Text:
http://www.lastampa.it/LaStampa/pag6/art1.html
Congo, Annan e Chirac
annunciano la tregua
Al vertice franco-africano di Parigi. Il segretario dell'Onu: attendiamo
conferma sul campo
Accordo con Ruanda e Uganda. Kabila replica: non ho firmato nulla
PARIGI
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
E' tregua nella guerra panafricana. Grazie allo strenuo Kofi Annan, dal vertice
di Parigi emerge in extremis un'intesa informale fra i sei Paesi che si battono
da tempo sulle terre del contestatissimo leader congolese Laurent-Désiré Kabila.
Il "cessate il fuoco", teorico, attende ora conferma sul campo, come rileva lo
stesso segretario Onu. Kabila plaude al piano, ma non vuole esserne vincolato.
Dei suoi interlocutori diffida, ed è un eufemismo. "Gli Ugandesi assassinano a
sangue freddo" spiega: "Museweni è un mostro d'ipocrisia" aggiunge. Per
concludere: "Non ho firmato nulla" spiega. E che Arthur Zahedi Goma, un leader
della
ribellione anti-Kabila, annunci "la battaglia continua" non induce
all'ottimismo. Ma i progressi appaiono comunque significativi. La
disinternazionalizzazione del conflitto - tappa indispensable, dicono gli
osservatori - potrebbe essere vicina. Ne testimonia, in specie, l'impegno
sottoscritto da Rdc, Zimbabwe, Ruanda e leadership ugandese, cui aderiscono
anche Namibia, Ciad e Angola. Per
formalizzarlo bisognerà tuttavia aspettare il 15 dicembre. "La Francia intende
sostenere con tutti i mezzi a sua disposizione l'iniziativa" spiega Jacques
Chirac, felicitandosi per l'exploit Onu. L'Eliseo tratta Kofi Annan quasi da
eroe. "E' un saggio uomo di pace: il mondo ne ha bisogno" dice, provando a farsi
perdonare l'ostracismo iniziale verso il ghanese cui Parigi rimproverava le
simpatie yankee ed eccessivi penchants per l'inglese.
L'inquilino dell'Eliseo assapora comunque uno straordinario colpo di scena.
Venerdì, i giornali titolavano in coro sullo scandaloso meeting franco-africano
con il quale Parigi legittima 34 "capi" fra cui notori tiranni. Colpa dei Lord.
La "sindrome Pinochet" ossia la caccia europea al dittatore esotico, non poteva
che traversare la Manica. Domanda obbligata: i Pari veglierebbero meglio della
Gauche la democrazia? E poi, che sfrontatezza ricevere il sanguinario Kabila. Di
quelle perplessità oggi non rimane traccia. Il "reprobo" Laurent-Désiré si
ricicla in artigiano della riconciliazione. Imitato dai suoi non meno bellicosi
avversari. E la Francia, ex gendarme d'Africa, può ormai vendersi come
pacificatrice anziché vecchia potenza coloniale. L'aver deciso di estendere il
summit annuale (è il XX) alle nazioni anglofone, non era esente da rischi. Ma
Chirac lo giudicava
indispensabile per contrastare la "corsa all'Africa" made in Usa. Il bilancio
finale gli dà ragione. Malgrado le assise continentali abbiano in pratica
cestinato l'ampio odg privilegiando la crisi del Congo "democratico" (e, in
margine, il contenzioso Etiopia-Eritrea ove si registrano segnali positivi), chi
oserà rimproverarglielo? Con una mossa da maestro, Jacques Chirac ruba il
palcoscenico a Lionel Jospin sul piano nazionale, scippando en passant il
pacificatore per eccellenza Bill Clinton. Ma è stata dura. Nelle brevissime
immagini televisive trasmesse - sulle prime, i "nemici" non volevano lasciarsi
riprendere insieme, ma Annan li ha persuasi - vediamo l'ugandese Yowery Museweni
in agitazione febbrile. Agli antipodi della grande sala (sotto il Louvre)
Kabila. Accigliatissimo. Convincerli a incontrarsi in t^ete-à-t^ete richiedeva
un miracolo. Kofi Annan l'ha fatto. Del colloquio, non trapela granché. Museweni
aveva tuttavia confidato minaccioso: "Credo nella Legge di Mosè, occhio per
occhi
o", facendosi replicare da Jacques Chirac: "Io no. E' solo portatrice di odio".
Alla fine, pallidi sorrisi. I reduci della Due Giorni battutisi per una
improbabile pace vengono ricevuti in ordine sparso da Chirac. Il Protocollo
mugugna.
Tradizione vuole che il Presidente esca per accogliere i visitatori. Se
possibile in giacca, perché imbacuccarsi non ringiovanisce. Ma ieri Jacques
Chirac stava rintanato. Motivo? Evitare fotografie con Kabila. Ancorché promosso
democratico dalla sera alla mattina, il despota suggerisce tuttora prudenza.
Enrico Benedetto