Elogio della sobrietà Chi ha scelto di scandire le ore e i giorni del 2004 con l’agenda GIORNI NONVIOLENTI è stato in qualche modo partecipe del movimento popolare di rivolta e di proposta contro la guerra all’Iraq, ha sventolato lungo le strade bandiere di pace, ha abbellito la propria abitazione con i colori dell’arcobaleno, i colori del patto di unione tra il cielo e la terra. Abbiamo partecipato, "ci siamo stati", abbiamo avuto la sensazione di non essere più un popolo sparpagliato e disunito. Eppure, proprio perché non siamo un’accozzaglia di sprovveduti, ci rendiamo perfettamente conto che tutto questo non basta. Con quei gesti abbiamo espresso il nostro dissenso contro i padroni della guerra e quindi, in fondo, delle vite di milioni di esseri umani. Ma il dissenso non basta. Ecco perché, lungo tutto il 2004, abbiamo voluto approfondire il tema della SOBRIETÀ. Il biografo latino Svetonio racconta che Diogene stava lavando delle lenticchie per farsi la minestra. Il filosofo Aristippo, che se la passava bene perché si era messo a corteggiare il re, gli disse sprezzante: “Se tu imparassi ad adulare il re, non dovresti contentarti di un piatto di lenticchie”. “E se tu avessi imparato a vivere di lenticchie” ribatté Diogene con altrettanto sprezzo “non avresti bisogno di adulare il re”. Un piatto di lenticchie o la svendita della propria dignità. Una vita vissuta nella sobrietà non solo come scelta singola o intimistica ma come coinvolgimento di popolo contro l’arroganza degli imperatori di turno. Meno siamo sobri come comunità, come popolo, oltre che come persone, e meno siamo interessati alla dimensione pubblica (partecipazione, attività politica, senso di appartenenza a una collettività). E meno persone coltivano questi interessi, meglio è per la struttura di potere. È solo imboccando la strada di un diverso stile di vita, ispirato agli antichi valori della SOBRIETÀ che possiamo prendere davvero coscienza dei diritti umani e civili calpestati sempre di più presso larghe fette di umanità. È solo così che si può reagire alle contraddizioni della globalizzazione, uscendo una volta per tutte dalla sterilità degli slogans. Il filo che unisce i giorni e i mesi dell'agenda di quest'anno non è un vago, inconcludente e moralistico appello alla sobrietà dei comportamenti quotidiani. È un invito, a noi e a voi, a far diventare la SOBRIETÀ un atto politico, un mezzo genuinamente nonviolento che impensierisca finalmente i potenti. In questo 2004 e negli anni a venire. |