|
RIFLESSIONE ENRICO PEYRETTI: ALLA GUERRA SEMPRE NO
[Enrico Peyretti (per contatti: peyretti@tiscalinet.it) e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999. E' diffusa attraverso la rete telematica (ed abbiamo recentemente ripresentato in questo notiziario) la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente]
Traballano i motivi, gia' evidentemente pretestuosissimi, accampati da Bush per fare la guerra. Aumentano le volonta' contrarie alla guerra, nel cuore dei popoli, ma anche di personaggi autorevoli o famosi. Mai visto tanto pacifismo di fronte a tanta arroganza. Sono pacifisti oggi anche tanti che hanno giustificato le guerre degli anni '90, il decennio orribile. Quelle guerre strumentali hanno progressivamente stabilito la guerra inperiale come disumano criterio di dominio. Noi, cercatori della nonviolenza, le abbiamo condannate tutte, con solide ragioni. Per la riconciliazione - che e' l'unica vera pacificazione - hanno fatto e fanno di piu' i nonviolenti dei militari. Che cosa succederebbe oggi se quei motivi di Bush riprendessero consistenza? Che cosa succederebbe se gli ispettori trovassero sotto il letto di Saddam un po' di quelle armi dategli dagli Stati Uniti? Il richiamo di Ciampi, con voce scandita, all'art. 11 della Costituzione che ripudia la guerra, giusto ed opportuno contro chi intende superarlo, e' stato seguito immediatamente da un oscuro richiamo alle missioni militari e agli impegni nelle alleanze, quindi a questo crimine finora voluto da Bush con la volonta' del lupo di Fedro. L'art. 11 impegna l'Italia alle organizzazioni di pace e giustizia, non alle alleanze militari aggressive. Tradire un'alleanza criminale, come fece l'Italia tardivamente l'8 settembre 1943, e' un dovere e un onore. Bisogna dire che motivi per le guerre non ce ne sono. Non ce ne sono mai. Senza se e senza ma, alla guerra sempre no. Si puo' ammettere una difesa diretta del territorio e delle istituzioni da aggressioni dirette, ma anche questa forma di difesa puo' e deve evolvere dal monopolio militare, cioe' omicida, alla difesa sociale, civile, nonarmata e nonviolenta, che diverse esperienze storiche dimostrano possibile. Ma una guerra in casa d'altri, preventiva, in difesa del dominio e del privilegio nel prelievo energetico (letteralmente cosi' e' concepita la "difesa" nei documenti strategici di vari paesi, in primis Usa, ma anche Italia), e' esclusivamente criminale. L'ingerenza umanitaria, data l'interdipendenza dei popoli e il dovere di solidarieta' universale, e' doverosa e giusta, ma per essere umanitaria deve essere civile e previdente, non militare e tardiva. La coscienza umana parla chiaro: chi ordina la guerra e' un assassino. Chi l'approva, approva l'assassinio. Chi la ripudia salva l'umanita'.
Fonte:
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Numero 468 del 6 gennaio 2003
|
|