare - risponde il verde Paolo Cento - questo testo ormai è sepolto, è bene che la maggioranza ne prenda atto e l'aula passi ad occuparsi di proposte più serie».
Alla ripresa dei lavori dell'aula è stato il sottosegretario alla Difesa Francesco Bosi ad ammettere che «a fronte dell'approvazione dell'emendamento Pisa si creano problemi di rilettura e di ricostruzione dell'organicità del testo; per questo è necessaria la sospensione dell'esame del provvedimento che sarà ricalendarizzato quando deciderà la conferenza dei capigruppo». Per ora, insomma, non è stato fissata neppure la data in cui il testo tornerà in aula. Di certo, però, Alleanza nazionale sta spingendo per ritirare definitivamente la proposta.
«Sono contenta come se avessi passato un esame all'università - esultava ieri sera Silvana Pisa - è la conclusione di una battaglia condotta tutti insieme e durata mesi, possiamo farcela».