[9] Congo, La Pace Di Parigi

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http://www.rcs.it/corriere/primapagina/benven.htm

Congo, la pace di Parigi
Kabila accetta la tregua con i ribelli. A dicembre la firma

R. E.,
PARIGI - La pace in Congo sembra a portata di mano. C'è anche una data e un luogo per la firma dell'«impegno» ufficiale: l'8 dicembre a Lusaka, in Zambia. E un'altra per il trattato vero e proprio: 17 e 18 dicembre a Ouagadougou in Burkina Faso. Inseguita, corteggiata, auspicata durante il Vertice franco -africano di Parigi di questi giorni, la pace nella Repubblica democratica del Congo è diventata un giallo. Il segretario dell'Onu Kofi Annan ha annunciato «l'impegno delle parti in conflitto a un immediato cessate-il-fuoco». Lo stesso padrone di casa, il presidente Jacques Chirac, con toni anche più positivi, ha detto di aver ricevuto «l'impegno di tutti a concludere questa dolorosa e assurda guerra». Poi è stato il presidente della Repubblica democratica del Congo a gelare tutti: «Un accordo? Non è stato firmato alcun accordo». E a fargli eco dalla sua capitale Kinshasa sono arrivate le dichiarazioni dei comandanti militari delle forze straniere che appoggiano Kabila: «Continueremo a combattere». Poi ancora Kabila ha aperto una finestra di opportunità, scandendo le date per un'elaborazione degli accordi: l'8, il 17 e il 18 dicembre. Una cosa è sicura. A Parigi i protagonisti della rivolta congolese hanno ricominciato a parlarsi. La diplomazia si è guadagnata almeno tre settimane per cercare di comporre pacificamente il conflitto.

Il cessate-il-fuoco auspicato a Parigi vuole risolvere l'instabilità della regione centrafricana, rancori e rivalità coltivati tra le etnie e i Paesi dell'area. Illuminante il clima degli incontri di Parigi. Venerdì, durante le discussioni, il presidente egiziano Mubarak, imbarazzatissimo, ha dovuto dividere i partecipanti per evitare che, oltre a scambiarsi insulti, venissero anche alle mani.

Già quest'estate il potere di Kabila sembrava finito. I ribelli tutsi banyamulenge, sponsorizzati dal governo tutsi ruandese, avanzavano da Nord e da Est, inarrestabili. I suoi soldati si spogliavano della divisa e scomparivano nella giungla prima di sparare un solo colpo. Erano passati appena 15 mesi dalla vittoriosa marcia sui resti della dittatura di Mobutu Sese Seko che aveva trasformato il guerrigliero Kabila in un presidente. Ed era la seconda volta che Kabila sfiorava la storia. L'aveva fatto già 30 anni prima, quando, ribelle a Mobutu e sedicente marxista, aveva incontrato Che Guevara. Allora il Che non era stato tenero con lui dandogli del fannullone arrogante, capace di muoversi solo con un «seguito di mulatte guineiane». Nei decenni del potere filo-francese di Mobutu, Laurent Kabila si era ritirato tra Uganda e Tanzania reinventandosi trafficante di diamanti e oro. E da lì era tornato sul palcoscenico politico -militare quando il dittatore, vecchio e malato, aveva perso il controllo del suo impero.


Al progetto di cessate-il-fuoco di ieri hanno lavorato anche i Paesi stranieri coinvolti nel conflitto congolese: Angola, Zimbabwe, Namibia e Ciad a fianco del governo di Kinshasa e Ruanda e Uganda a sostegno dei ribelli banyamulenge.

Se dovesse realizzarsi, la tregua concordata a Parigi rappresenterebbe una grande vittoria della diplomazia del segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan - anche lui africano e capace di incontrare e far incontrare Kabila e i presidenti di Uganda, Yoweri Museveni, e Ruanda, Pasteur Bizimungu - e riporterebbe in auge il logorato prestigio della Francia in Africa.

Ruanda e Uganda sarebbero pronti a ritirarsi dalla Repubblica Democratica del Congo in cambio di garanzie sulla sicurezza dei loro confini, minacciati da guerriglie con base nell'ex Zaire. Ma il presidente di Kigali, Pasteur Bizimungu, ha dichiarato che a Parigi non ci sono stati progressi nelle trattative di pace. All'interno del progetto di tregua Angola, Namibia, Zimbabwe e Ciad potrebbero ritirare le loro truppe dal Congo democratico, mentre Kabila promuoverebbe la democratizzazione del suo Paese.

Il presidente francese Chirac è stato ottimista nel giudicare i risultati di Parigi: «Uganda e Ruanda hanno chiaramente manifestato la loro volontà di sicurezza alle frontiere, e reclamato garanzie in tal senso, mentre Kabila si è impegnato in termini di apertura al dialogo democratico». Più scettico il segretario delle Nazioni Unite: «Spero che non cambino subito idea, e che tornati a casa portino avanti questo accordo con tutta l'energia e l'urgenza necessarie».



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